I finti prof per disabili, diplomi falsi a Salerno e cattedre in Lombardia: “Restituite gli stipendi”

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Per anni hanno insegnato come docenti di sostegno in varie province ma non avevano mai conseguito l’attestato di specializzazione. Adesso la Corte dei Conti li ha condannati a risarcire il Ministero

di Nicola Palma
Redazione Il Giorno

Milano –  A.P., nato a Salerno nel 1969 , ha insegnato dal 4 ottobre 2018 al 30 giugno 2019 come docente di sostegno di alunni con disabilità in un istituto comprensivo di Mantova. Per farlo, ha dichiarato di essere in possesso del diploma magistrale conseguito nel 1996 in una scuola di Castellabate e del diploma di specializzazione per il sostegno conseguito l’anno dopo in una fondazione socio-culturale dello stesso Comune campano reso celebre dal film “Benvenuti al Sud”.

E.S., nata a Salerno nel 1965, ha insegnato dal 3 al 17 ottobre 2016 in un comprensivo del Mantovano e praticamente senza soluzione di continuità dal 24 ottobre 2016 al 31 agosto 2018 in un altro comprensivo della stessa provincia, dedicandosi ai bambini con disabilità. Per farlo, ha assicurato di possedere il certificato di licenza media e di maturità magistrale, nonché il diploma di specializzazione per il sostegno conseguito nella stessa fondazione socio-culturale di Castellabate.

M.S., nato a Salerno nel 1971 , ha svolto le mansioni di collaboratore scolastico in due comprensivi della Bergamasca tra la fine di settembre del 2018 e l’inizio di giugno del 2019. Per farlo, ha dichiarato di aver conseguito la qualifica di “operatore di sala-bar” col massimo dei voti (100 su 100) in un istituto professionale di Castellabate.

Oltre alla provenienza geografica e alla scelta di trasferirsi in Lombardia per lavoro, i tre hanno in comune un’altra cosa: sono stati coinvolti nelle inchieste della Procura di Vallo della Lucania che negli ultimi anni hanno smantellato in più fasi un presunto sistema illecito che avrebbe prodotto una quantità industriale di diplomi e attestati falsi (323 indagati nella tranche del 2023), comprati a mille euro e utilizzati dagli acquirenti per poter insegnare o ricoprire altri ruoli all’interno degli istituti scolastici.

A.P. è finito alla sbarra per falso e truffa: nel 2022 ha patteggiato un anno, quattro mesi e 17 giorni di reclusione; e la sentenza ha dichiarato “la falsità” dei diplomi allegati alla domanda di “messa a disposizione” presentata nel 2018 a Mantova. E.S. è stata rinviata a giudizio per truffa, falso e concorso in corruzione: il 18 aprile scorso è andata in scena la prima udienza. M.S., infine, ha patteggiato per falso e truffa aggravata ai danni dell’amministrazione scolastica.

Per i tre è ora arrivato anche il giudizio della Corte dei Conti della Lombardia, che in due casi ha condannato gli imputati a ridare al Ministero dell’Istruzione i soldi incassati in maniera fraudolenta. “Nell’ipotesi di accesso a posti di impiego pubblico conseguito mediante la falsa attestazione del possesso del titolo di studio richiesto – si legge nelle sentenze-fotocopia su A.P. ed E.S. –, si versa in una fattispecie di illiceità della causa che, ai sensi dell’articolo 2126 del codice civile, priva il lavoro prestato della relativa tutela, stante il contrasto con norme fondamentali e generali e con i basilari principi pubblicistici dell’ordinamento”.

Di conseguenza, “la prestazione lavorativa resa in assenza del titolo prescritto e dichiarato non arreca all’ente pubblico alcuna utilità e determina il venir meno del rapporto sinallagmatico tra prestazione e retribuzione, a nulla rilevando l’effettivo svolgimento di un’attività”. In totale, i due dovranno risarcire rispettivamente 14.442,49 euro e 18.098,80 euro. M.S., invece, potrà tenersi i 9mila euro guadagnati perché il suo legale ha prodotto in udienza un diploma da ragioniere, conseguito nel 1990 con il voto di 36/60, che sarebbe stato comunque sufficiente per fare il collaboratore scolastico.

 

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