Mentre si cercano i dispersi e si avviano le indagini, si cercano soluzioni per gli abitanti delle case sotto il ponte, evacuate subito dopo il crollo. Il progetto di abbatterle getta i residenti nello sconforto, nonostante le promesse di nuovi alloggi. Domani i funerali di Stato per le vittime ritrovate finora.
«Sarà difficile, quelle case non si possono salvare perché sono sotto un ponte che potrebbe essere abbattuto. Ho seri dubbi che le case possano essere mantenute. Ai cittadini sarà data una casa nuova». Parole dure pronunciate dal primo cittadino di Genova Bucci. La zona rossa, sotto il Morandi è ampia ed estesa. Al minimo accenno di avvicinarsi scattano gli uomini delle forze dell’ordine per farci indietreggiare il prima possibile. Qui sotto c’è un intero quartiere, un dedalo di vie, con esercizi commerciali, bar, e alloggi. Tanti alloggi che si elevavano sotto il ponte come per abbracciarlo. Per sorreggerlo. E a seconda di dove si guarda pare che il fondo stradale del ponte, o meglio di quello che è rimasto del viadotto entri negli alloggi, si appoggi sui tetti o corra sui terrazzi delle abitazioni.
E’ un gioco di prospettive curioso che le ombre ingigantiscono e rendono purtroppo ancora più spaventoso. Qui sotto ci sono le persone che col contagocce vengono accompagnate nelle loro abitazioni dai vigili del fuoco. Vanno a prelevare qualcosa per domani. Una valigia con qualche abito per il cambio, la biancheria intima, le medicine. E’ una processione lenta, penosa. Come il lentissimo incedere di Gianna, oltre gli 85 anni, col casco giallo in testa, e sorretta da un robusto vigile. Piange guarda una casa appresso all’altra, come se non ricordasse dov’è la sua. Poi scompare dentro ad un portone. Uscirà parecchio tempo dopo con una sola borsa di plastica tenuta nella mano sinistra tremolante. Dentro ha solamente un golfino. Sono tante, davvero tante qui sotto le persone che premono per poter raggiungere il proprio alloggio. E agli uomini delle forze dell’ordine il penoso compito di dire «tu si, no tu aspetta. Si vai».
Nel caos ordinato tra gli sfollati che vogliono sapere dove dovranno passare la notte, due auto cariche di frutta, di latte di biscotti. Si fermano e due signore invitano chi vuole a rifornirsi. Un piccolo aiuto. La gola è prosciugata dalle tante parole dette, dalla troppa polvere. Dalla tosse secca che brucia. «In quella casa c’è la mia vita» dice una ragazza. C’è chi viveva nei condomini evacuati coi genitori disabili e chi denuncia: «Sono anni che non dormiamo la notte a causa di lavori al ponte. Abito sotto il ponte. Ho con me solo due vestiti per cambiarmi e basta». Marco è drastico: «L’ho sempre detto: qui prima o poi succede qualcosa. È dal ’90 che lo riparano. Sono tre anni, poi, che non dormiamo la notte perché ci sono sempre questi aggiustamenti con le gru. Non so cosa abbiano fatto, ma alla fine è successo quel che ho sempre previsto». Luisa abita in uno dei condomini sfollati «Ci hanno fatti uscire ieri. Mio papà è disabile. Ora è stato ricoverato in una struttura cittadina e io sono in attesa di rientrare in casa per prendere lo stretto indispensabile, come vestiti e medicine» e poi c’è chi è un po’ meno crucciato perché dice oggi li hanno fatti rientrare per prendere il minimo di cui hanno bisogno.
«Mio suocero ha necessità di medicine che sono difficili da reperire soprattutto in questo periodo festivo. E’ anziano e con gravi problemi di salute e le sue medicine sono rimaste in casa». Gli sfollati sono costantemente seguiti sia dalla Protezione civile che dai Vigili del fuoco con un impegno straordinario, ma qui si respira una tristezza indicibile. Mentre un silenzio surreale avvolge ogni persona, ogni cosa. Abbraccia ogni situazione. Qualunque la si incontri. Nei centri che accolgono gli sfollati più a rischio il dramma si ripete come qui, sotto il Morandi. E’ palpabile il dramma vissuto, lo si legge negli occhi di chiunque. In Piero omone robusto e vissuto, come in Melody che tiene stretta tra le braccia una bambola e domanda continuamente alla mamma «e ora cosa facciamo, dove ci portano?».
Il numero degli sfollati secondo fonti del governo è pari a 664 unità, per 331 nuclei familiari. Intanto si è saputo che saranno 45 gli alloggi di Arte Genova (l’istituto delle case popolari) e del Comune che da lunedì verranno messi a disposizione per altrettanti nuclei familiari sfollati. Altri 300 verranno predisposti entro due mesi. Lo hanno confermato il presidente della Regione Liguria, il sindaco Bucci, l’assessore regionale all’Urbanistica Scajola e comunale all’Edilizia Piciocchi. L’obiettivo è dare «una risposta immediata ai 311 nuclei familiari sfollati. Gli alloggi individuati sono ‘vicini’ alla zona del crollo in quartieri come Sampierdarena o Rivarolo, ma anche a Pegli. La prima tranche di alloggi sarà assegnata ai nuclei familiari con bambini, anziani o persone fragili. Sabato 18 agosto il presidente Toti e il sindaco Bucci consegneranno al presidente del Consiglio Giuseppe Conte l’elenco delle ulteriori 300 abitazioni individuate per le quali verrà richiesto un finanziamento straordinario per ristrutturarle. Si chiude così la terza triste giornata di Genova ferita e offesa, mentre il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, insieme ai suoi magistrati sta lavorando a tre ipotesi di reato: non solo disastro colposo e omicidio colposo plurimo, ma anche attentato alla sicurezza dei trasporti. Certamente, spiega Cozzi, «si può parlare di accidentalità in caso di eventi eccezionali, e qui non è caduto nessuno asteroide sul ponte. Non si può parlare di fatalità».