“Sono diventata sorda a sedici anni, all’incirca. Ho sempre cercato di rimuovere i ricordi di quell’anno; li ho respinti in fondo, ma da qualche parte dentro di me le ferite sono rimaste. Mio padre mi dice sempre che se un problema non lo affronti è come un pallone che lanci solo più in là, poi te lo ritrovi tra i piedi…”
Inizia così l’intervista a Marilena Abbatepaolo, pugliese di nascita e romana di adozione. Dirigente scolastico in Puglia per sette anni, insegnante di lettere, ex assessore a Polignano a Mare, la sua città natale, oggi Marilena è il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale”La Giustiniana”, in Via Giuseppe Silla.
“Quando sono arrivata a La Giustiniana, è stato come arrivare a casa. E di questo sono grata alle famiglie e a tutto il personale scolastico. Come mi accade nella vita quotidiana così ho fatto con la mia sordità: con il tempo ho imparato a guardarla diritta negli occhi e ad apprezzarla. Essere diventata sorda mi ha insegnato a sentire; quando sentivo ero sorda; ora che sono sorda, sento. Non mi sono mai piaciute le lamentele. Lo faccio sempre, ma ora, in questo periodo buio per tutti è tempo di rimboccarsi le maniche e darsi da fare.” – dichiara a VignaClaraBlog.it
Essere sordo ai tempi del coronavirus
Da giorni Marilena Abbatepaolo è balzata alla cronaca per i suoi appelli su facebook perché si producano mascherine trasparenti per i non udenti.
“Essere sordo ai tempi del Coronavirus è un incubo nell’incubo. Noi sordi leggiamo le labbra per aiutarci a sentire. Anche se abbiamo protesi acustiche o impianti cocleari o anche se conosciamo la LIS, la lettura labiale è per noi fondamentale come supporto per comprendere quello che l’altro dice. Di questi tempi una qualunque situazione di vita da gestire con le mascherine diventa per noi un vero e proprio incubo” – continua Marilena, che per spiegarci cosa prova un non udente in questi giorni segnati dall’emergenza e da mascherine protettive, racconta un episodio accaduto giorni fa al supermercato.
“E’ stato un inferno, mi sono sentita così impotente. Vedevo solo mascherine che parlavano. Con chi? Non lo so. Io leggo le bocche e, capite bene, con le mascherine non posso più farlo. La cassiera si ostinava a dirmi della raccolta dei punti in scadenza, o qualcosa del genere. Mi sono innervosita e ho tirato fuori dalla borsa un foglietto: sono sorda, se vuoi parlarmi, scrivi qui. Lei mi ha fissata, ho sentito la sua fragilità, identica alla mia; in fondo, lei era lì alla cassa, in prima linea a rischiare il contagio da Covid-19, fragile quanto me. Non ha detto altro, io ho pagato e dispiaciuta sono andata via.”
L’episodio che racconta Marilena è solo una delle tante situazioni che una persona sorda vive al cospetto di un’altra persona che indossa una mascherina. Il disagio di non leggere il labiale e di non capire.
“Cerco di non incrociare gli sguardi per evitare le parole che non potrei leggere, quando mi sposto spero di non incontrare le forze dell’ordine per i controlli che in questi giorni si effettuano sulle strade perché sorgerebbe l’ennesimo equivoco. Servirebbero tante mascherine trasparenti. Per carità, a norma, ma trasparenti.”
Mascherine trasparenti? “Sono utili per tutti”
Fortunatamente l’appello di Marilena Abbatepaolo, che nel giro di poco tempo è diventato virale, non è stato vano, e molte aziende hanno raccolto l’invito e hanno avviato la produzione di mascherine trasparenti.
“E’ un atto di civiltà, addirittura stanno provando a realizzarle anche in alcune case circondariali. Parliamo di mascherine semplici, utilizzabili per la spesa e per quelle situazioni dove c’è la garanzia del distanziamento sociale. Per le mascherine certificate è necessaria una procedura specifica. Sarebbe bello se qualche azienda provasse a riconvertire la sua produzione in tal senso.”
Marilena è convinta che le mascherine trasparenti, indispensabili per i non udenti, sarebbero comunque utili per tutti: “Farebbero bene a tutti noi, sordi o udenti, perché ci permetterebbero di vedere il sorriso degli altri e di conservare quell’umanità che stiamo rischiando di perdere. Magari, questo virus riuscirà a renderci tutti più uguali, più vicini, più umani.”
L’energia che Marilena Abbatepaolo trasmette è contagiosa quando racconta la sua quotidianità ai tempi del virus, quando insiste sul fatto che i problemi vanno sempre affrontati, altrimenti fanno come il famoso “pallone” che si sposta solo un po’ più in là. Vista l’evoluzione dell’emergenza e in vista della cosiddetta “fase due” le chiediamo cosa ne pensa accadrà nei prossimi mesi e cosa, per una persona non udente, potrebbe fare davvero la differenza.
“Finora, seppur difficoltose, le occasioni per uscire sono state poche, ma se immaginiamo una futura fase due, dove molto probabilmente sarà obbligatorio l’uso delle mascherine, per noi sordi diventerà tutto più complicato. Andare dal medico o in posta o semplicemente parlare con un amico sarebbe difficoltoso. Per farsi capire, la persona che comunica con noi dovrebbe togliere la mascherina o usare un foglio per scrivere o usare un’app di trascrizione sul cellulare. Credo che tutto questo genererebbe una certa ansia.”
Marilena è convinta che in questa fase dell’emergenza sarebbe utile avviare una procedura condivisa di distribuzione di mascherine trasparenti e non lasciare che tutto sia affidato alla bontà del singolo individuo. Gli uffici pubblici, per esempio, dovrebbero fornire al personale mascherine trasparenti perché aiuterebbero gli utenti.
“E’ un problema di inclusione e di accesso ai servizi pubblici. Integrare un sordo non significa semplicemente mettere un interprete LIS, molti non udenti non conoscono questo linguaggio. Piuttosto sarebbero molto utili i sottotitoli in tutte le trasmissioni. La sordità è una disabilità che non si vede, ma esiste; è una disabilità che allontana una persona dall’altra, proprio come sta facendo il Coronavirus. Una persona non udente è come se vivesse sempre in quarantena, isolata dal resto del mondo. Fermatevi oggi a guardare la vostra vita in quarantena e pensate che spesso un sordo vive così. Oggi, questa emergenza ci sta offrendo un’opportunità: capire, domandarsi. Per cambiare qualcosa bisogna farne esperienza. Si cambia ciò che si conosce, si dà valore a ciò che ci appartiene.”
“Torneremo a sorridere”
Prima di salutarla, le chiediamo di raccontarci la sua esperienza da dirigente scolastica a La Giustiniana e Marilena Abbatepaolo sorride.
“Quando a settembre sono arrivata a La Giustiniana, ho detto a tutti: mi raccomando, nella cartella dobbiamo metterci un sorriso, perché questa deve essere la scuola del sorriso. La mia collaboratrice, la prof.ssa Festa, mi ha guardata, non capivo il motivo. Me lo ha spiegato dopo. A luglio prima che io arrivassi, avevano svolto un concorso per il logo della scuola e il vincitore recava proprio questo motto: Imparare con il sorriso. Non lo sapevo, è stato un bel momento: credo proprio che ognuno di noi alla fine arrivi sempre nel posto in cui deve essere.”
“Spero davvero che questo virus non ci tolga l’umanità, torneremo a sorridere anche se attraverso la plastica di una mascherina”.