Fare una buona legge e dimenticarla. È quello che è successo con il biotestamento, la legge che consente di indicare le proprie Disposizioni anticipate di trattamento (Dat). A distanza di nove mesi, non è stato istituito il registro nazionale, obbligatorio per legge. Non è stata depositata la relazione sull’attuazione. Non è partita alcuna campagna informativa e sono pochissimi i corsi di formazione dei medici e del personale sanitario. Il risultato è che non solo non sappiamo quante Dat siano state fatte dai cittadini italiani, ma soprattutto che la dichiarazione fatta ai Comuni rischia, di fatto, di essere irrintracciabile e quindi inutile.
La banca dati e il fascicolo sanitario elettronico
L’esempio lo fa Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni: «Se sei un cittadino di Roma e ti capita un incidente a Pescara o a Salerno, il medico del pronto soccorso non solo non è tenuto a conoscere le tue volontà, ma non le può sapere. Perché non c’è il registro nazionale. Ci sarebbe, in alternativa, il fascicolo sanitario elettronico, che dovrebbe contenere tutta la mia anamnesi, volontà finali comprese. Ma naturalmente anche questo è applicato a macchia di leopardo. Il mio, per esempio, è una pagina bianca».
La diffida e il decreto attuativo
Per questi motivi i legali dell’associazione Coscioni, la stessa Gallo e Giulia Crivellini, hanno inoltrato al ministro della Salute Giulia Grillo una «diffida ad adempiere con contestuale messa in mora». Perché a lei spetterebbe la creazione di questo registro e, invece, a nove mesi di distanza dalla legge, nulla si vede. Ma come funzionano le Dat? Il cittadino può scrivere in forma libera le proprie dichiarazioni (magari facendosi aiutare dal proprio medico o scaricando un modulo dal sito della Coscioni) e poi depositarlo nel proprio Comune, dove dovrebbe esserci un ufficio apposito ( a Roma ce n’è uno, aperto ogni mercoledì). A quel punto, i dati dovrebbero confluire al registro nazionale. Che però non esiste, nonostante sia previsto obbligatoriamente. L’associazione chiede al ministero di emanare il decreto attuativo entro 30 giorni. In mancanza, avvertono i legali, procederanno con un ricorso al Tar.
La relazione e i disabili
Ma non basta. Entro il 30 aprile doveva essere trasmessa al Parlamento una relazione sull’attuazione della legge sul biotestamento. Naturalmente, non è arrivato nulla e questo impedisce di sapere i numeri di testamenti biologici depositati e la reale attuazione della legge. La Gallo è sconsolata: «Noi consigliamo di mettere una fotocopia delle Dat nel vostro documento di identità. Ma è un rimedio fai da te. Dovrebbero essere le istituzioni a garantirci. Ma non è così. Vi faccio un altro esempio. Come Coscioni siamo titolati ad agire in giudizio per conto dei disabili. E lo facciamo da anni, gratis. Prima la nostra titolarità come associazione era certificata dal dipartimento Pari opportunità. Poi hanno istituito il ministero della Famiglia e delle Disabilità. Loro dovrebbero prendere in carico il registro a cui iscriversi. Ma da un anno questo registro è in viaggio dal Dipartimento al Ministero. Un viaggio lunghissimo e assurdo, che impedisce ai disabili di avere il nostro aiuto».
L’eutanasia legale
L’associazione Luca Coscioni, che vede tra i protagonisti Marco Cappato, sarà anche in piazza per manifestare dal 10 al 12 di maggio contro l’inerzia del Parlamento sull’eutanasia legale. Il 24 settembre del 2019 la Corte Costituzionale aveva dato 12 mesi di tempo al Parlamento per approvare una legge sull’assistenza alla morte volontaria. Dopo la sospensione, lo scorso ottobre, del processo a carico di Cappato per la morte di Dj Fabo, di mesi ora ne rimangono solo 5. La Camera è ferma alle audizioni legali. Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti non hanno ritenuto opportuno far sapere la loro opinione sul tema. E, anche su questo, tutto tace.
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