Lisa ha 12 anni ed è affetta da una disabilità che non le permette di parlare ma a scuola non ha un sostegno adeguato
TREVISO – Disprassia si chiama la disabilità di Lisa, 12 anni. Non riesce usare la voce per comunicare. Ha difficoltà a muoversi e a coordinarsi. Usa la lingua dei segni. A scuola, con gli insegnanti e i compagni di classe, è il momento per lei più faticoso dell’intera giornata.
Sono tante e diverse le forme di disabilità. Per alcune soltanto il sistema scolastico è “preparato”. Ai disprassici servirebbe la “LiS”, che è una vera e propria lingua e permette di raccontare, di ridere, addirittura di cantare. Ma servono competenze che si imparano all’università Ca’ Foscari di Venezia. Sperimentazioni in alcune scuole se ne trovano, come all’istituito comprensivo di Cossato (Biella), un esempio di “bilinguismo italiano-LiS”. Nella ordinarietà di tutti i giorni dell’anno scolastico invece si ricorre alla “comunicazione alternativa aumentativa”, una comunicazione priva di alfabeto e fatta di disegni. Costa poco, non abbisogna di specialisti, i docenti la imparano presto. Ma non è quello che basta.
In prima media a Paese, Lisa ha un insegnante di sostegno che però non è solo per lei. E invece è di un “ponte” per poter comunicare che ha bisogno. Delle 36 ore settimanali Lisa ne sta frequentando su per giù una quindicina: “E’ questa l’inclusione?” – chiede la mamma, Raffaella. “Mia figlia ha gli stessi diritti degli altri, come recitano gli articoli della Costituzione. E se è vero che Ulss sta facendo la sua parte, non si può realisticamente pensare che quella dell’operatore socio-sanitario sia la soluzione. Un ragazzo anche se disabile comprende se gli viene offerto o no il servizio di cui ha necessità, e se è adatto. E ne soffre.”
Quanto il sistema-scuola investe oggi sulle specializzazioni? Richiede – al ministero e all’università – la formazione di profili professionali adatti alle più diverse forme di disabilità? “Ho dovuto spiegare io a chi di dovere come compilare la convenzione con Ca’ Foscari e perché non scordassero di rinnovare l’annuncio per la ricerca di studenti nella bacheca dell’università” – risponde Raffaella. Che non è una mamma che si rassegna. Ma che soffre, questo sì: “Due genitori non scelgono la disabilità; quando arriva devono imparare a conviverci ma nello stesso tempo anche a coglierne tutte le potenzialità. Alla scuola chiediamo solo di mettere a disposizione strumenti e docenti preparati”