Agli Spring Studios di New York si preparano a celebrare la carriera dell’attore: l’invito per due al cocktail con taglio della torta, stretta di mano e selfie col divo, costa 3500 dollari
DI GINO GULLACE RAUGEI
Ottant’anni e non sentirli, ma nemmeno dimostrarli. Alla veneranda età in cui più di qualcuno diventa bisnonno, Robert Anthony De Niro junior, nato il 17 agosto del 1943 in un loft del Greenwich Village di Manhattan, si regala una bebè, Gia Vittoria, la settima dei suoi figli, avuta dalla compagna Tiffany Chen, 45 anni, istruttrice di arti marziali. Non è roba da Guinness dei primati solo perchè, più o meno negli stessi giorni del lietissimo evento, il suo collega e grande amico Alfredo James Pacino l’ha battuto sul filo di lana, diventando padre del piccolo Roman a 83 anni suonati: è Al perciò, tra le star di Hollywood, il procreatore più anziano di tutti i tempi
UNA BIMBA CERCATA E VOLUTA – La differenza, come rivelato dai popolari siti di gossip Tmz e Showbiz 411, è che quando Pacino ha saputo che la sua ventinovenne fidanzata Noor Alfallah era incinta, non è che fosse proprio al settimo cielo, tant’è che ha preteso un test del Dna per certificare la sua paternità; invece Robert, infrangendo il personale, rigidissimo codice di omertà su tutto ciò che riguarda la sua vita privata, ha orgogliosamente rivelato la notizia, mostrando una foto della neonata, addirittura a Gayle King, la Barbara D’Urso d’oltreoceano, conduttrice di Cbs morning, lo show mattutino più seguito d’America: era felice come una Pasqua, spiegando che quella nascita è stata proprio, fortemente voluta.
UNA FESTA PUBBLICA – Sarà per De Niro una coda d’estate densa di festeggiamenti: dal 29 settembre al 1 ottobre, agli Spring studios di Manhattan andrà in scena un mega festival celebrativo della straordinaria carriera del due volte premio Oscar (nel 1975, per la sua leggendaria interpretazione del giovane don Vito Corleone de Il Padrino parte II e nel 1981 per aver dato un’anima al personaggio del pugile Jack LaMotta di Toro scatenato). Sborsando 3500 dollari, circa 3200 euro, si ottiene il Godfather pass per due persone, che consente l’accesso a tutte le proiezioni e dibattiti, la consegna di un libro autografato da Robert e forse anche la possibilità di stringergli la mano e farsi un selfie durante un esclusivo cocktail con taglio della torta.
Robert De Niro: “Nel mio cuore c’è la cucina italiana” – guarda
LA MORTE DEL NIPOTE – Eppure, tutto era cominciato nel peggior modo possibile. Il 2 luglio scorso, in un appartamento a Lower Manhattan, fu trovato morto per un’overdose di cocaina e Fentanyl, il nipote Leandro De Niro Rodriguez, 19 anni, unico figlio di Drena, avuta da Diahnne Abbott, prima moglie di Robert, da una precedente relazione e da lui poi adottata. Alla notizia, nonno De Niro non ha avuto alcun tipo di reazione, non una dichiarazione, non un commento, nulla di nulla.
IL TUNNEL DELLA DROGA – Facile immaginare che la circostanza abbia risvegliato in lui antichi fantasmi. A quanto scrive il regista e produttore Shawn Levy nel suo libro De Niro: A Life, tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80, il già consacrato divo di Hollywood cominciò a fare smodato uso di cocaina e per poco non ci rimise la pelle. La notte del 5 marzo 1982, al party di super eccessi all’hotel Chateau Marmont di Los Angeles, dove John Belushi morì di overdose, c’era anche lui (e Robin Williams). Ripulito e disintossicato, Robert De Niro fu poi quello che tirò fuori dal tunnel il grande regista Martin Scorsese, anche lui in caduta libera tra depressione, alcol e droga.
