Lei si rifiuta di dargli i soldi per le sigarette, lui la uccide: ecco come è morta Marcella Boraso

La vittima, Marcella Boraso, ha vissuto in Friuli. La difesa: lui nega tutto, era come una madre

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VENEZIA. Un giovane marocchino, Wail Boulaied, 23 anni, regolare in Italia, è stato sottoposto a fermo per l’omicidio di Marcella Boraso, 59 anni. Nativa di Padova, vissuta poi a Tavagnacco a con i genitori Vilmo e Isabella e i fratelli Francesco e Isella, Marcella è morta nell’alloggio dell’Ater assegnatole nel 2007 in via Croce Rossa a Portogruaro.

Il movente? Gli inquirenti ipotizzano che la donna abbia rifiutato di consegnare dei soldi e non escludono che l’aggressore fosse sotto l’effetto di benzodiazepine (trovate in casa dell’indiziato). Ieri il procuratore Raffaele Tito ha ricostruito l’indagine lampo con il comandante provinciale di Venezia Mosé De Luchi, il maggiore Emanuele Leuzzi (Nucleo investigativo) e il luogotenente Corrado Mezzavilla (stazione di Portogruaro): l’Arma ha lavorato per tutta la notte, gomito a gomito con il pm Carmelo Barbaro.

La donna è stata rinvenuta dai vigili del fuoco, allertati mercoledì a mezzogiorno dai vicini di casa per il fumo che usciva dall’appartamento al secondo piano. Era riversa sul fianco, sul pavimento del bagno, vicino al sanitario in ceramica fracassato. Accanto alla testa, il collo di una bottiglia infranta. Sul soffitto, schizzi di sangue: tracce incompatibili secondo gli inquirenti con una caduta accidentale, si ipotizza che la vittima sia stata scagliata contro il bidet. Sulla dinamica farà luce l’autopsia, affidata oggi al medico legale Antonello Cirnelli. Introvabili le chiavi dell’alloggio: la porta blindata era stata chiusa dall’esterno a doppia mandata. Elementi che hanno orientato gli investigatori verso l’omicidio e l’incendio doloso in cucina per occultare le prove (come accelerante è stata usata la diavolina). Una vicina è stata svegliata da tre tonfi sordi, senza un grido, alle 3.33 di notte. Due minuti dopo altri due colpi.

I sospetti si sono concentrati su Boulaied, che occupa abusivamente un alloggio dell’Ater: era stato visto spesso con la vittima, pure la sera prima. Si erano conosciuti al Sert dove lei curava la dipendenza dall’alcol. Venti giorni prima Boulaied era stato trovato con l’estintore in mano nel campo di allenamento del Portogruaro calcio: dopo aver rubato un decespugliatore spegneva il fuoco appiccato a due container. Mezzavilla si è ricordato che Marcella aveva riferito che il ragazzo la infastidiva, chiedendole 5 o 10 euro per le sigarette e le aveva messo le mani addosso. Quando è stato rintracciato, 9 ore dopo il delitto, Boulaied indossava una tshirt sporca di sangue. Si è contraddetto più volte, si è agitato. In un colloquio intercettato con il fratello, è emerso che conosceva dettagli della scena del delitto (la vasca piena d’acqua, il pentolino sul fornello) noti solo ai soccorritori. Il giovane, però, «ha negato ogni responsabilità – ha ribattuto l’avvocato Marco Borella, che assiste Boulaied –. La considerava quasi la sua vera madre, si conoscevano da dieci anni. Non escludiamo l’ipotesi della caduta accidentale, lei era alterata dall’alcol, quanto alle macchie di sangue sulla tshirt riguardano un’altra vicenda». —

 

Pubblicato su Il Messaggero Veneto

 

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