Integrazione sociale delle persone sorde, a che punto siamo ? E nelle scuole ? Incontro con l’ENS

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L’ENS, l’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi nasce nel 1932: le persone sorde, all’epoca, erano praticamente prive di qualsiasi diritto, equiparate a soggetti incapaci di intendere e volere. Da quel giorno sono stati fatti molti passi in avanti per l’inclusione all’interno della società delle persone che presentano vari livelli di sordità. Nel 1953 si è costituito il comitato di Ravenna. La missione dell’ENS è l’integrazione nella società, la promozione dell’identità, autonomia e piena realizzazione umana delle persone sorde. Ad oggi non mancano le difficoltà, a cominciare dalla scuola e dalla divulgazione della lingua dei segni.

Allegato al video, riportiamo l’articolo “Lis : la lingua dei segni” a cura di Mirella Madeo:

 

<<Nei giorni scorsi, presso la Sala Buzzi di Ravenna, ha avuto luogo un incontro sull’importanza della lingua dei segni italiana (Lis) in riferimento al progetto “Impariamo a comunicare con le Persone Sorde”.

L’incontro è stato coordinato dal relatore Marian Manea, coadiuvato dall’interprete Lydia Josephine Noce, nel corso del quale si è sostenuta l’importanza della lingua dei segni, quale strumento essenziale per abbattere le “barriere comunicative”.

La LIS non è una forma abbreviata di italiano, ma una lingua con proprie regole grammaticali, sintattiche, morfologiche e lessicali, che si è evoluta naturalmente, come tutte le lingue, ma che a differenza delle altre, si articola in una struttura molto diversa, che utilizza sia componenti manuali, quali ad esempio la configurazione, la posizione, il movimento delle mani, che non-manuali, quali l’espressione facciale, la postura, ecc.

È, dunque, facilmente comprensibile come quello del “linguaggio” dei segni, sia basato su meccanismi di dinamica evolutiva e di variazione nello spazio, costituendo per l’appunto un importante veicolo di trasmissione culturale. È una lingua che viaggia sul canale visivo-gestuale, che consente alle persone non udenti pari opportunità di accesso alla comunicazione, rispetto ai cosiddetti “normodotati”.

Non si è in grado di stabilire con precisione quando abbia avuto origine la lingua Lis, ma si può affermare con certezza che esiste da quando è sorta la prima comunicazione umana; linguisti e ricercatori sostengono infatti che testimonianze di lingue segnate erano presenti già nelle antiche civiltà in Cina, India, Mesopotamia, Egitto, Maya.

In alcune comunità, a causa di una forte presenza di persone sorde, la lingua dei segni è stata la modalità di comunicazione primaria.

Così come avviene per le lingue vocali ogni comunità ha la propria lingua dei segni. Ad esempio, in Italia troviamo la Lingua dei Segni Italiana (LIS), negli USA l’American Sign Language (ASL), in Gran Bretagna il British Sign Language (BSL), etc., ciascuna ha delle proprie specifiche varianti territoriali ed un forte legame con le rispettive culture di appartenenza.

La LIS, come le altre lingue dei segni nel mondo, è una lingua ricca ed autonoma, con un lessico in costante evoluzione e regole che consentono di “segnare” qualsiasi argomento, dal più concreto al più astratto.

L’alfabeto manuale, o dattilologia, è la rappresentazione manuale delle lettere utilizzate nella scrittura. Generalmente questo viene utilizzato per “scrivere nello spazio” parole della lingua parlata o scritta, ad esempio per vocaboli stranieri, nomi (di città, di persone,…) o termini che non possiedono un corrispettivo in segni.

È assolutamente importante insegnare sin dalla prima infanzia ai bambini nati sordi o con una sordità acquisita nei primi anni di vita, la lingua parlata e scritta è un processo complesso che richiede anni di terapia logopedica, oltre ad una precoce protesizzazione e ad un lungo e faticoso percorso educativo, per il bimbo e per la sua famiglia.

Il non saper riuscire a sentire i suoni, soprattutto le frequenze su cui viaggia il linguaggio parlato, è un ostacolo per l’acquisizione spontanea della lingua vocale, così come avviene nel bambino udente, che al contrario impara a parlare in modo naturale e spontaneo.

