Le confezioni dei farmaci stanno per diventare un grosso problema

Da febbraio molti medicinali rischiano di uscire dal mercato, perché il ministero non ha ancora definito le regole sulla loro tracciabilità

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(Milos Bicanski/Getty Images)

Lo scorso 20 dicembre le principali associazioni dei produttori di farmaci, Farmindustria ed Egualia, hanno messo in guardia il governo dal rischio di una grave carenza di farmaci. Da febbraio, hanno detto, potrebbero uscire dal mercato farmaci usati da milioni di persone in Italia. L’allerta è dovuta a un problema all’apparenza secondario, ma di cui le aziende, il ministero e l’AIFA – l’agenzia italiana del farmaco – stanno discutendo da anni: la tracciatura dei farmaci, cioè il sistema per identificare le confezioni evitando contraffazioni. L’Italia deve adeguarsi a un regolamento europeo, ma a meno di un mese dall’entrata in vigore non ci sono ancora regole e indicazioni certe sulle modifiche da fare.

L’Italia è stata tra i primi paesi europei a introdurre un sistema di etichettatura per tracciare i farmaci venduti con una prescrizione medica e i cosiddetti farmaci da banco, acquistabili senza ricetta. Dal 2014 lo si può notare ogni volta che si compra un medicinale in farmacia: sulla scatola c’è un’etichetta – chiamata anche bollino farmaceutico – formata da tre strati sovrapposti con tutte le informazioni e i codici per garantire l’autenticità del farmaco.

Secondo i dati dell’AIFA, grazie al bollino in Italia la percentuale dei farmaci contraffatti presenti sul mercato è pari allo 0,1%, di fatto inesistente. In Europa la percentuale è più alta, l’1 per cento. Ora il bollino dovrà essere sostituito da un nuovo sistema comune a tutti i paesi dell’Unione Europea.

Un video dell’istituto poligrafico dello Stato mostra come vengono prodotti i bollini farmaceutici

Il nuovo modello fu approvato da una direttiva europea del 2011 e infine da un regolamento europeo del 2016. Prevede tre cose: la stampa su ogni scatola di un codice a barre bidimensionale, chiamato Datamatrix, la creazione di un archivio nazionale collegato a un archivio europeo (l’European Medicines Verification System, EMVS) per verificare l’autenticità del medicinale, e un sistema per prevenire manomissioni della confezione. Il modello è entrato in vigore in tutti gli stati il 9 febbraio del 2019. Gli unici paesi a cui fu concessa una lunga deroga, sei anni, furono l’Italia e la Grecia perché entrambi avevano da poco adottato un efficace e nuovo sistema di tracciatura. La deroga concessa all’Italia scade il 9 febbraio 2025, tra poco più di un mese.

Il codice bidimensionale Datamatrix è uno strumento che può essere letto con un dispositivo apposito da tutti coloro che lavorano nella filiera: aziende farmaceutiche, grossisti e farmacisti. Il regolamento europeo obbliga a inserire nel Datamatrix un codice identificativo, il codice prodotto, un codice seriale, il numero di lotto di produzione e la data di scadenza. Il codice permette ai farmacisti di incrociare in tempo reale i dati registrati nell’archivio italiano e in quello europeo per capire se quella precisa confezione è stata regolarmente prodotta oppure falsificata.

Il regolamento inoltre prevede di costruire le scatole dei farmaci con tecniche definite anti-tampering, ovvero antimanomissione, per assicurare l’integrità del farmaco nel percorso dall’azienda fino al paziente che deve assumerlo. Negli ultimi anni sono stati studiati diversi sistemi antimanomissione, soprattutto confezioni con sigilli che rendono evidente un’eventuale apertura prima della vendita.

Per studiare come adattare la produzione italiana a questi nuovi accorgimenti lo scorso gennaio è stata creata una società di cui fanno parte tutti i componenti della filiera, dalle associazioni delle aziende fino a quelle dei farmacisti. La società si chiama NMVO, National Medicines Verification Organisation. Negli ultimi mesi i rappresentanti della NMVO, del ministero della Salute e dell’AIFA si sono incontrati molte volte per discutere come applicare le regole in Italia.

Lo scorso 30 agosto il Consiglio dei ministri ha approvato la bozza di decreto legislativo con i principi generali per adeguare le procedure al regolamento europeo. Il parlamento ha espresso parere favorevole con osservazioni, ma manca l’approvazione finale del governo. Più volte le associazioni che rappresentano le aziende e quelle dei farmacisti hanno chiesto al ministero di fare più in fretta o al limite di prevedere un periodo di adattamento alle nuove regole.

In concreto, le aziende non sanno ancora come adeguare i loro processi produttivi, di per sé complessi. Non è ancora chiaro, per esempio, se il sigillo di chiusura delle confezioni debba essere realizzato con una carta speciale fornita dall’istituto poligrafico dello Stato oppure con sigilli già disponibili sul mercato. «L’adozione dei dispositivi antimanomissione richiederà in ogni caso significativi adeguamenti delle linee produttive, che dovranno essere approntate, testate e validate», si legge nelle osservazioni presentate da Farmindustria all’inizio di ottobre durante una riunione della commissione Affari sociali del Senato. «Si tratta di un cambiamento non banale, che richiede congrue tempistiche, e anche per questo è cruciale garantire sufficienti margini di flessibilità al sistema nel suo complesso».

Tra le altre cose, non si sa come dovranno essere gestite le scatole prodotte finora con il vecchio bollino, se dovranno essere ritirate o potranno essere vendute per un certo periodo di tempo. Oltre a questo, finora non è stato fatto nessun test con i dispositivi di lettura del codice Datamatrix. La bozza del decreto prevede sanzioni fino a 80mila euro per ogni vendita difforme, una sanzione che le associazioni dei farmacisti ritengono sproporzionata rispetto a quelle di Germania, Spagna e Francia dove al massimo si rischiano 2.000 euro ogni trimestre.

Secondo la bozza i farmaci prodotti prima del 9 febbraio potranno comunque essere venduti, e per quelli prodotti successivamente ma non conformi al nuovo regolamento le sanzioni saranno ridotte del 90% fino a ottobre. Le aziende avevano chiesto un periodo di adattamento tra 18 e 24 mesi a partire da febbraio: il rischio di carenze di farmaci dichiarato dalle aziende, piuttosto eclatante per come sono andate le cose finora, è un segnale che mostra l’inefficacia delle trattative portate avanti con il governo.

Redazione Il Post

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