Il realismo narrativo e la forza rappresentativa del teatro regionale sardo

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Un teatro si nutre di buoni testi, che riflettono drammi reali, che danno vita a personaggi sinceri, a situazioni credibili, tutto ciò è possibile anche se difficile. È arrivato quindi il tempo di riprendere un discorso sul teatro, sulle sue ragioni e sui suoi obiettivi, sulle capacità che ha la scena di rappresentare i conflitti, i problemi.

Questa è la convinzione dell’associazione ARTE di Cagliari che dal 1990 realizza il Circuito Regionale Teatro Etnico divulgando spettacoli teatrali con il proposito di “attivare nuovi processi creativi con temi e problematiche in grado di rafforzare nelle persone il senso di appartenenza alla cultura sarda” ma c’è certamente anche il convincimento che la forza di questo progetto potrebbe dare nuova linfa al teatro italiano. Era anche la convinzione dell’antropologo Michelangelo Pira che, sul finire degli anni settanta, in Sardegna, lavorò a testi come “Paska Devaddis”, la storia di una donna alle prese con la società agropastorale, una storia che si faceva tragedia. Il Circuito Regionale Teatro Etnico con il suo cartellone (sono significative le produzioni come “L‘altro Amedeo”,  “La guerra e la libertà”, “Nàrrere”, “ Oh, che bel mestiere” di Gramsc Teatro, “S’istoria de bidda, “Cagliari oh cara”, “Storia di un intellettuale” di Humus Teatro, “ Luiginu e gli altri” e “ Peppino Mereu, nato a Tonara, poeta” di Thesis), con storie in grado di esaltare il ricordo di persone che hanno rappresentato insieme quell’ansia di cambiamento e di innovazione del tessuto culturale sardo, sono vicende legate a filo doppio alla faticosa maturazione civile e culturale dei sardi, al loro percorrere la strada della democrazia e dell’autonomia “per diffondere la conoscenza del patrimonio di studio e di lotta, l’emancipazione delle classi lavoratrici e subalterne sarde”, e poter comunicare direttamente con lo spettatore sfondando la cosiddetta quarta parete per raggruppare nella propria specificità una pluralità di linguaggi artistici.

Effettivamente il teatro etnico sconta da sempre la penalizzazione di strutture precarie e spesso di finanziamenti inadeguati ed è lodevole che enti come l’assessorato regionale sardo allo spettacolo e le associazioni locali insieme all’associazione ARTE si impegnino nel piano di divulgazione delle tematiche etniche con il convincimento di voler dar vita ad un teatro regionale capace di raccontare vicende universali.

La cultura etnica può diventare strumento espressivo e polemico di emancipazione, raggiungere toni di realismo narrativo e di forza rappresentativa rivolgendosi verso l’interno della propria tradizione con un commovente bisogno di dignità economica e morale

Carmen Giordano

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