Scadono le procedure semplificate per i lavoratori fragili e coloro con figli sotto i 14 anni. Resta aperta invece la strada degli accordi individuali tra azienda e lavoratori
Addio al regime emergenziale: dal primo aprile sullo smart working (Lavoro agile) cambia tutto.
Fallito il tentativo di prorogarlo tramite il Milleproroghe, i lavoratori fragili e coloro che hanno figli sotto i 14 anni non potranno più godere del lavoro agile. Un ritorno alla normalità più volte ribadito come priorità dal governo Meloni.
Cosa cambia per i privati
Fino al 31 marzo lo smart working semplificato poteva essere richiesto da dipendenti del settore privato con figli under 14 a patto che, nel nucleo familiare, non fosse presente un altro genitore non lavoratore o che benefici di strumenti di sostegno al reddito riconosciuti in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa. Oppure da lavoratori fragili con apposita certificazione medica per dimostrare la maggiore esposizione ai rischi da Covid. Con il venir meno di qualsiasi criterio di priorità nell’accesso al lavoro agile per queste categorie di lavoratori e lavoratrici tornerà a essere centrale l’accordo tra datore di lavoro e dipendente.
L’accordo, quali modalità?
Per poter continuare, quindi, a usufruire dello smart working, dopo aver negoziato l’accordo con il datore di lavoro, come previsto dall’art. 19 della legge n. 81/2017, quest’ultimo dovrà effettuare le comunicazioni telematiche necessarie per attivarlo. In caso di ritardi si rischiano sanzioni amministrative che potrebbero arrivare fino a 500 euro.
Le regole per la Pubblica Amministrazione
Nella P.A., conclusa la parentesi del diritto al lavoro agile per i fragile il 31 dicembre scorso, restano valide le misure previste dalla direttiva siglata dal ministro Paolo Zangrillo il 29 dicembre 2023: in base a questo provvedimento il dirigente responsabile, nell’ambito dell’organizzazione di ciascuna amministrazione, può “individuare le misure organizzative necessarie, attraverso gli accordi individuali per la salvaguardia dei soggetti più esposti a situazioni di rischio per la salute” attraverso lo svolgimento della prestazione in modalità agile. Cambia quindi il paradigma, non c’è più un diritto del lavoratore agile a godere di una condizione particolare, ma si crea un dovere per i dirigenti di adoperarsi affinché ci siano le misure più adeguate a garantire la protezione del dipendente. Al centro di ogni decisione resta però la necessità di considerare l’impatto che il lavoro agile ha sia sulla qualità che sulla continuità del servizio pubblico.
Smart Working (lavoro agile) e Pa: le criticità
Con la fine della pandemia molti cittadini hanno ricominciato a frequentare gli uffici pubblici, con il conseguente aumento dei tempi di attesa agli sportelli. La Cgia di Mestre ha evidenziato come nel corso del 2023 la presenza di oltre 500mila dipendenti pubblici in smart working, congiuntamente ai pensionamenti effettuati nella Pa, senza avere ricambio generazionale, ha portato a una progressiva riduzione della produttività di molte amministrazioni pubbliche che restano sotto soglia.
Le abitudini delle aziende
Mentre l’Italia va verso l’eliminazione dello smart working, il trend globale mostra un tendenza all’incremento di questa modalità di lavoro. Secondo i dati del Report del Politecnico di Milano intitolato “Smart Working: gli impatti su organizzazione e società”, pubblicato a novembre 2023, i lavoratori da remoto sono cresciuti, toccando quota 3,585 milioni, si parla del 541% in più rispetto al pre Covid. A fare da traino a questo fenomeno sono in particolare le grandi imprese, dove ne ha usufruito oltre un lavoratore su due. Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia.