Sono stati licenziati quasi tutti i dipendenti dei centri per migranti in Albania

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Una parto del centro per migranti di Gjader (Antonio Sempere/Contacto via ZUMA Press)

Lo ha scritto il quotidiano “Domani”, secondo cui ora rimane solo qualche medico, gli addetti alle pulizie e gli agenti delle forze dell’ordine

La cooperativa Medihospes, che gestisce i centri per migranti costruiti dal governo italiano in Albania, ha licenziato quasi tutti i dipendenti assunti per occuparsi delle due strutture. I licenziamenti saranno effettivi dal 15 febbraio. La notizia è stata data dal quotidiano Domani, che ha ottenuto una copia delle comunicazioni con cui la cooperativa ha informato i dipendenti. Sempre secondo Domani, al momento nei centri rimangono solo alcuni medici e addetti alle pulizie, oltre agli agenti delle forze dell’ordine italiane inviati per controllare l’area.

Medihospes è una cooperativa attiva in vari settori, tra cui l’accoglienza: gestisce vari centri in Italia, non è chiaro quanti, che in alcuni casi sono finiti al centro di inchieste giornalistiche o rapporti che ne documentarono le pessime condizioni. Lo scorso maggio aveva vinto una gara da 134 milioni di euro in quattro anni organizzata dal ministero dell’Interno per gestire i due centri in Albania: quello di Shengjin, dove è stato costruito un hotspot, e quello di Gjader, nell’entroterra, dove ci sono un centro di trattenimento da 880 posti, un centro di permanenza per i rimpatri (CPR) e un piccolo carcere.

I centri erano stati attivati a ottobre del 2024, ma finora non sono quasi mai stati usati: il governo di Giorgia Meloni ha provato in tre occasioni a inviare dei gruppi di persone migranti (una sessantina in totale), ma il loro trattenimento non è mai stato convalidato dai giudici competenti e sono sempre tornati in Italia nel giro di pochi giorni.

In questi mesi Medihospes ha comunque assunto mediatori, operatori informatici, funzionari amministrativi, psicologi, informatori legali, autisti, medici e via dicendo (sul sito della cooperativa ci sono ancora moltissime posizioni aperte). Già a partire da fine novembre però, dopo i primi due tentativi falliti di trasferimento dei migranti, gran parte del personale aveva lasciato il paese per tornare in Italia.

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