È ormeggiato a Marina di Carrara da quasi due anni, ed è gestito dall’Agenzia del Demanio che ha speso quasi 5 milioni di euro per pagare la manutenzione e parte dell’equipaggio
Ormai gli abitanti di Marina di Carrara, in Toscana, non fanno più caso al profilo imponente dello yacht Scheherazade, sequestrato quasi due anni fa dalla Guardia di Finanza. Appartiene formalmente alla Bielor Asset Ltd dell’oligarca russo Eduard Khudaynatov, che secondo diverse inchieste giornalistiche è un prestanome del presidente russo Vladimir Putin: qui in effetti tutti lo chiamano “lo yacht di Putin”.
Percorrendo in auto via XX Settembre, la strada che collega Carrara al mare, lo Scheherazade è visibile a una certa distanza prima di arrivare al porto. Visto da vicino è ancora più imponente. È ormeggiato a una delle banchine di Italian Sea Group, una delle aziende nautiche più importanti in Italia che si sta occupando di mantenerlo in buone condizioni. È un lavoro continuo e piuttosto costoso per lo Stato italiano: la spesa è arrivata a quasi cinque milioni di euro e aumenterà con il passare del tempo.
Il molo a cui è ormeggiato lo Scheherazade è di fronte al bar del club nautico di Marina di Carrara, dove non è raro imbattersi in qualche curioso arrivato apposta per fotografarlo. Lo yacht è lungo 140 metri, ha 6 piani e 22 grandi cabine di lusso con bagni in marmo, una strumentazione all’avanguardia, due piattaforme per l’atterraggio di elicotteri, un piccolo cinema, una sala da ballo, una palestra con sauna, bagno turco e una sala di crioterapia. Gli interni sono stati progettati dal designer francese François Zuretti. Secondo diverse stime è costato intorno ai 700 milioni di euro.
È stato sequestrato il 6 maggio 2022 dalla Guardia di Finanza in seguito a un decreto d’emergenza del ministero dell’Economia. È un sequestro conservativo, o “congelamento”: non serve a evitare che una persona indagata inquini le prove o a interrompere un reato.
Il congelamento invece pone un vincolo: i beni congelati non possono essere né messi all’asta né assegnati a comunità e associazioni come accade per i beni sequestrati alla mafia. Restano di proprietà delle persone a cui sono stati requisiti, e nessuno può utilizzarli: se per esempio un istituto finanziario mette in atto qualche operazione con il denaro presente su un conto congelato, commette un reato. Non si può parlare nemmeno di confisca, una pena definitiva che può essere stabilita solo dopo una sentenza di condanna.
Lo Scheherazade batte bandiera delle isole Cayman e nelle estati del 2020 e del 2021 è stato segnalato a Sochi, sul mar Nero, proprio dove Putin ha trascorso lunghi periodi durante la pandemia. Indagini fatte negli Stati Uniti hanno accertato che lo yacht è intestato alla Bielor Asset, una società offshore delle isole Marshall.
Pochi giorni dopo l’invasione russa in Ucraina, in seguito alle prime sanzioni introdotte dai paesi occidentali, la Bielor Asset ha cambiato amministratori. Alla guida dell’azienda è stato nominato Eduard Khudaynatov, un oligarca molto vicino al presidente russo. In passato Khudaynatov aveva lavorato per l’azienda energetica Gazprom per poi diventare l’amministratore delegato del gruppo petrolifero Rosneft, nel 2010. Khudaynatov è entrato nella lista degli imprenditori sanzionati dall’Unione Europea soltanto il 3 giugno 2022: oltre allo Scheherazade gli erano stati intestati altri due yacht di lusso, l’Amadea sequestrato negli Stati Uniti e il Crescent in Spagna.
Come avviene sempre in casi simili, il ministero dell’Economia ha affidato il congelamento dello yacht al Csf, il Comitato di sicurezza finanziaria del ministero dell’Economia e delle Finanze, presieduto dal direttore generale del Tesoro e composto da 15 membri che arrivano da vari ministeri, istituti pubblici finanziari e forze dell’ordine.
La gestione del bene congelato spetta invece all’Agenzia del Demanio, l’ente pubblico che gestisce il patrimonio immobiliare dello Stato. Secondo il decreto legislativo 109 del 2007, l’Agenzia del Demanio può nominare un custode o un amministratore che si occupi del bene congelato. Il congelamento dura sei mesi, «rinnovabili nelle stesse forme fino a quando ne permangano le condizioni». Le risorse economiche congelate non possono essere spostate o utilizzate per ottenere «fondi, beni o servizi».
