E ora perché Mediobanca vuole comprare Banca Generali?

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Una spiegazione semplice per chi vuole capirci qualcosa nell’ennesima puntata del cosiddetto “risiko bancario”

L’offerta pubblica di scambio che Mediobanca ha annunciato per comprare Banca Generali è un’operazione notevole innanzitutto per chi coinvolge: da un lato la più importante e prestigiosa banca di investimento italiana, Mediobanca, e dall’altro una banca controllata dalla più grande compagnia di assicurazioni italiana, Generali. Ma è notevole anche il perché.

Ci sono ragioni economiche e industriali che renderebbero l’acquisto un buon affare per Mediobanca, ma questa mossa viene considerata anche e soprattutto una strategia di difesa per non finire a sua volta comprata da MPS, come si chiama ora Monte dei Paschi di Siena, che a gennaio aveva avviato le procedure per acquisirla. MPS, Mediobanca e Generali sono da mesi al centro di quello che i giornali chiamano il “risiko bancario”, e non è possibile capire qualcosa di questa operazione senza capire il resto: cioè un grande, continuo e complesso flusso di acquisizioni e fusioni con cui in Italia le banche stanno diventando sempre più grandi, tentando di comprarne altre per non venire comprate a loro volta

Mediobanca è una banca storica e da cui nel tempo sono dipesi molti interessi della classe imprenditoriale e politica. Non è una classica banca commerciale, che apre conti correnti o concede mutui: è principalmente una banca di investimento, specializzata cioè nella gestione dei patrimoni e nelle grandi operazioni societarie tra aziende.

La sua centralità nella finanza italiana e nelle operazioni di questi mesi si spiega soprattutto con la sua partecipazione di lungo corso nel gruppo Generali, di cui è primo azionista con il 13,2 per cento delle azioni: per decenni ne è stata il socio più importante, guidandone la crescita e indirizzandone la gestione. Ed è proprio sacrificando questa quota – e tutta l’influenza che comporta – che Mediobanca ha intenzione di pagare l’acquisto di Banca Generali, tramite uno scambio di azioni e non in denaro.

La storica sede di Mediobanca, in piazzetta Cuccia, in centro a Milano (MASSIMO VIEGI/LAPRESSE)

Significa che Mediobanca cederebbe tutte le sue azioni di Generali, dismettendo il suo prestigioso ruolo di azionista di riferimento del gruppo. Si libererebbe così di una partecipazione che da tempo è diventata estremamente problematica, e che secondo una lettura plausibile e ampiamente condivisa tra gli addetti ai lavori sarebbe anche il motivo per cui MPS sta tentando di comprarla.

MPS è ancora in buona parte posseduta dal ministero dell’Economia, che dopo un lungo processo di risanamento la sta vendendo. Qui arriva un altro passaggio importante: di recente MPS ha fatto entrare nel capitale due note e potenti famiglie italiane di industriali e investitori, i Del Vecchio e i Caltagirone, che da anni attraverso un complicato intreccio di partecipazioni puntano proprio al remunerativo controllo di Generali. Insieme ne hanno già il 17 per cento direttamente, in più hanno il 25 per cento di Mediobanca che ha il 13,2 per cento di Generali.

Dal momento che il primo azionista di MPS è il governo, mentre i Del Vecchio e i Caltagirone ne controllano insieme un influente 15 per cento, sarebbero loro gli artefici dell’offerta pubblica di scambio con cui MPS vuole comprare Mediobanca, e così la sua quota in Generali. La lettura condivisa da osservatori e media è che queste operazioni servano secondo il governo a garantire “l’italianità” di istituzioni così grandi e influenti, e magari a fare di MPS una terza grande banca in grado di competere con Intesa Sanpaolo e Unicredit, le prime due banche italiane per dimensione e valore. Ma non è un’operazione semplice.

Per cominciare, MPS è molto più piccola di Mediobanca che vorrebbe comprare. Lo stesso consiglio di amministrazione di Mediobanca aveva esplicitamente definito il tentativo di acquisizione da parte di MPS insensato dal punto di vista economico – così come molti analisti – perché motivato a suo dire solo dagli interessi personali dei due soci: si è opposto fin da subito all’operazione, e la cessione delle quote di Mediobanca in Generali toglierebbe del tutto l’oggetto del contendere. In questo senso la mossa di Mediobanca può essere letta come un tentativo di difesa dall’operazione di MPS, che l’ha comunque confermata: non poteva fare altrimenti, perché al contrario avrebbe dimostrato di avere solo l’obiettivo del controllo di Generali.

A destra l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, insieme al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, a giugno del 2024 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Per Mediobanca rinunciare alle Generali significherebbe interrompere un rapporto di collaborazione storico e mutualmente proficuo: la partecipazione rilevante di Mediobanca ha garantito finora a Generali un azionista di riferimento capace di dare una stabilità al management, garantendo allo stesso tempo ottimi guadagni per il bilancio.

È una rinuncia che sarebbe comunque compensata dall’acquisto di Banca Generali, una banca controllata al 50 per cento da Generali stessa (il resto è frammentato tra diversi azionisti in borsa) e specializzata a sua volta nella gestione e consulenza finanziaria per i patrimoni personali: se l’operazione riuscisse, secondo le stime di Mediobanca si creerebbe un gruppo da 210 miliardi di attività e 2 miliardi di ricavi all’anno dalla gestione patrimoniale, il doppio di quelli che riesce a fare ora. È un’operazione che a livello economico ha molto più senso di quella di MPS.

L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, ha detto agli analisti che da tempo considerava «Banca Generali la migliore opportunità di fusione e acquisizione», perché consentirebbe alla società di specializzarsi nella gestione dei grandi patrimoni, facendone così il suo business: un ambito ritenuto tra i più profittevoli e allo stesso tempo meno rischiosi.

Non è comunque detto che l’operazione riesca. La nuova offerta dovrà essere approvata da un’assemblea ordinaria dei soci di Mediobanca il 16 giugno: questo perché la società è già oggetto del tentativo di acquisizione da parte di MPS, durante il quale non potrebbe fare operazioni straordinarie senza l’approvazione dei soci per quella che in gergo legale è chiamata la passivity rule.

L’approvazione non è scontata, perché tra gli azionisti di Mediobanca ci sono… gli stessi Del Vecchio e Caltagirone, i quali potrebbero mettersi in mezzo con la loro quota del 25 per cento. Opporsi all’operazione, però, per loro rischia di essere comunque controproducente: sarebbe più difficile difendersi dall’accusa di aver agito di concerto, cosa che hanno sempre negato perché vietata o fortemente limitata dalle leggi finanziarie in caso di complessi schemi di partecipazioni reciproche, come quello in cui sono coinvolti.

Redazione Il Post

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