In alcuni ospedali di Torino è stato vietato, e se ne sta discutendo
Sabato Thomas Schael, il commissario della Città della Salute e della Scienza di Torino, il polo sanitario che coordina l’attività di quattro grandi ospedali della città, ha diffuso una circolare che impone ai medici e agli infermieri di non indossare camici o divise operatorie in tutti i luoghi che «non siano sanitari», come bar, mense e uffici aziendali.
Schael ha scritto di avere introdotto questa norma interna per migliorare i «criteri di igiene e sicurezza» e incentivare il «rispetto delle norme igienico sanitarie». La circolare è stata ampiamente discussa e commentata dai giornali locali, un po’ per via delle reazioni contrastanti che ha generato tra i dipendenti dell’azienda e tra alcuni addetti ai lavori, un po’ perché è stata letta come un ulteriore segnale della severità di Schael.
Il nuovo commissario ha assunto l’incarico lo scorso 1° marzo, poco più di due settimane fa, ma ha già introdotto dei divieti che hanno rivelato un approccio particolarmente restrittivo alle norme per il personale sanitario.
Nel primo giorno del suo mandato Schael aveva per esempio pubblicato due circolari giudicate molto severe: la prima per imporre dei limiti più precisi alla visite in intramoenia, cioè quelle che i medici fanno come liberi professionisti ma all’interno dell’ospedale; la seconda per vietare di fumare in tutti i locali dell’azienda e «nelle immediate pertinenze».
Parlando della rigidità di Schael, la giornalista della Stampa Caterina Stamin lo ha definito «un uomo di regole» che «fa affiggere volantini su ogni parete o porta dei quattro ospedali aziendali, chiedendo ordine e rispetto delle circolari» (La Stampa è il principale giornale di Torino).
Il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell’università Statale di Milano, ha lodato la circolare di Schael sui camici, definendola «un elemento che accende l’attenzione sull’importanza di igiene e pulizia nelle strutture sanitarie» e che contribuisce a prevenire eventuali infezioni ospedaliere. Pregliasco ha però aggiunto che «spesso non è facile far rispettare queste disposizioni specie alla luce dei tempi stretti delle soste sul lavoro».
Altri, pur ritenendolo condivisibile, hanno invece commentato il nuovo divieto con toni un po’ più piccati. Giovanni Di Perri, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, ha detto alla Stampa che il divieto di Schael ha «un connotato d’ordine condivisibile», ma che agisce su un criterio che in generale «è abbastanza rispettato», dato che «tra i colleghi c’è chi usa il camice da lavoro e il camice di cortesia: quando cessa il turno indossa il secondo e va in mensa, o al bar». Secondo Di Perri le infezioni ospedaliere non dipendono tanto da ciò che medici e infermieri indossano, ma «sono innescate da altri fattori», come per esempio l’obsolescenza di molti ospedali italiani in cui non sono presenti camere singole dotate di appositi bagni.
Anche alcuni dipendenti dell’azienda hanno criticato il divieto. Un’operatrice sociosanitaria dell’ospedale delle Molinette, uno di quelli che fanno parte della Città della Salute, ha detto alla Stampa che «se devi pure cambiarti, non mangi più. Quante volte lo dovremmo fare? Quando arrivi, quando vai in mensa e quando torni». Una dottoressa dell’ospedale, pur definendo l’iniziativa di Schael giusta, ha evidenziato che per applicarla servirebbe «del tempo che non abbiamo». Altri ancora per ora lo hanno semplicemente ignorato, continuando ad andare al bar o al ristorante in camice.