È, peraltro, scientificamente dimostrano, come il successo scolastico sia maggiore nei ragazzi sordi che acquisiscono la lingua dei segni come prima lingua. Per il bambino sordo, infatti, è fondamentale innanzitutto far propri gli strumenti della comunicazione, per garantire il suo sereno e completo sviluppo socio-affettivo e cognitivo. La lingua dei segni permette al bambino di acquisire rapidamente e naturalmente una lingua con la quale comunicare con l’ambiente che lo circonda, a partire dai genitori, essendo strumento primario di apprendimento di contenuti.

Per anni si è commesso l’errore di mettere in antitesi la lingua parlata e la lingua dei segni. È fondamentale, al contrario, che sia al bambino che all’adulto, vengano rese accessibili tutte le opportunità comunicative e linguistiche funzionali alla sua crescita, educazione ed autonomia personale.

La LIS non “uccide la parola”, ma ne costituisce invece una modalità linguistica di complemento estremamente preziosa, in quanto supporto didattico alla terapia logopedica ed all’insegnamento della lingua parlato e scritta al bambino sordo.

In molti si interrogano sul motivo per cui utilizzare la Lis, non riuscendo a cogliere che questa è una modalità di comunicazione che viaggia sul canale visivo, mentre la lingua parlata sfrutta il canale uditivo. I sordi hanno enormi difficoltà a ad essere fluenti spontaneamente in lingua parlata quanto gli udenti, però essi possono esserlo, con l’ausilio della lingua dei segni in modo naturale e spontaneo, infatti, per molti sordi, la lingua parlata,  rimane sempre una lingua straniera o seconda lingua.

Dissipando progressivamente pregiudizi e paure e superando quel “senso di inferiorità” rispetto alle lingue vocali, in molti paesi la lingua dei segni ha ottenuto e sta ottenendo un riconoscimento ufficiale, a livello costituzionale o con legislazione specifica.

In virtù di quanto sancito dalle Risoluzioni del Parlamento Europeo del 1988 e del 1998, e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che in diversi articoli invita gli Stati a “promuovere e diffondere la lingua dei segni”, da più parti si auspica da tempo che l’Italia si adegui al più presto a tale direttiva internazionale, l’adesione a tali provvedimenti, oltre che doveroso, sarebbe un importante segno di civiltà da parte del nostro Paese.

Incontriamo il Presidente Ens Dell’Emilia Romagna, dottor Giuseppe Varricchio e la Presidente della sede Ens della provincia di Ravenna, dottoressa Loretta Ciotti,  per porgere loro alcune domande sul tema.

In che modo e quando ha appreso la lingua Lis?

“ il linguaggio umano, precisa il dottor  Giuseppe Varricchio,  Presidente dell’ENS, Ente Nazionale Sordi, Regione Emilia Romagna, è la capacità umana di esprimersi con qualsiasi modalità, tra cui quella artistica. Poi esiste il linguaggio specifico di materie particolari. La LIS è una lingua, come l’inglese, l’italiano, … e la sigla sta per “Lingua dei Segni Italiana”

Io ho imparato la LIS in famiglia, e a scuola. Una volta esistevano le scuole speciali e io ho frequentato”.

Quali sono le tecniche per insegnare la lingua dei segni?

“La didattica della lingua si basa, come qualsiasi altra lingua, il prosegue:

– sull’acquisizione naturale: da familiari adulti sordi, da educatori sordi nella scuola

– sull’apprendimento: in corsi da docenti sordi possibilmente, come nei corsi LIS dell’ENS e frequentando altri sordi.

La metodologia è quella dello sfruttamento del canale visivo*.

Lo ritiene uno strumento fondamentale per abbattere le barriere comunicative?  Perché?

“Per la maggior parte delle persone Sorde, continua ad argomentare il Presidente, la LIS è una lingua che permette la piena partecipazione attiva in prima persona alla vita sociale. Siamo sordi, ed il mondo in cui ci troviamo è composto da persone udenti e da modalità di comunicazione che si basano sul canale uditivo.

E’ chiaro che ciò non è sufficiente: serve soprattutto una disponibilità comunicativa da parte di tutti”.

Vi sono, a suo giudizio, istituti validi in Italia che ne favoriscono l’apprendimento?

“L’ENS offre corsi di lingua dei segni per adulti.

