Quattro anni, due di manutenzione, per 9.000 ore (pari a 320 ore al metro quadro) e circa 600 mila euro di investimento.
Sono i numeri del restauro dell’Assunta di Tiziano Vecellio, situata nella basilica dei Frari a Venezia, che si è concluso ed è stato presentato oggi.
A finanziare il progetto è stata Save Venice, che grazie al suo impegno è riuscita a offrire un radicale intervento per la messa in sicurezza del dipinto di 28 metri quadri, oltre a cornice lapidea e pala lignea.
L’ultimo degli interventi subiti dall’opera è stato svolto materialmente da tre restauratori che hanno operato in loco: Giulio Bono al dipinto, Egidio Arlango alla cornice lapidea e Roberto Saccuman alla pala lignea.
Uno dei problemi affrontati è stato quello dello smontaggio dell’organo, visto che una delle componenti che rischiavano di mettere in pericolo il capolavoro artistico erano proprio le vibrazioni derivanti dal vicino strumento musicale.
Tra le novità principali emerse da questo restauro, vi sono due angeli nei “pennacchi” ai lati della cornice lapidea. Il direttore dei lavori, Giulio Manieri Elia, ha sottolineato che «c’erano già stati quattro interventi, nel 1816, 1906, 1964 e 1974 oltre ad altri più antichi. Sono state utilizzate nuove generazioni di solventi più blandi. L’elemento centrale era il colore, gli interventi passati erano stati uniformati con una patina che, tolta, ha valorizzato il rosso nelle sue diverse declinazioni, facendo emergere il ‘quasi rosa’ della tonaca. C’è una ricchezza cromatica che permette di trovare una spazialità corretta, ridando luce al dipinto e collocandola correttamente anche dal punto di vista religioso”.
Il direttore ha poi sottolineato il problema dei tarli, “il problema costante di una tavola in legno; danneggiano la tavola che era stata bonificata sia nel ’64 che ’74. Dall’organo si diffondevano sulla pala, e proprio dall’organo con le note più gravi, basse, si è visto che c’erano vibrazioni che potevano creare danni. Per questo si è deciso di smontarlo, visto che la pala era molto vicina. E ci sono volute sette persone per un mese”.
Sono stati utilizzati i classici “cotton fioc” per il dipinto, che, come ha spiegato Bono, a seconda della difficoltà e degli spessori da recuperare richiedeva più passaggi.
La Soprintendente alle Belle Arti, Emanuela Carpani, ha elogiato l’operato della squadra “fatta di tecnici fidati, di assoluto livello, a partire dal direttore dei lavori. Si è voluto intervenire sia su dipinto, che su pala e altare per garantire l’equilibrio tra le parti che compongono l’opera”.