All’Agenzia del Demanio spetta anche la «custodia, l’amministrazione e la gestione delle risorse economiche oggetto di congelamento», e quindi anche la spesa per il mantenimento e la conservazione dei beni. Le spese per lo Scheherazade sono significative. Va pagato lo stazionamento in porto, oltre a una parte di equipaggio: serve almeno un comandante, un tecnico macchinista, un motorista e personale dedicato alla cura e alla gestione degli interni. Se rimanesse completamente incustodito potrebbe essere danneggiato dalla ruggine e dalla muffa. Di tanto in tanto vanno azionate le eliche e vanno controllati gli ormeggi per evitare rotture in caso di vento forte. Negli ultimi mesi lo yacht ha avuto bisogno anche di interventi di refitting, cioè la riparazione dello scafo e il rinnovo degli interni.
Lo scorso novembre Marina Pevchikh, dirigente della Fondazione anticorruzione FBK – la più celebre tra le organizzazioni fondate dall’oppositore russo Alexei Navalny – ha pubblicato un tweet per denunciare la scomparsa dello yacht dal cantiere navale dell’Italian Sea Group a Marina di Carrara. In realtà lo Scheherazade era stato solo spostato in un’area coperta per alcuni interventi di manutenzione, che non sono ancora conclusi: parte della poppa, la parte posteriore della barca, ha bisogno di essere riverniciata perché danneggiata.
Secondo diverse stime, gli interventi sono costati allo Stato italiano quasi cinque milioni di euro. Non è possibile ricostruire la spesa con precisione perché le informazioni del CSF e dell’Agenzia del Demanio sono coperte da segreto. Interpellata, Italian Sea Group ha confermato soltanto che sono in corso lavori di refitting, senza rivelare particolari in merito agli interventi necessari e ai costi. Nel tardo pomeriggio di un giorno di inizio febbraio tutte le luci erano accese, su tutti i piani, anche se all’interno non sembrava esserci nessuno.
La legge prevede che quando lo yacht sarà restituito il proprietario dovrà risarcire lo Stato italiano per le spese sostenute. L’Agenzia del Demanio ha infatti «diritto di recupero nei confronti del titolare del bene in caso di cessazione della misura di congelamento». Ogni tre mesi, l’Agenzia del Demanio deve inviare al CSF una relazione sullo stato del bene congelato.
Lo Scheherazade tuttavia è soltanto uno dei beni sequestrati agli oligarchi russi. A Trieste è ormeggiato il Sy A, uno yacht a vela disegnato da Philippe Starck del valore di circa 530 milioni di euro. È di proprietà di Andrey Igorevich Melnichenko, principale azionista e membro dei consigli di amministrazione del produttore di fertilizzanti EuroChem e della società energetica Suek. Il suo mantenimento è perfino più costoso rispetto a quello dello Scheherazade: si stima che finora lo Stato abbia speso 15 milioni di euro. Nella lista ci sono poi il Lena, che vale 50 milioni di euro, il Lady M da 65 milioni, il D2 da 3 milioni.
Al giornalista Vladimir Solovyev sono state congelate 19 proprietà immobiliari sul lago di Como, soprattutto ville. A Porto Cervo, in Sardegna, sono state sequestrate villa Pucci, villa Fabbri, villa Primavera e villa Dolce Drago: sono dell’oligarca Viatcheslav Moshe Kantor. È invece di Alexei Mordashov un complesso immobiliare ora congelato a Olbia, in località Portisco, del valore di circa 105 milioni di euro. Mordashov è, secondo Forbes, l’uomo più ricco di Russia, con un patrimonio stimato di 29,1 miliardi di dollari. È azionista di maggioranza del gruppo dell’acciaio Severstal.
La Guardia di Finanza ha sequestrato diverse altre ville in Sardegna, in Toscana, a Portofino e a Roma, tutte proprietà di oligarchi o persone legate a imprenditori russi. Nella lista delle proprietà congelate ci sono anche alcune aziende. In totale sono stati congelati beni per un valore di poco più di 2 miliardi di euro.
Il mantenimento di yacht, ville e aziende costa ogni anno alcune decine di milioni di euro allo Stato italiano. L’Agenzia del Demanio potrebbe utilizzare utili eventualmente prodotti dai beni per pagare le spese di manutenzione, ma tutti i beni congelati risultano inutilizzati: non garantiscono entrate, e per questo le spese vanno coperte con un fondo stanziato nel bilancio dello Stato.
L’Italia non è il solo paese alle prese con questo problema. Secondo la Commissione Europea, in totale sono stati congelati beni per 269 miliardi di euro. Negli ultimi mesi i funzionari dei paesi del G7, di cui fa parte anche l’Italia, hanno iniziato a discutere di cosa fare di tutti questi beni, compresi i conti correnti di investimenti russi in Europa. Si è ipotizzato, per esempio, di utilizzarli come garanzia per ottenere prestiti bancari per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Finora, tuttavia, alle ipotesi non sono seguite trattative più concrete per via delle possibili ritorsioni della Russia, che si è detta pronta a sequestrare a sua volta beni occidentali.
Redazione Il Post