Perché il governo aumenta l’accisa sul gasolio ma non sulla benzina

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(ANSA/LUCA ZENNARO)

Per gli obiettivi del PNRR deve ridurre i sussidi «ambientalmente dannosi» e i motori diesel inquinano troppo per essere favoriti come avviene oggi

Il governo ha deciso di aumentare l’accisa sul gasolio e di diminuire quella sulla benzina, una scelta legata agli obiettivi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) finanziato dall’Unione Europea che potrebbe contribuire a migliorare la qualità dell’aria. Infatti anche se i motori diesel producono minori emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale gas a cui si deve il cambiamento climatico, rispetto ai motori a benzina diffondono nell’aria maggiori quantità di particolato fine, ossidi di azoto e altri inquinanti, soprattutto nel caso dei veicoli più vecchi. Sono sostanze dannose per la salute delle persone.

Le variazioni sulle accise, che sono le tasse di importo fisso per ogni litro di carburante venduto, sono state approvate giovedì durante il Consiglio dei ministri e sono contenute nel testo di un decreto legislativo. Il governo le ha definite un «riallineamento e non un aumento» perché il provvedimento prevede che, nei prossimi cinque anni, ogni anno l’accisa sul gasolio aumenti di una cifra compresa tra 1 e 1,5 centesimi di euro e parallelamente quella sulla benzina diminuisca di una cifra equivalente. Attualmente l’accisa sul gasolio è di 61,7 centesimi di euro al litro, quella sulla benzina di 72,8 centesimi al litro, e come ha spiegato il Sole 24 Ore entro cinque anni entrambe le accise dovrebbero arrivare a 67,25 centesimi di euro.

Dato che però il consumo di gasolio è molto più alto di quello della benzina, una maggiore tassazione sul primo porterà maggior gettito fiscale allo stato: anche escludendo quello impiegato in agricoltura, settore per cui verranno mantenute le agevolazioni fiscali.

Con le risorse aggiuntive che saranno ottenute il governo vuole finanziare il fondo nazionale per il trasporto pubblico, che sarà usato per concordare il rinnovo del contratto nazionale degli autoferrotranvieri (quello per cui negli ultimi mesi si sono succeduti moltissimi scioperi dei trasporti), e il fondo per la delega per la riforma del sistema fiscale, il cui uso verrà definito in futuro. Il Sole 24 Ore ha stimato che in un anno il «ritocco di un centesimo» varrà circa 165 milioni di euro, a cui però andrà sottratto il mancato contributo del settore agricolo.

Il cambiamento delle accise è coerente con gli obiettivi del PNRR perché uno di questi prevede di ridurre i sussidi statali considerabili «ambientalmente dannosi»: la differenza di accise tra gasolio e benzina ci rientra, visto che sulla base delle emissioni legate ai due carburanti il gasolio non può considerarsi preferibile. Durante l’ultima campagna elettorale la maggioranza di governo aveva promesso riduzioni o abolizioni delle accise: non è la prima volta che il governo prende una direzione diversa e in passato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva giustificato la cosa con le necessità della situazione economica contingente.

Il decreto legislativo non è ancora entrato in vigore, quindi per il momento il prezzo dei carburanti non sarà influenzato dai cambiamenti annunciati.

Redazione il Post

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