Manifestazione degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione: “Siamo figli di un Dio minore”

I precari della scuola protestano in piazza Salotto con un flash mob chiedendo l'inserimento sotto il ministero dell'istruzione e del merito

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Un momento del raduno odierno

di Massimo Giuliano – Il Pescara

Per descriversi usano una frase emblematica: “Siamo tutti figli di un Dio minore. Sono gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, che oggi pomeriggio hanno tenuto un flash mob in piazza Salotto per protestare contro la loro condizione di precarietà e incertezza nel mondo della scuola. La mobilitazione è stata promossa contemporaneamente in tutta Italia con l’obiettivo di sensibilizzare verso le problematiche dei professionisti che si occupano di accompagnare nella comunicazione e nell’inserimento i ragazzi beneficiari della 104, cioè gli alunni con disabilità più fragili.

Gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione non dipendono dal ministero dell’istruzione e del merito, come invece avviene per i docenti e i bidelli, ma dalle cooperative. Ed è qui che scende in campo il Misaac, ossia il Movimento per l’internalizzazione e la stabilizzazione degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, che chiede “il nostro internamento nel Mim come già avviene per i docenti”, spiegano le componenti del comitato. “Ci chiedono gli stessi requisiti di un docente, ma veniamo controllate da cooperative che gestiscono il nostro prezzo e il nostro profitto. Siamo pedine di questo sistema. Molte persone non si espongono per paura di essere ricattate”.

Il Misaac si rivolge pertanto al governo affinché approvi il disegno di legge 236 del 2022 che riguarda proprio l’introduzione del profilo professionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione nei ruoli del personale scolastico: “Veniamo da una settimana importante perché ci sono state anche delle audizioni in Senato. Speriamo che ora questo ddl diventi legge. Chiediamo di essere passati sotto il Ministero, e ci teniamo a dire che siamo apartitici. Vogliamo soltanto l’introduzione, nell’organico scolastico, di una figura che deve dare continuità di servizio: noi ci occupiamo di inserimento e autonomia, e se ci sono delle interruzioni si rischia che poi i ragazzi non ci capiscano più niente”.

Oltre alle questioni di carattere didattico c’è anche un nodo legato alla retribuzione: “A Pescara la tariffa è di 10 euro l’ora – ci spiegano – ma già in altre città il compenso è inferiore. Inoltre, quando non si tengono le lezioni, come ad esempio in estate o anche solo se i ragazzi fanno sciopero, non prendiamo un centesimo. I nostri contratti, e con essi i diritti, sono di fatto inesistenti, finti, inapplicati e sistematicamente violati da chi scarica su di noi persino il rischio di impresa. Spesso succede che i nostri colleghi decidano di lasciare questo lavoro o di andare all’estero, dove in proporzione si viene pagati molto di più. Negli anni la nostra figura si è evoluta solo dal punto di vista professionale, non di certo da quello remunerativo. Il risultato è che in Italia i servizi vanno a scendere sempre più. Ciò non è accettabile. Con questo decreto chiediamo di essere passati sotto il ministero, che consideriamo la nostra casa madre, l’unica a cui sentiamo di appartenere”. E concludono: “Questo flash mob in tutta Italia è soltanto il primo step. Se la situazione non dovesse evolversi, penseremo ad altre azioni”.

 

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