VACANZE ALLE EOLIE – Brutta storia, insomma, che non ha mancato di scatenare una tempesta di pettegolezzi: pochi giorni dopo il funerale del nipote, il grande attore è salito su un aereo per l’Italia, meta di una favolosa vacanza. Prima tappa, le isole Eolie con annessa paparazzata sulla terrazza panoramica dell’hotel Raya di Panarea, durante una cena con i suoi amici; poi è tornato a bordo di un mega yacht da 108 metri e ha fatto rotta su Napoli, visitando per alcuni giorni la città e soprattutto i suoi migliori ristoranti, dispensando a tutti, autografi e sorrisi. È proprio vero che i grandi divi americani hanno un modo di vivere e sentire che ai comuni mortali a volte pare strano. Eppure Robert De Niro si sente italiano al 100 per cento: il 18 ottobre del 2006, non a caso ha ottenuto la cittadinanza del nostro Paese e il passaporto dal sindaco di Roma Walter Veltroni; è iscritto nelle liste elettorali del Molise, regione di origine dei suoi bisnonni ed è anche Grande ufficiale al Merito della Repubblica italiana, su iniziativa, nel 2004, dell’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi.
I BISNONNI DI FERRAZZANO – C’è da dire che nel caso di De Niro, l’amore per l’Italia è un sentimento vero, una scelta di campo tutt’altra che scontata. A differenza della stragrande maggioranza dei suoi colleghi divi americani con cognome italiano, cresciuti spesso nella povertà anche culturale, di famiglie di emigranti che parlavano più il dialetto che l’inglese, Robert è nato da una coppia di sofisticati artisti che abitavano in un bell’appartamento nel quartiere più dandy di Manhattan, frequentato da intellettuali del calibro del drammaturgo Tennessee Williams. Sua madre, Virginia Admiral, era una poetessa e pittrice di origini francesi e tedesche; suo padre, Robert De Niro senior, pittore anche lui, era mezzo italiano e mezzo irlandese, figlio di Henry Martin De Niro e di Helen O’Really, nativa di Dublino. Di italiano al 100 per cento, nel dna del grande attore, ci sono solo i pochi, annacquati geni trasmessi dai bisnonni Giovanni Di Niro (il cognome diventò De Niro per un errore di trascrizione) e Angelina Mercurio, emigrati nel 1890 da Ferrazzano, provincia di Campobasso. «Ma la mia vita e la mia carriera non sarebbe la stessa se non avessi lavorato con grandi registi italiani e italoamericani, Bertolucci, Leone, Scorsese, Coppola, De Palma. All’Italia devo non tutto, ma molto, moltissimo», ha detto una volta Robert.
«SE RIVINCE TRUMP, SCAPPO IN MOLISE» – Quando il piccolo De Niro aveva 3 anni, i suoi genitori si separarono per uno di quei motivi che al tempo poteva essere anche fonte di qualche problema: suo padre Robert senior aveva dichiarato la sua omosessualità ed era andato a convivere con un amico di famiglia. «Io ho avuto un’infanzia molto felice, amato e supportato al 100 per cento da entrambi i miei genitori», ha raccontato Robert. «Quando ero al liceo ho scoperto che la mia vocazione era quella di fare l’attore. In qualunque famiglia una cosa del genere avrebbe scatenato una mezza tragedia. Papà e mamma invece si dichiararono strafelici: “di certo”, mi dissero, “non sognavamo per te una carriera di venditore di polizze assicurative”». Così il giovane Robert lasciò la scuola e si iscrisse all’Actors Studio di Lee Strasberg. Ebbe inizio in quel modo la straordinaria carriera di colui che i telespettatori cinefili del canale televisivo britannico FilmFour hanno consacrato come il più grande attore di tutti i tempi. Un divo americano in cui batte un cuore italiano, una vita che è essa stessa una grande film con un finale magari a sorpresa: data la sua conclamata e pubblica avversione per l’ex presidente Trump («un mascalzone!»), Robert De Niro ha dichiarato che ove The Donald dovesse vincere le prossime elezioni presidenziali, nel novembre del 2024 (circostanza che i sondaggi non escludono, anzi), lascerà di sicuro New York per tornare a Ferrazzano, provincia di Campobasso, da cui 133 anni fa partirono i suoi bisnonni.