I cercatori piemontesi dicono che quella appena conclusa è stata una delle peggiori stagioni degli ultimi 40 anni, anche a causa dei cambiamenti climatici
Il 31 gennaio in Piemonte si è chiusa una delle peggiori stagioni dei tartufi bianchi degli ultimi quarant’anni. I tartufi bianchi sono una delle specie di funghi più pregiate al mondo: crescono spontaneamente solo in alcune zone d’Italia e in particolare in provincia di Cuneo, intorno alla città di Alba. Sono ricercati per il loro sapore particolare, che in realtà a molte persone non piace, e per via della loro rarità sono molto costosi. Quest’anno sono anche mediamente più costosi rispetto al solito perché ne sono stati trovati pochissimi.
La “cerca” dei tartufi è una cosa seria, soprattutto in Piemonte dove si stima che il giro d’affari superi ogni anno i 250 milioni di euro. I tartufi bianchi sono i più ambiti, ma negli ultimi anni è cresciuto anche il mercato del tartufo nero, che rispetto al bianco ha un profumo meno marcato, più semplice.
In Piemonte la tartuficoltura dà lavoro a migliaia di persone ed è sottoposta a diverse regole per evitare abusi. I cercatori di tartufo, noti come trifulau, devono sostenere un esame per ottenere l’autorizzazione alla ricerca e il tesserino da mostrare in caso di controlli. Il corso serve per evitare che i tartufi bianchi vengano raccolti prima della maturazione compromettendo la raccolta degli anni successivi. L’inizio e la fine della stagione vengono stabiliti dalle Regioni: la data di inizio di quella appena conclusa era stata posticipata dal Piemonte dal 21 settembre al 1° ottobre «per proteggere il tartufo bianco dai cambiamenti climatici», ha detto l’assessore regionale alla Biodiversità e alla Tartuficoltura, Marco Gallo.
L’avvio della stagione era stato promettente. Le condizioni del meteo – piogge frequenti e freddo piuttosto precoce – erano state favorevoli. I prezzi ne avevano risentito: alla metà di ottobre i tartufi bianchi si vendevano a circa 350 euro l’etto, tra i prezzi più bassi degli ultimi anni.
È difficile stabilire con certezza cosa sia accaduto nelle settimane successive. Molto dipende appunto dal meteo e dallo stato di salute dei boschi. I tartufi infatti crescono solo in associazione con le radici di una pianta in una sorta di simbiosi: i funghi detti micorrizici, come i tartufi, estraggono dal suolo dei minerali utili alle piante per crescere; le piante “in cambio” forniscono ai funghi gli zuccheri che producono grazie alla fotosintesi.
Gli esperti interpellati negli ultimi giorni da diversi giornali dicono che la ragione di questa penuria potrebbe essere l’innalzamento delle temperature registrato nel fine settimana di Ognissanti, che ha esasperato una carenza già evidente, dovuta ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, infatti, la siccità che ha interessato anche le regioni del Nord Italia ha molto limitato la produzione.
Un’altra ipotesi è che abbia influito il gran caldo dello scorso agosto, a cui sono seguite piogge abbondanti a settembre che potrebbero aver favorito lo sviluppo di marciume, fatale per i funghi. «Bisogna tornare con la mente a 40 anni fa, al 1984, per ricordare una stagione del tartufo così fallimentare. Noi tartufai siamo disperati», ha detto al Corriere Torino Stelvio Casetta, esperto trifolao. «Non basta nemmeno lo straordinario fiuto del cane per trovare un prodotto che non c’è».
Tino Marolo, presidente dell’associazione Tartufai delle rocche del Roero, ha detto alla Gazzetta d’Alba che la stagione è stata più che dimezzata: è iniziata il 1° ottobre ed è finita nella terza settimana di novembre. Da allora c’è stato solo qualche ritrovamento sporadico di piccoli esemplari, mentre solitamente i migliori tartufi si trovano tra novembre e dicembre. I prezzi ne hanno risentito: in poco tempo sono saliti fino a superare i 600 euro all’etto.
Anche in altre regioni italiane non è andata meglio. In Toscana, in Umbria e nelle Marche sono stati trovati pochissimi tartufi. I cercatori stanno già pensando alla prossima stagione pulendo i terreni delle tartufaie, aree dove crescono i tartufi. La Regione Piemonte ha investito circa 700mila euro per finanziare un piano triennale destinato alla valorizzazione del “patrimonio tartufigeno”. Quasi 380mila euro saranno utilizzati per le indennità concesse ai proprietari dei terreni dove crescono piante arboree favorevoli alla crescita dei tartufi: le indennità servono a conservare i terreni e a permettere a tutti i cercatori di accedere liberamente. Altri 200mila euro serviranno a sostenere eventi e fiere autunnali legati alla promozione della tartuficoltura.