L’inclusione nella scuola a distanza: “Il ministero chiarisce, ora si metta in pratica”

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Il Coordinamento italiano degli insegnanti di sostegno legge e commenta la nota con cui il ministero chiarisce in che modo debba essere garantita l’inclusione scolastica anche con la didattica a distanza. Chiocca: “Il gruppo rischia di non essere più eterogeneo, se costituito solo da coloro che vengono individuati come scolasticamente fragili”

ROMA – L’inclusione degli studenti con disabilità deve essere garantita attraverso la presenza in classe di un gruppo eterogeneo: lo ribadisce il Coordinamento italiano degli insegnanti di sostegno, che accoglie con favore la nota ministeriale 1990/2020, la quale offre chiarimenti in merito all’applicazione delle disposizioni governative, contenute nel Dpcm 3/11/2020.

“Nel richiamare il principio guida del ‘diritto allo studio garantito a tutti gli alunni della scuola italiana’, la nota interviene su una questione che, in questi giorni, ho più volte affrontato – ci spiega Evelina Chiocca, presidente del Ciis – Come garantire condizioni di reale inclusione in questa situazione particolarmente critica e altamente complessa, nel momento in cui si passa dalle attività in presenza a quelle a distanza? In realtà – precisa Chiocca – il ministero aveva già fornito delle indicazioni nel Piano scuola del 2020-2021, prevedendo, a fronte di una eventuale sospensione delle attività didattiche, la frequenza in presenza, purché in condizioni di reale inclusione, sia degli alunni con disabilita che degli alunni e studenti figli di personale sanitario o di categorie di lavoratori, le cui prestazioni sono essenziali per la popolazione (dm 39/2020); principio ripreso nel dm 89/2020”.

Dalle parole ai fatti: le classi-ghetto

Il problema è stato l”interpretazione e sopratutto l’applicazione pratica di quanto previsto dal ministero: “Molte scuole si sono attivate accogliendo unicamente alunni con disabilità ed escludendo gli altri, offrendo progettualità che hanno riportato alla luce le classi differenziali, abolite nel 1977 dalla legge 517 – osserva Chiocca – Ma queste classi-ghetto possono essere la risposta corretta alle indicazioni ministeriali che sollecitano a garantire ‘condizioni di reale inclusione’? Come Ciis, associandoci alla Fish, abbiamo espresso la nostra preoccupazione in merito alla ricostituzione delle classi differenziali e al rischio che una deriva di questo tipo comporta, dopo anni di faticose conquiste – ricorda Chiocca – La nota ministeriale 1990/2020 in buona parte prova a far luce su queste incertezze ed errate interpretazioni, ricordando che non è sufficiente la sola frequenza per parlare di inclusione; affinché l’inclusione sia effettiva, e non solo, di facciata, devono essere create le necessarie condizioni. Ecco perché i dirigenti scolastici, insieme ai docenti delle classi interessate e in raccordo con le famiglie, devono prevedere la frequenza dell’alunno con disabilità insieme ai compagni, favorendo sia la ‘relazione interpersonale fondamentale per lo sviluppo di un’inclusione effettiva e proficua’, sia gli apprendimenti che, come sappiamo, si attuano in un contesto eterogeneo e mediante il confronto e l’interazione con i coetanei, fra loro differenti per capacità”.

E c’è un altro aspetto che viene chiarito, osserva Chiocca: “In classe, durante le attività, devono essere presenti tutti i docenti della classe e non il solo insegnante incaricato su posto di sostegno. Dalla classe gli insegnanti si collegano con gli alunni che si trovano presso il domicilio”.

Le perplessità

Non mancano però le perplessità. Innanzitutto in merito alla composizione del gruppo. “Lascia perplessi il rimando agli alunni con Bes – osserva Chiocca – quali componenti del piccolo gruppo, e questo non tanto dal punto di vista pedagogico, la cui accezione è corretta e coerente, ma dal punto di vista della costituzione di un gruppo, che rischia di non essere più eterogeneo, se costituito solo da coloro che vengono individuati come ‘scolasticamente fragili’. Per garantire l’inclusione reale il gruppo deve essere eterogeneo”, ricorda Chiocca.

Altre questioni aperte, non meno importanti, sono così evidenziate da Chiocca: primo, “i docenti devono prestare il proprio servizio in classe? tutti? Perché, in base alla lettura, si evince che debbano essere presenti i docenti delle classi in cui sono iscritti alunni con disabilità; in questo caso l’orario di servizio come dovrà essere quantificato, se deve essere quantificato in maniera diversa?”. Secondo, “laddove la nota afferma che i dirigenti scolatici ‘favoriranno la frequenza dell’alunno con disabilità … nell’ambito del coinvolgimento anche, ove possibile, di un gruppo di allievi della classe di riferimento’, l’inciso, ‘ove possibile’, potrebbe costituire una scusante per evitare di realizzare il piccolo gruppo eterogeneo?”. Per Chiocca, sono alcune questioni che “risolte o chiarite, potranno aiutare a impostare meglio il lavoro. Quel che è certo è che con questa nota buona parte dei dubbi è stata sgomberata – afferma – Mi auguro che non vi sia una interpretazione orientata alla non garanzia del diritto all’inclusione. Bisogna scongiurare le condizioni di separazione e di esclusione, denunciandole laddove dovessero verificarsi. Ognuno deve fare la sua parte, con consapevolezza e responsabilità. Per i nostri alunni, va ricordato, ma vale anche per noi docenti e per la società nel suo insieme, è importantissimo, anche in questi momenti di grande criticità, imparare e crescere insieme”, conclude.

 

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