La battaglia tra Enel e ambientalisti per la centrale tra Abruzzo e Molise

Il progetto di espansione dell’impianto idroelettrico, che riguarda anche un parco nazionale, è stato dimezzato dopo il no di Comuni e dei cittadini preoccupati per l'impatto sulla natura. Ma per chi protesta non è abbastanza. E in campo scende anche l’abate di Montecassino

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«Non più una potenza da 300 megawatt, ma di 150. L’oscillazione del livello d’invaso passerà da cinque a 2,5 metri. I volumi di scavo da 1 milione di metri cubi a 600 mila. I materiali rocciosi saranno riutilizzati. Lo scavo avverrà al di sopra del livello di falda con la riduzione delle aree di cantiere, da 8 a 3, e dei tempi. Niente più esplosivi per i lavori in galleria (ma verrà utilizzata una talpa Tbm, una fresa) e taglio boschivo ridotto del 95%. Il nuovo progetto è assolutamente diverso da quello iniziale. Noi ci crediamo. Quanto al resto, non commentiamo». Così Enel Green Power fa sapere che cambia decisamente pelle, ridimensionandosi, il progetto presentato quest’estate di una mega-centrale idroelettrica da realizzare al confine tra Abruzzo e Molise. Per la precisione, tra il lago di Alfedena (L’Aquila), quello di Castel San Vincenzo (Isernia) e Pizzone. Il piano prevede l’ampliamento della centrale già esistente in quest’ultimo centro molisano, anch’esso in provincia di Isernia: non a caso, il nome tecnico conferito all’opera è “Pizzone II”.

Si prevedeva lo scavo di chilometri di gallerie nelle montagne delle Mainarde e l’attraversamento del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Zone di grande suggestione naturalistica e attrattività turistica. Ma anche in seguito alle proteste di diversi Comuni e di un comitato di ambientalisti e cittadini, la società del gruppo Enel è tornata sui suoi passi. Attenuando drasticamente, anzi dimezzandola, la portata dell’opera e quindi le sue ripercussioni potenziali. Già a settembre aveva deciso, in autonomia, di sospendere la procedura della valutazione di impatto ambientale in itinere al ministero: lo stand-by di quattro mesi scadrà a inizio 2024. Subito dopo ha intrapreso un fitto giro di incontri con le istituzioni e gli stakeholder locali: se ne sono svolti a decine e il calendario ripartirà a gennaio. Strada facendo, Enel ha inglobato osservazioni e rilievi che hanno portato a fine novembre alla completa rimodulazione del progetto. Risultano perciò scongiurati, se mai la contestata struttura vedrà alla fine la luce, i paventati tourbillon di tir ed escavatori, «lo sbancamento delle valli e l’impoverimento delle acque sottostanti e degli ecosistemi», come scrivevano gli attivisti.

Eppure i pezzi di società civile che si sono organizzati nel coordinamento permanente “No Pizzone II” vanno avanti nella lotta. Per loro, l’opera resta comunque invasiva. Pericolosa per la flora e la fauna, l’economia indigena, la tenuta sismica e idrogeologica, la valorizzazione turistica di gioielli misconosciuti e compromessi dallo spopolamento, addirittura per la stessa salute pubblica. Dopo il dietrofront di Enel Green Power, hanno così bocciato di nuovo e categoricamente il progetto: «L’Enel ha presentato in pompa magna la sua rivisitazione», proiettandola «come un’opera ecocompatibile e innovativa. Ma si tratta di un tentativo disperato di far passare la realizzazione di un impianto inutile e dannoso per il nostro ambiente, semplicemente ridimensionandolo nella portata. Le ragioni della nostra contrarietà restano tutte in piedi. Siamo oramai giunti a una sostanziale e implicita ammissione di errore da parte di chi ha ideato questo scellerato progetto. Il giusto e dignitoso epilogo di questa triste vicenda non può essere che il definitivo ritiro del piano in toto. L’alta valle del Volturno è troppo preziosa e bella per essere infangata in nome di interessi e ragioni che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo e il futuro della nostra terra».

Questi sarebbero luoghi, come aveva lamentato il sindaco di Rocchetta al Volturno (Isernia), «già molto penalizzati dalle opere a scopo idroelettrico». A ottobre si era unito al coro dei ribelli pure don Antonio Fallica, abate di Montecassino (Frosinone): l’antica abbazia di San Vincenzo al Volturno, che si trova in Molise tra Castel San Vincenzo e Rocchetta, ai piedi delle Mainarde, è infatti sotto la sua giurisdizione ecclesiale. Il priore ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «I tesori di un territorio sono ricchezza di tutti, immediata testimonianza della infinita munificenza di Dio. Tutti i suoi figli sono chiamati a godere del privilegio di abitare la Terra, rispettandola come “casa comune”. L’imponenza del giro di danaro in gioco non deve far tacere o avvelenare le coscienze. I piani strategici per l’autonomia energetica e la transizione ecologica, pur sacrosanta, vanno mirati a risanare il degrado e non a degradare certificati modelli di integrità».

Il primo a respingere al mittente l’idea della nuova centrale, rilasciando il suo parere negativo ufficiale, era stato il direttore dell’Ente parco nazionale d’Abruzzo Luciano Sammarone: «L’area interessata ricade nel perimetro del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, territorio sottoposto, ai sensi della legge quadro sulle aree protette, a uno speciale regime di tutela e di gestione» e «tale destinazione preclude ogni ipotesi di modificazione del regime delle acque». Adesso però Enel Green Power assicura che i cantieri saranno esterni al Parco. Hanno continuato tuttavia ad aggregarsi nella battaglia parecchi Comuni abruzzesi e molisani, Legambiente, guide escursionistiche, associazioni varie e una raccolta firme su change.org che vola verso le 40 mila sottoscrizioni. Durante un’assemblea pubblica, alcuni cittadini del luogo hanno chiesto ai tecnici venuti da Roma: «Ma con tanti posti, perché ancora qui?».

Redazione L’Espresso
di Maurizio Di Fazio

 

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