Lo Stato sta salvando i grandi magazzini Coin

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Un negozio Coin (Fisascat Cisl)

Attraverso la società Invitalia, che ha messo a disposizione 10 milioni di euro per evitare molti licenziamenti

Invitalia, società controllata dal ministero dell’Economia, ha annunciato un investimento da 10 milioni di euro per salvare dalla chiusura i grandi magazzini Coin ed evitare il licenziamento di 1.390 dipendenti che lavorano nei 34 punti vendita diretti, presenti soprattutto al Nord. Con questa operazione Invitalia avrà il 30,1 per cento del capitale della società veneta, fondata oltre 100 anni fa da Vittorio Coin e ora in gravi difficoltà economiche.

Nel 2024 Coin ha ottenuto ricavi per 280 milioni di euro e debiti per 240 milioni che negli ultimi mesi ha negoziato con i fornitori: sono stati fatti 330 accordi per la gestione di circa il 60 per cento dei debiti. Gli accordi servono soprattutto a prendere tempo con l’obiettivo di rendere più stabili i conti, riorganizzare i punti vendita e trovare un equilibrio tra spese e ricavi. L’ingresso di una società pubblica come Invitalia serve proprio da garanzia nei confronti dei creditori, rassicurati dalla presenza dello Stato nella società. Ai 10 milioni di euro messi da Invitalia si aggiungono poi altri 21,2 milioni provenienti da nuovi investitori, Sagitta sgr e MIA sgr, e dagli attuali azionisti.

Gli amministratori di Coin avevano già annunciato la chiusura degli otto negozi meno redditizi: quattro a Roma, uno a Latina, uno a San Donà di Piave in Veneto e altri due a Milano e Bologna. Era già stato trovato un accordo con i sindacati per spostare i dipendenti dei negozi in altri negozi o in altri settori della società, evitando i licenziamenti. In questo modo è stata evitata anche la cassa integrazione.

Invitalia ha investito 10 milioni di euro attraverso il fondo salvaguardia imprese, aperto nel 2020 durante la pandemia proprio per comprare partecipazioni di società in difficoltà economiche. Il fondo permette di fare investimenti diretti nelle società a patto che la partecipazione sia di minoranza e che l’intervento non superi i 30 milioni di euro. Ma devono esserci anche altre condizioni, per esempio l’ingresso dello Stato deve essere accompagnato da investimenti privati indipendenti oppure da un aumento di capitale di almeno il 50 per cento dei soci già presenti in società.

Già negli accordi per l’investimento iniziale devono essere stabilite le condizioni dell’uscita di Invitalia dalla società al massimo dopo cinque anni, per garantire che l’intervento pubblico sia solo temporaneo, riservato al periodo di crisi economica.

Redazione Il Post

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