BARI – «Essere sordo con il Coronavirus è un incubo nell’incubo. Non mi sono mai persa d’animo nella mia vita, ma da quando è scoppiato mi sembra di essere tornata ai miei 16 anni, quando tutto ebbe inizio. Anche allora la reazione fu: chiudermi al resto. Non sopportavo stare tra le gente. Dover vedere le labbra muoversi. Non capire. Preferivo stare sola». Parole che colpiscono allo stomaco quelle di Marilena Abbatepaolo dirigente scolastica a Roma, ma originaria di Polignano di Bari, sorda dall’età di 17 anni che denuncia su Facebook la difficoltà di essere privi di udito al tempo del Coronavirus. «A me questa quarantena non pesa – scrive Marilena – No, sono abituata al silenzio. Sono abituata a tutto questo. Ho spalle forti e larghe per affrontare questo. È quello che sta fuori che mi fa male oggi». La donna spiega le difficoltà comuni con cui una persona sorda deve lottare ogni giorno: il primo problema è la mascherina che impedisce di leggere il labiale.
«Io oggi non posso capire nulla. Esco per la spesa e, diavolo della mascherina!, non mi fa leggere le bocche. Non le vedo le bocche. Non so nemmeno se parlano con me. Sono uscita da casa con un foglio che ho mostrato alla commessa: non sento. Non parlarmi. Lei ha provato. Voleva vendermi i punti, poi non so che altro. Le ho risposto: “Voglio solo pagare e tornare a casa”. E le ho mostrato il foglio con scritto: sono sorda. Non capisco. Quella commessa mi ha guardata, ha letto il foglio e ha fatto di sì con la testa. Eravamo uguali, lei e io. Fragili allo stesso modo». «Arrivata a casa, mi sono guardata allo specchio. No, non sono mai stata così maleducata in vita mia. Stasera poi leggo una notizia che mi ha strappato un sorriso. Ecco, una speranza mi si accende. Qualcuno si è ricordato di noi. Anche se è in America, anche se qui in Italia non arriveranno le mascherine trasparenti, qualcuno si è ricordato che noi sordi esistiamo. Mi domando se qualcuno a scuola ha ricordato che i sordi non possono fare la didattica a distanza. Qualcuno si è posto questo problema? Attendo risposte. Per ora ho solo questa notizia».
La notizia di cui parla Marilena nel suo posto riguarda l’idea di una ragazza, Ashley Lawrence, studentessa del Kentucky, negli Stati Uniti che ha cucito mascherine con una parte trasparente per lasciar vedere la bocca e aiutare la comunità dei sordi e degli ipoudenti. Un pensiero poi va ai ragazzi che frequentano i vari gradi della scuola affetti da sordità:
«Per nessuno è facile, ma penso a chi sta davvero male. Ai ragazzi sordi che devono combattere con la didattica a distanza. È una tortura per loro. Uno pensa che è più facile vedere un video, ma no, non è detto. Tante cose le diamo per scontate. Io spero con tutto il cuore che questo virus ci insegni a non dare nulla per scontato e ci ricordi che gli altri siamo noi».
Una denuncia che deve scuotere gli animi, quella di Marilena, e arrivare in alto. Lo Stato, la Sanità dovrebbero mobilitarsi al più presto, come le persone comuni. Anche se la sensibilità è merce rara al tempo del Coronavirus. C’è chi purtroppo non solo soffre per la pandemia ma vive un incubo peggiore: in un momento in cui i contatti sociali e umani sono al minimo storico, c’è anche chi vive l’incubo della incomunicabilità.