Impiega 23 anni per riavere la patente, prefettura condannata

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Automobilista risarcito per l’ingiusta durata del contenzioso

Sarà anche una bella soddisfazione vincere una causa dopo 23 anni, ma la persona in questione oggi di anni ne ha 85, un po’ troppi per festeggiare l’ottenimento della patente di guida.

Questa storia di disordinata giustizia ha per protagonista un signore di Caltabellotta, nell’Agrigentino, al quale nel lontano 1996 era stata revocata la patente perché sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

Per la Prefettura di Agrigento non aveva i requisiti morali per mettersi alla guida.

Scaduta la misura di prevenzione, siamo al passaggio del nuovo millennio, l’automobilista chiede che gli sia restituita la licenza, e in quel momento inizia un’odissea durata 23 anni e finita solo adesso con la condanna della Prefettura e un risarcimento di ottomila euro da parte dello Stato per l’irragionevole durata del giudizio. Assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, del Foro di Palermo, l’automobilista ha presentato ricorso al Tar di Catania, ottenendo la sospensiva e il rilascio di un titolo provvisorio alla guida, quanto bastava per riprendere in mano il volante. Ma quando si è trattato di entrare nel merito del giudizio, i giudici amministrativi si sono dichiarati non competenti per giurisdizione e così la causa è passata al giudice civile di Palermo, che 23 anni dopo l’inizio del contenzioso ha finalmente deciso la restituzione della patente di guida, condannando la Prefettura al pagamento delle spese del processo.

Gli avvocati, dopo 23 anni di lite giudiziaria, hanno suggerito al loro cliente di presentare ricorso alla Corte d’appello di Catania, sulla base della legge Pinto, contro il ministero dell’Economia, per ottenere l’equo indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio. I giudici hanno dato ragione ai legali, condannando il ministero a pagare ottomila euro in favore dell’automobilista per il danno non patrimoniale sofferto, oltre al pagamento delle spese processuali. “Tenuto conto della vicenda controversa, la durata ragionevole dell’intero giudizio deve determinarsi in anni tre con un’eccedenza ingiustificata complessiva pari ad anni 20”, scrive laconicamente la Corte d’appello di Catania.

Redazione ANSA

 

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