I camionisti in trattoria ci mangiano sempre meno

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I locali in cui si fermano a pranzo sono ritenuti tradizionalmente quelli in cui si mangia bene e si spende poco, ma non è più una cosa che vale per tutti

Esiste un luogo comune che vuole che le trattorie migliori – dove si mangia meglio, ma anche dove i prezzi sono più convenienti e i piatti più sostanziosi – siano quelle dove si fermano i camionisti, vicini alle zone industriali o alle uscite delle autostrade. Quasi sempre sono ristoranti organizzati per andare incontro alle esigenze specifiche di persone che, a seconda dell’incarico, possono restare lontane da casa giorni o anche intere settimane, svegliandosi molto presto e dormendo in camion: e quindi hanno enormi piazzole controllate da parcheggiatori addestrati a controllare i camion ma anche a organizzarli in modo da permettere a tutti di uscire comodamente a seconda dell’orario di partenza previsto; docce e lavandini per lavarsi e rasarsi; menù fissi con prezzi contenuti, almeno rispetto alla media.

I locali più amati sono sostanzialmente gli stessi da decenni, tramandati per passaparola, consigliati attraverso la classica ricetrasmittente detta “baracchino” o sempre più spesso riuniti in liste condivise su Google Maps. Negli ultimi anni, però, un numero crescente di camionisti li frequenta sempre meno. Secondo Federtrasporti, che ha condotto due sondaggi sulle abitudini alimentari dei camionisti a distanza di otto anni, nel 2010 il 70 per cento si fermava regolarmente nelle trattorie per mangiare. Nel 2018, la percentuale era scesa al 49 per cento. L’altra metà si organizza come fanno molte persone che lavorano in ufficio, anche se con qualche fastidio logistico in più: portandosi il cibo da casa.

Elisa Crivellari, amministratrice del gruppo Facebook “NOI CAMIONISTI IN TRATTORIA”, che è seguito da 103mila persone e serve a mantenere una mappa aggiornata delle trattorie italiane più frequentate dai camionisti, dice che la tendenza è aumentata ulteriormente negli ultimi due anni, per via di un aumento dei prezzi «di almeno tre o quattro euro». Secondo i suoi calcoli, nel 2021 a pranzo nelle trattorie per camionisti si trovavano facilmente menù fissi che costavano tra gli 11 e i 12 euro: oggi, la media si assesta tra i 16 e i 18 euro, ed è molto raro che le aziende di autotrasporti coprano del tutto o in parte questo genere di spese. «Se poi stai fuori la notte in camion e vuoi lavarti, tra il pasto e il servizio doccia te la cavi con 25 euro a sera, più o meno. Insomma, i prezzi sono abbastanza ingenti», racconta. «Alcuni sono posti che frequento da anni, e quindi ho chiesto il perché dell’aumento dei prezzi: ti rispondono che è aumentato tutto, le spese, la corrente, il costo del personale, del cibo, dell’acqua».

Alcuni camionisti, soprattutto quelli che lo fanno da più tempo, considerano l’andare in trattoria parte dello “stile di vita” collegato al tipo di lavoro che fanno, e reputano fondamentale scendere dal camion, soprattutto per cena, sedersi a un tavolo, farsi cucinare qualcosa di caldo, “staccare la spina”. Ma molti altri non la vedono più così. Crivellari, per esempio, dice di aver «completamente cambiato le sue abitudini» negli ultimi due anni: «prima magari qualche pasto alla settimana, a mezzogiorno, lo facevo al ristorante, ma adesso li evito del tutto. Preferisco mangiare qualcosa che mi preparo a casa, che spesso è anche più sano di quello che viene proposto nei menù fissi».

Secondo il blog Giganti della strada, specializzato in autotrasporti, fino a qualche anno fa l’idea di installare fornellini o microonde in camion era associata ai camionisti «disagiati», che non potevano permettersi per una ragione o per l’altra di mangiare in trattoria perché avevano bisogno di risparmiare. Oggi è molto più comune individuare soluzioni per cucinare in camion, o quanto meno per riscaldare cibo preparato a casa: le più frequenti sono l’installazione di un fornello a butano o di una bombola GPL, come quelle da campeggio, oppure di una stazione elettrica portatile che permetta di alimentare elettrodomestici come tostapane, bollitori, macchinette del caffè e microonde. I frigoriferi vengono quasi sempre dati in dotazione insieme al camion.

È il caso di Emanuele Civiero, camionista e content creator che su TikTok pubblica spesso video in cui mostra quello che mangia mentre è lontano da casa, in camion. In uno dei suoi video più condivisi e commentati, pubblicato a dicembre, ha stimato che preparare tutti i pasti della settimana in anticipo – un primo a pranzo, un secondo a cena, qualche snack durante la giornata e il caffè preparato con una macchinetta installata nella sua cabina – gli costa circa 200 euro al mese, mentre mangiare regolarmente in trattoria verrebbe a costare tra i 600 e i 700 euro al mese. «Non mi tratto male, basta solo organizzarsi: a pranzo mangio quasi sempre pasta, a cena mi preparo bistecche, tartare di salmone, insalate, dipende da cosa ho voglia di mangiare», dice. «A giugno sono sei anni che faccio questo lavoro, e in trattoria ci sarò stato una volta».

In altri casi, la decisione di mangiare in camion non è dettata soltanto dal costo di mangiare in trattoria, ma anche dalle tempistiche del lavoro, più serrate e frenetiche di un tempo. «La maggior parte dei camionisti preferisce avere comunque del cibo già pronto nel camion per non doversi fermare in trattoria e recuperare così tempo prezioso», si legge su Giganti della strada. «Alcuni camionisti addirittura saltano il pranzo a piè pari e mangiano direttamente la sera poiché devono recuperare il tempo perso per carico e scarico merci, rallentamenti, traffico».

In questo contesto, varie trattorie per camionisti stanno cominciando a lavorare per diversificare la propria clientela. In vari casi, si sono fatte conoscere da un pubblico più ampio grazie alla partecipazione al reality show Camionisti in trattoria, condotto prima da Chef Rubio e poi da Misha Sukyas, andato in onda tra il 2018 e il 2020 su DMAX e NOVE. La trasmissione ha fatto conoscere a centinaia di migliaia di spettatori le trattorie preferite di decine di camionisti, valutandole in base all’offerta gastronomica, al prezzo e all’«umanità dei ristoratori».

«Ci hanno portato un sacco di lavoro in più», dice Marina Biagianti, che dal 1984 gestisce la sala del Podere Le Caselle, una trattoria della provincia di Arezzo particolarmente apprezzata da Chef Rubio, con un piazzale che può contenere circa 200 motrici. «Ci ha permesso di farci conoscere anche alle famiglie, non solo agli autisti, il che ci ha permesso di allargarci a possibilità diverse». Nella sua esperienza, la differenziazione dell’indotto è necessaria anche perché, negli ultimi anni, il quantitativo di persone che cenano e fuggono in camion senza pagare è notevolmente aumentato. «L’altro giorno ne ho acchiappato uno che stava mettendo il camion in moto grazie al mio parcheggiatore, che mi ha telefonato: quando gli ho detto “signore, mi scusi, lei non ha pagato” mi ha risposto “che cazzo vuoi?”». Altre trattorie hanno installato telecamere di sorveglianza e cartelli che avvisano la clientela: «Locale videosorvegliato: se si esce senza pagare, si verrà denunciati ai carabinieri».

Redazione il Post

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