La rimozione delle “key box” a Roma è stata troppo frettolosa

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(Marco Alpozzi/Lapresse)

Un magistrato non ha convalidato i sequestri, che erano stati fatti dalla polizia locale per via delle nuove regole sul check-in degli alloggi turistici

Il sostituto procuratore di Roma Alessandro Di Cicco non ha convalidato il sequestro probatorio delle cosiddette key box, fatto nei giorni scorsi in città dalla polizia locale. Le key box sono le cassettine per le chiavi usate dai gestori di alloggi turistici per permettere ai clienti che hanno prenotato il soggiorno online di entrare direttamente nell’appartamento con un codice.

Negli scorsi giorni una circolare del ministero dell’Interno aveva reso obbligatorio per le strutture ricettive fare le procedure di check-in di persona, rendendo quindi inutili le key box. Non erano però state vietate, e la loro rimozione a Roma era stata fatta su iniziativa del comune. Ma secondo Di Cicco la polizia locale avrebbe dovuto prima verificare se il proprietario dell’alloggio fosse andato di persona a fare il check-in degli ospiti.

La rimozione e il sequestro delle key box sono stati fatti «senza che venisse accertato, in via preliminare, a quali strutture ricettive esse fossero ricollegabili e se, ancor prima, il gestore o titolare di queste strutture avesse o meno proceduto a identificare personalmente gli ospiti», ha detto Di Cicco. Di conseguenza ora il comune deve restituire le key box rimosse ai proprietari.

Nella circolare del ministero con cui era stato vietato il check-in da remoto, del 18 novembre, era stato spiegato che il provvedimento era dovuto a ragioni di sicurezza, visti i numerosi eventi internazionali in programma nei prossimi mesi in Italia a partire dal Giubileo, l’anno santo della Chiesa cattolica che il Papa convoca periodicamente dal 1300 e che inizierà il 24 dicembre.

Dato che le chiavi non vengono consegnate a mano dal proprietario, secondo il ministero non si può escludere che nell’appartamento entri una persona diversa – o addirittura più persone – da quella identificata dai documenti inviati. Pertanto, dice la circolare, la questura non può sapere chi si trovi effettivamente nell’appartamento, e questo è ritenuto un rischio potenziale per la sicurezza collettiva.

Negli ultimi tempi le key box sono state molto contestate in varie città, in diverse proteste organizzate contro la proliferazione degli affitti brevi e contro l’overtourism, termine con cui si intende il sovraffollamento di turisti che peggiora la vita dei residenti.

Redazione IL POST

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