Bullismo a danno dei ragazzi disabili, aumentano i casi

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È un fenomeno ancora poco studiato e nelle statistiche ufficiali le vittime sono ‘invisibili’. In seguito a un’indagine condotta dal progetto nazionale “Inclusi. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno”, su un campione di 612 studenti di diverse scuole italiane, nascono nuove attività formative

Il bullismo, nonostante la capillare opera di sensibilizzazione fatta negli ultimi anni sul tema, rimane uno dei più grandi ostacoli da superare nell’ambito scolastico. Casi di bullismo e, soprattutto, cyber bullismo continuano a verificarsi nelle scuole di ogni ordine e grado e i provvedimenti intrapresi dai docenti e dai dirigenti scolastici sembrano essere soltanto dei palliativi momentanei per un fenomeno diffusissimo, difficile da arginare. La questione si aggrava ulteriormente se i soggetti in questione sono ragazzi con disabilità, che subiscono episodi di violenza verbale, fisica o psicologica che passano poi in sordina.

I ragazzi da un lato si rendono conto che troppo spesso sottovalutano il problema e dall’altro cercano negli insegnanti una soluzione, riconoscendo in loro il ruolo di educatori necessari nella prevenzione e nel contrasto del bullismo in classe, usando gli strumenti del dialogo e della condivisione, al posto delle punizioni.

È quanto emerge dall’indagine esplorativa condotta da Inclusi. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno”,  progetto triennale selezionato da “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che coinvolge organizzazioni del Terzo settore in tutta Italia nel promuovere una scuola e un territorio equi e accessibili a tutti.

Secondo i dati Istat 2015, metà degli studenti di 11-17 anni è stata vittima di bullismo da parte dei propri coetanei con offese verbali, derisione per l’aspetto fisico o il modo di parlare, esclusione dal gruppo a causa del proprio credo o delle proprie opinioni, fino alla violenza fisica. Un fenomeno più aspro quando si entra nell’ambito del cyber bullismo, che nasce da una dinamica di gruppo, dove i soggetti coinvolti si sostengono reciprocamente e gli attori principali non sono solo il ‘bullo’ e la ‘vittima’, ma l’intero gruppo classe, insegnanti inclusi.

Ancora poco indagato è invece il fenomeno del bullismo legato alla disabilità. «Nelle statistiche ufficiali i bambini e i ragazzi con disabilità sono ‘invisibili’, eppure qualsiasi condizione di disabilità espone lo studente a un maggior rischio di essere vittima del bullismo, in particolare in quei contesti classe in cui non si creano le condizioni per comprenderla» commenta Giovanni Merlo, direttore di Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) che fa parte del progetto Inclusi. «Chi compie atti di bullismo verso le persone con disabilità risponde in genere alla necessità di ‘proiettare’ sull’altro, e quindi allontanare da sé, le proprie fragilità».

All’interno del progetto Inclusi, le organizzazioni partner hanno condotto un’indagine nel campo inesplorato della stretta corrispondenza tra bullismo e disabilità, proponendo – durante lo scorso anno scolastico – una serie di attività educative di taglio laboratoriale a un campione di 612 studenti di 10 scuole (secondarie di primo grado e corsi di formazione professionale) e 1 centro di aggregazione giovanile, in 8 città (variando tra grandi e piccoli centri urbani) di 4 regioni italiane: Lombardia, Marche, Lazio e Campania.

Le attività proposte si basano su strumenti formativi che hanno messo i ragazzi nella condizione di gioco per esprimere le loro capacità empatiche, gli orientamenti valoriali e il grado di consapevolezza delle azioni. Alcuni esempi di queste attività educative: circle time (gruppo di discussione in cerchio dove ognuno può esprimere la sua opinione), role playing (interpretazione di ruoli), drammatizzazioni e, non ultimo, un questionario a cui i ragazzi hanno risposto mettendosi di fronte a situazioni verosimili di bullismo, elaborate a partire da casi reali, nei confronti di ragazzi con disabilità.

Dall’insieme delle attività emerge con chiarezza il punto di vista dei ragazzi che oltretutto, nonostante il piccolo campione, conferma il lavoro bibliografico fatto in precedenza: i ragazzi credono che gli insegnanti possano fare la differenza e chiedono loro di intervenire non con un atteggiamento punitivo ma impegnandosi in una vera educazione alla diversità e di superare lo stereotipo del ‘bullo cattivo’ e della ‘vittima indifesa’. È questa infatti una rappresentazione che, anche quando si fonda su dati reali, si rivela inadeguata perché non considera il contesto ambientale, sociale e culturale. Il bullismo invece, in quanto fenomeno dinamico-relazionale, può essere contrastato considerando gli elementi positivi dell’intero contesto classe, come la coesione e la presenza di leader positivi.

Conclude Merlo sintetizzando le risposte dei ragazzi: «La richiesta che viene posta agli adulti è quella certamente di esserci, di essere coerenti e affidabili, di essere i primi a credere che il bullismo, anche quando coinvolge i ragazzi con disabilità, non sia un fenomeno ineluttabile e quasi ‘naturale’. Un fenomeno che si può prevenire, contrastare e risolvere: più con le riflessioni che con le punizioni, più lavorando per avvicinare al posto che separare».

Le attività proposte da Inclusi, pongono le basi per organizzare attività specifiche nelle scuole, riservate agli insegnanti, sulla prevenzione del bullismo legato alla disabilità, per capire quali sono i comportamenti che possono contrastare in modo efficace le situazioni di bullismo e quelli che invece possono facilitarli, per conoscere le diversità e saperle includere.

Tutte le attività del progetto sono state elaborate e realizzate, con il coordinamento di Ledha, dalle seguenti organizzazioni territoriali: Apriti Sesamo di Roma, Consorzio SIR e Spazio Aperto Servizi di Milano, La Rete di Ascoli Piceno, La Rada di Salerno e la Fondazione di culto e religione Vaticano II di Porto Recanati.

Redazione Famiglia Cristiana

 

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