A Roma stanno provando a “decolonizzare” il quartiere Africano

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Piazza Annibaliano, Roma (Sergio D’Afflitto via Wikimedia)

Il comune vuole cambiare 24 didascalie di vie e piazze che celebrano le campagne coloniali del Regno d’Italia e del regime fascista

Il comune di Roma ha annunciato di voler cambiare le didascalie di 24 strade e piazze del quartiere Africano, un’area del quartiere Trieste a nord del centro storico, dove i nomi delle vie si riferiscono alle guerre coloniali italiane in Eritrea, Libia, Somalia ed Etiopia tra la fine dell’Ottocento e la Seconda guerra mondiale.

Molte didascalie dei nomi di generali e luoghi ai quali le vie sono intitolate sono infatti ancora celebrative o ricondotte in modo retorico al lessico colonialista: quando saranno cambiate, si limiteranno a descrivere i titoli per quello che sono. Così, per esempio, Giuseppe Arimondi non sarà più un «eroe coloniale» ma semplicemente un «generale dell’esercito italiano», e Tripoli non sarà più descritta come «regione della Libia» bensì «capitale della Libia».

L’operazione di “decolonizzazione” del quartiere Africano nasce dalla decisione del comune di Roma di inquadrare meglio dal punto di vista storico i massacri e le violenze fatte dal Regno d’Italia e dal regime fascista, ha spiegato l’assessore alla Cultura Massimiliano Smeriglio. Per ora quindi saranno cambiate soltanto 24 didascalie, e non i nomi delle vie e delle piazze, che restano gli stessi.

Smeriglio ha scritto che l’iniziativa è legata a un progetto della rete Yekatit 12-19 febbraio, un insieme di collettivi e singole persone che da anni promuove una riflessione collettiva sui crimini commessi dall’Italia nel suo passato colonialista. Tra le altre cose Yekatit 12-19 febbraio ha promosso l’applicazione della mozione 156 del 6 ottobre 2022, con cui la giunta di Roma si impegnò a istituire la Giornata della memoria per le vittime del colonialismo italiano il 19 febbraio, e a modificare le targhe di un gruppo di strade legate al colonialismo.

Da secoli le istituzioni intitolano strade, piazze e monumenti per celebrare o commemorare la storia del proprio paese: è una pratica che rientra nel più ampio “uso pubblico della storia”. Negli ultimi anni però l’opinione pubblica è diventata sempre più sensibile, e critica, verso un modo di ricordare celebrativo di alcuni periodi e personaggi storici considerati controversi, e anche le istituzioni cercano di superare letture anacronistiche legate a interpretazioni dominanti del passato.

Redazione IL POST

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