Le condizioni dei lavoratori indiani nell’Agro Pontino. Costretti a lavorare sotto qualunque condizione atmosferica, per paghe da fame che vengono corrisposte dopo mesi, in attesa di ricevere i documenti o in clandestinità
Il tragico caso di Satnam Singh, il 31enne indiano morto dopo essere stato abbandonato in fin di vita col braccio amputato, ha riacceso i riflettori sulle condizioni dei braccianti stranieri nelle campagne italiane. La zona di Latina, dove è avvenuto il fatto, è quella che raccoglie il maggior numero di cittadini indiani in Italia. Oltre a un impiego nella raccolta di ortaggi e frutta, però, trovano anche l’inferno. Costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno, sotto qualunque condizione atmosferica, per paghe molto basse, in attesa di ricevere i documenti o in clandestinità. Molti vengono anche drogati con stupefacenti o antidolorifici per non far percepire dolore e stanchezza.
Come emerge da un reportage de Il Messaggero, l’Agro Pontino conta un esercito di circa 30mila braccianti indiani, provenienti soprattutto dal Punjab. Qui le famiglie vendono tutto per pagare il viaggio ai loro figli e ai giovani delle loro comunità. Un viaggio che arriva a costare anche 9mila euro, cioè quasi cinque volte lo stipendio medio annuo. Il pacchetto comprende tutto, compresa la guida che porterà l’aspirante bracciante dall’aeroporto ai campi. Ed è lì che la speranza di un futuro migliore si trasforma in incubo a occhi aperti.
Insultati, sfruttati e mandati senza protezioni nei campi
Ai 17mila lavoratori regolarizzati fanno da contraltare i circa 12mila in attesa di documenti, in molti casi clandestini. Eppure il loro contributo risulta fondamentale per il settore agroalimentare della provincia. Nei campi tra Latina, Sabaudia, San Felice Circeo e Terracina gli indiani raccolgono e confezionano tutte le colture, dai pomodori ai kiwi. (Anche oggi a Fondi) Che ci siano 40 gradi o si vada sottozero, i lavoratori non posso fermarsi. I datori di lavoro glielo impongono, trattandoli come animali e insultandoli e mandandogli allo sbaraglio senza formazione o dispositivi di sicurezza “Si dimenticano che siamo esseri umani”, ha raccontato il 36enne Mandeep Singh, ex bracciante in Italia dal 2017.
Braccianti malpagati e drogati per non sentire la fatica
Dall’inchiesta pubblicata da Il Messaggero emerge inoltre che le paghe proposte da diversi datori di lavoro sono da fame, a dir poco: spesso non arrivano a 3 euro all’ora. Prendere o lasciare. Per i lavoratori “invisibili”, ovviamente, versati in nero. Ma in moltissimi casi i pagamenti vengono versati dopo mesi, impedendo ai braccianti di inviare il denaro alle loro famiglie in India e di trovare una sistemazione dignitosa in Italia. La stragrande maggioranza dorme in container senza acqua o elettricità o addirittura nei capannoni di raccolta. Una vita e turni massacranti. Per non far sentire la fatica, i datori di lavoro costringono i braccianti ad assumere stupefacenti e antidolorifici. Come emerso dalle indagini della Procura di Latina, una delle sostanze più usate è il bulbo del papaver somniferum essiccato, detto la “droga degli ultimi”, scarto della produzione dell’eroina.