Digitale e oggetti digitali per l’inclusione scolastica degli alunni con autismo: come utilizzarli?

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Secondo un interesantissimo articolo dedicato all’autismo sono molte le ricerche scientifiche e le esperienze cliniche che dimostrano una certa efficacia dell’utilizzo degli oggetti digitali con bambini e ragazzi con autismo sia nei contesti educativi che clinici.

Secondo tale articolo, per premunirsi dalle interazioni umane inquietanti, che spesso lo disturbano, il soggetto autistico si rivolge spontaneamente verso degli oggetti adatti a proteggerlo e a facilitare delle forme di comunicazione indirette. Tra gli oggetti, quelli digitali presentano il pregio di introdurre una mediazione rassicurante nella relazione e per questo svolgono una funzione pacificante.

Gli oggetti digitali hanno un posto rilevante nella crescita e nello sviluppo delle capacità di apprendimento. Non sono rare le testimonianze di come soggetti diagnosticati autistici nella loro infanzia abbiano trovato delle vie di evoluzione e di maggior inserimento nel legame sociale attraverso oggetti tecnologici e digitali. Per alcuni l’oggetto di riferimento è un film, un cartone animato o l’oggetto musicale; per altri, è il rapporto con il mondo della natura e con gli animali o è il campo dei numeri e della matematica. Per diversi altri soggetti autistici, invece, questo riferimento che li orienta nell’esistenza e nel mondo si colloca nel campo del digitale. Sono computer, tablet, iPhone, assistente vocale Google e altri oggetti ancora a permettere loro di incrementare le conoscenze, le abilità e a intessere un abbozzo di relazione sociale.

Spesso i clinici o anche i docenti sconsigliano l’utilizzo di oggetti tecnologici e digitali. Tali indicazioni hanno la finalità di promuovere in questi bambini le relazioni basate su contatti corporei, giochi motori e sul dialogo; tralasciano tuttavia il terrore che una relazione interpersonale priva di un’armatura difensiva, come quella fornita dal digitale, comportano per questi esseri umani. Si focalizzano, cioè, sul disfunzionamento, anziché sulle modalità di funzionamento peculiari.

Per contrastare il caos interiore e per evitare le relazioni, infatti, le persone con autismo si avvalgono spesso di oggetti dei quali si circondano, come se fossero un bordo, uno schermo. Gli oggetti digitali appaiono così come delle risorse particolarissime: non semplice strumento pedagogico, ma possesso permanente del soggetto autistico, come una protezione, un tramite, una via per la comunicazione. A tal proposito, un’interessante novità sono i robot umanoidi a scopi educativi, capaci di conversare, di agire e di muoversi in base al contesto e all’interlocutore. Rassicurati dalla loro voce monotona e dai loro occhi senza sguardo, i bambini con autismo giocano con i robot padroneggiandone l’uso e apprendono da loro, sottraendosi alla persecutorietà di un campo del linguaggio altrimenti imprevedibile e sregolato.

Gli oggetti digitali costituiscono, cioè, oggetti pacificanti che attenuano il terrore dei ragazzi autistici permettendo delle interazioni umane in quanto li distolgono dal rischio di incontrare momenti inquietanti a livello del discorso. L’essere umano rimane però un punto di riferimento fondamentale per molti di questi soggetti: se perciò il genitore o il docente riesce a propria volta a incarnare l’oggetto con ciò potrebbe forse trovare la via per la comunicazione.

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