di Annalisa Fregonese
Per riuscire a dialogare con Rita, 15 anni, sorda dalla nascita, i suoi compagni di classe hanno imparato la lingua dei segni. Pure gli insegnanti si sono impegnati per apprenderne i rudimenti, per strutturare un percorso formativo apposito per Rita.
Risultato: la studentessa è felice, perfettamente in linea con il programma scolastico e proiettata verso un futuro di autonomia. «L’alternativa – spiega Marula Furlan, tutrice di Rita – era un “parcheggio” in una scuola e poi in un centro diurno per disabili. E non è giusto, anche solo sul piano economico. Rita e tanti ragazzi come lei, hanno dentro molte risorse in grado di renderli autonomi. Perchè li dobbiamo trasformare in un peso a carico della società? Nel mio caso specifico alla tenacia della nostra famiglia si è aggiunta una scuola, appunto l’Engim, che ha raccolto la nostra richiesta, con grandissima disponibilità si è messa alla prova ed i risultati sono arrivati».
Per dirla con il linguaggio burocratico, Rita è una ragazza “certificata”, è confermato che deve avere un insegnante di sostegno a scuola.
Il percorso scolastico per una ragazzina sorda
«Questa figura non è prevista, per legge, nei centri di formazione professionale prosegue Furlan – C’è nei licei, negli istituti professionali dove però il percorso di studi è impegnativo e lungo, non adatto a un giovane come Rita. Conoscevo l’istituto Brandolini per averlo frequentato, sapevo che l’Engim ha un’ottima reputazione. All’inizio avevano respinto la nostra richiesta, non avendo l’insegnante di sostegno. A quel punto abbiamo deciso di mettere a disposizione della scuola l’educatore che lo Stato ci passa per Rita. Risultato: Rita che era uscita provata dalle scuole medie, con una brutta esperienza, che in una qualunque altra scuola sarebbe andata in frustrazione con un crollo totale dell’autostima, al corso professionale è rinata: è felice, è stata accolta da insegnanti e compagni, porta orgogliosa a casa i prodotti del suo lavoro che vengono consumati in famiglia e mostrati con orgoglio ad amici e parenti». «E’ stata una bella sfida – riferisce Alberto Pessa, portavoce di Engim Brandolini – ci siamo impegnati tutti e questo primo percorso di studi ha avuto ottimo esito. I suoi compagni hanno imparato la lingua dei segni, pure gli insegnanti si sono messi in gioco volendo comunicare con lei. Rita ha un percorso di apprendimento personalizzato, messo a punto con lei.
È una ragazzina positiva, tanto che fa da traino alla classe. I suoi compagni non si sono fatti tanti problemi». Fra paste frolle e bignè, la ricetta che Rita ama sopra tutte è quella della pizza. Ne sta studiando una da replicare in Kenya, dove tornerà quest’estate perchè ha mantenuto contatti con il suo paese d’origine.