I dispositivi di protezione per il Covid-19 ci fanno fare passi indietro nella guerra ai rifiuti, secondo gli esperti bisogna trovare soluzioni più sostenibili per proteggerci dalla malattia
Da quando è scoppiata la pandmeia di coronavirus abbiamo dovuto imparare a convivere con le mascherine e altri dispositivi di protezione individuale (Dpi). La maggior parte di questi sono usa e getta e per questo il loro utilizzo ha causato un forte aumento della produzione di rifiuti in Europa e in tutto il pianeta. Rifiuti che finiscono poi spesso nei mari e ngli ambienti naturali inquinandoli. Secondo le stime dell’Ocean Plastic Solutions, network di studiosi dell’Imperial College di Londra, nel solo Regno Unito si stima che ogni mese vengano gettate via circa 1.500 tonnellate di maschere e guanti.
Mascherine dappertutto
Il professor Marco Aurisicchio, che è uno dei leader dell’organizzazione Ocean Plastic Network, ha sottolineato che sia “stato un vero shock vedere come i Dpi hanno avuto un impatto sulla nostra società. Li troviamo sulla strada e ovunque. Durante il blocco, è stato davvero raro che non mi sia imbattuto in mascherine nell’erba”. Come spiega Euronews, gran parte di questi rifiuti finisce in discarica, dove ci vorranno secoli per decomporsi. Ma una grande quantità viene anche gettata a terra sul terreno, creando un enorme danno per il nostro ecosistema. North London Waste Authority (Nlwa) ha stimato che le mascherine abbiano superato sacchetti di plastica e siano diventate uno dei rifiuti più comuni. Addirittura, sempre nel Regno Unito, ne vengono gettate circa 102 milioni ogni settimana, un quantitativo che potrebbe coprire un campo da calcio 232 volte.
Materiali riutilizzabili e biodegradabili
Clyde Loakes, president della Nlwa ha detto: “Stiamo davvero incoraggiando le persone a usare mascherine riutilizzabili, durante la pandemia. Non dobbiamo dimenticare che ci troviamo sempre in un’emergenza climatica e dobbiamo fare tutto ciò che possiamo fare”. Inoltre, il professore, Jason Hallet, esperto di plastica ha ricordato che c’è un’altra opzione: i materiali biodegradabili che secondo lui potrebbero essere “la soluzione migliore a lungo termine per la futura produzione di mascherine”. “Quando penso a cose che possono cadere per terra o finire nella spazzatura, penso sia importante che abbiano una durata molto breve”, ha detto Hallett. “Cioè che si degradino in anni e non in secoli. È certamente possibile, lo svantaggio è che questi materiali costano 2-3 volte di più rispetto alla plastica ordinaria”.
Appello all’Ue
Nella primavera del 2020, durante il culmine della crisi Covid19, l’assoziazione European Plastics Converters (Eupc) ha scritto una lettera alla Commissione europea per posticipare l’attuazione della direttiva europea che limiterà l’uso della plastica. La richiesta è stata respinta. Ma dimostra che l’attività di lobbying per la plastica è ancora molto presente.