L’impiego di mascherine chirurgiche a scuola inficia il diritto allo studio di bambini e ragazzi sordi come sottolinea la dottoressa Veronica Varricchio, educatrice e pedagogista sorda, nonché referente regionale dell’area Università-Scuola-Famiglia dell’ENS – Ente Nazionale Sordi Emilia Romagna: “tali dispositivi rappresentano un grosso ostacolo per la comunicazione e l’apprendimento ed emarginano ancora di più”.
Quella del piccolo Marco, bambino sordo alle prese con le difficoltà legate alle normative anti contagio e in particolare con la necessità di indossare la mascherina chirurgica a scuola di cui abbiamo scritto la scorsa settimana, è una storia che molti altri studenti con difficoltà uditive stanno vivendo. Una situazione drammatica che può compromettere non solo il loro apprendimento ma anche la socializzazione come sottolinea la dottoressa Veronica Varricchio, educatrice e pedagogista sorda, nonché referente regionale dell’area Università-Scuola-Famiglia dell’ENS – Ente Nazionale Sordi Emilia Romagna e parte del loro Comitato Tecnico-Scientifico: “le mascherine chirurgiche per gli alunni sordi sono purtroppo un grosso ostacolo per la comunicazione e l’apprendimento. Emarginano ancora di più. Come ha ben spiegato la madre di Marco, anche per i sordi segnanti, la mascherina è comunque un ostacolo perché il labiale è fondamentale come lo sono le espressioni che si usano quando si usa la lingua dei segni. Dev’essere tutto visibile”.
L’indicazione contenuta nel Piano Scuola 2020-2021, così come nei verbali pubblicati nel sito del MIUR, è che per gli studenti disabili impossibilitati a utilizzare la mascherina, “debbano essere presi in considerazione dispositivi individuali di protezione omologati e adeguati al contesto, a seconda del tipo di disabilità”, prosegue la dottoressa Veronica Varricchio.
Molte scuole però non si sono ancora attrezzate in tal senso ed è dunque la famiglia che deve spingere per tutelare il diritto allo studio dei propri ragazzi, anche perché, commenta la referente, a livello nazionale il Ministro Azzolina si è limitata a dichiarare “che gli studenti sordi, così come gli insegnanti di classe, quelli di sostegno, gli interpreti Lis, gli assistenti alla comunicazione e i compagni di classe, per una completa integrazione, devono avere mascherine trasparenti”. Parole non supportate poi da alcuna azione concreta. A livello regionale qualcosa si sta muovendo ma con netto ritardo. “Un paio di settimane fa, anche grazie alla legge regionale che abbiamo fatto approvare lo scorso anno a favore delle persone sorde in Emilia Romagna, è stata approvata all’unanimità una risoluzione: prevede che gli studenti sordi debbano avere le mascherine trasparenti. Siamo in attesa di sviluppi per capire quali dispositivi verranno scelti tra quelli omologati da noi proposti. Speriamo fiduciosi in una decisione in tempi rapidi”. L’impiego di mascherine trasparenti che consentono la lettura del labiale e di cogliere le espressioni del volto, determinanti per una piena comprensione, sono fondamentali “per permettere una corretta comunicazione e inclusione scolastica, nonché favorire relazioni significative coi coetanei. Noi dunque diciamo sì alla chirurgica nelle aree scolastiche comuni ma in classe dove c’è la presenza di una persona sorda tutti devono indossare quella trasparente”.
Purtroppo c’è ancora molto da fare per assicurare a bambini e ragazzi sordi lo stesso diritto allo studio dei propri compagni poiché, spiega la dottoressa Veronica Varricchio, “a livello regionale circa il 60% delle scuole non vuole assumersi la responsabilità della fornitura di tali mascherine”. Un problema a cui se ne somma un altro, ormai cronico nella scuola italiana, e che l’emergenza Coronavirus ha ulteriormente aggravato, quello “degli insegnanti di sostegno ancora in numero insufficiente. Per non parlare poi dell’assistenza specialistica per gli studenti sordi che è rappresentata dalla presenza a scuola dell’assistente alla comunicazione. In particolare, abbiamo osservato, spesso e volentieri, una riduzione delle ore di assistenza specialistica per carenza di fondi da parte dei comuni che devono finanziare il servizio. Comprenderete bene come tale decisone sacrifichi completamente il diritto allo studio dello studente sordo, in quanto nell’attuale situazione – che orbita tra DaD, mascherine, mancanza di insegnati e incertezze – sarebbe ancora più importante per lo studente sordo poter contare sull’intermediazione dell’assistente alla comunicazione nella comprensione della didattica per tutto l’orario scolastico. Ma così non avviene, anzi lo studente sordo è sempre più isolato a causa del difficile momento che non fa altro che accentuare le difficoltà già preesitenti”.
La strada da fare è ancora lunga ma nel frattempo “molti studenti stanno vivendo una crisi profonda poiché non riescono a comprendere le lezioni, non riescono a comunicare coi coetanei e si sentono sempre più isolati dalla comunità udente”. La situazione attuale è del tutto straordinaria ma, conclude Varricchio, “la scuola va avanti ma gli studenti sordi non possono rimanere indietro”. Non devono.
Jessica Bianchi