Per i bambini, dice, non essendoci praticamente più classi speciali, i riferimenti più famosi per l’educazione dei bambini sordi, con metodologie moderne, sono la scuola statale di Cossato a Biella, la scuola di Roma in via Nomentana, gli istituti superiori “Magarotto”.

Cosa pensa delle classi differenziate, anche in riferimento al l’inclusione sociale delle persone Sorde?

“L’integrazione permessa con la legge 517/77 ha creato il diritto di essere inseriti nelle scuole pubbliche. E’ un aspetto molto importante però le scuola non sono preparate ad accogliere i bambini sordi ed educarli garantendo poi una loro piena integrazione.

Prima i sordi, continua Varricchio, avevano un’educazione specifica-personalizzata, con anche un trattamento logopedico intensivo, l’opportunità di confrontarsi con altri coetanei sordi.

Ora i sordi nelle scuole non sono assistiti adeguatamente, non essendoci le figure idonee e competenti (insegnanti curricolari, insegnanti di sostegno, educatori sordi, assistenti alla comunicazione); la logopedia è svolta come terapia 1-2 volte alla settimana in  un’ora alla volta; ed i bambini sono inseriti nelle classi degli udenti. C’è ancora molto da fare per migliorare l’inserimento scolastico, che è necessario per poter garantire un miglior inserimento nella vita sociale”.

Quindi l’ENS cosa fa?

“L’ENS oltre che tutelare i sordi con una funzione politica nei confronti delle istituzioni, ha una funzione di patronato, di associazione culturale, ricreativa: queste ulteriori funzioni sono essenziali per la vita delle persone sorde. Gli uffici normali non sono in grado di supportare in modo specifico le richieste dei sordi; i centri sociali, gli ambienti culturali e ricreativi non sono pronti ad accogliere le persone sorde che rimarrebbero isolate. Per questo i nostri uffici supportano i sordi nelle richieste di benefici, di servizi; i nostri volontari organizzano attività per permettere alle singole persone sorde di avere una vita sociale

Purtroppo l’utilità di tale funzione non è riconosciuta dalle istituzioni locali. Cogliamo, pertanto, l’occasione, conclude, di chiedere alle istituzioni di supportare le nostre attività, poiché come Ente svolgiamo attività per sopperire a delle importanti mancanze”.

Al nostro incontro sono presenti oltre al Presidente Regionale dell’Ens Giuseppe Varricchio ed alltla Vice-Presidente della Sezione provinciale di Ravenna Loretta Ciotti, la Dott.ssa Veronica Varricchio, Referente Regionale dell’Area riguardante la Scuola, l’Università e la Famiglia, e la coaudiatrice nella comunicazione l’interprete lis Sonia Caimi.

A proposito dell’inserimento scolastico dei bambini in età scolare e prescolare, la dottoressa Varricchio, ci dice che questa purtroppo è una problematica ancora irrisolta, in quanto vi è carenza di personale idoneo ad agevolare il percorso di apprendimento, oltre che mancanza di informazione nel mondo istituzionale-scolastico dei ruoli delle figure di Assistente alla Comunicazione (sordo/udente) ed Interprete lis.

“Questa difficoltà, prosegue, è conseguente al fatto che non essendoci più le ” classi speciali “,i bambini si trovano inseriti in un contesto che” non è il loro “nel quale viene utilizzata la” parola uditiva” al posto di quella “visiva” a loro più familiare.

Non essendoci pertanto ancor oggi piena conoscenza dei ruoli delle figure professionali adatte e a cosa servano, il diritto allo studio e dell’inclusione scolastica degli alunni sordi sono ancora non del tutto garantiti”.

“Molte sono ancora le famiglie che, grazie anche al diffondersi della tesi sostenuta da varie associazioni di categoria, credono che non sia opportuno né tanto meno utile insegnare ai bambini già in tenera età la lingua dei segni, poiché questa lingua potrebbe pregiudicarne l’acquisizione del “parlato”.

“Di recente è stata, a tal fine, condotta una ricerca, continua la dottoressa, che ha preso in esame un campione di ragazzi con impianto uditivo di “coclearizzazione” che non conoscevano la lingua dei segni, ed un altro campione di ragazzi portatori di IC e altresì conoscenti della lingua dei segni: ed un altro senza questo ausilio e si è notato nettamente come gli ultimi abbiano avuto una capacità di apprendimento al pari dei loro compagni di classe udenti, a dimostrazione che la conoscenza della lingua dei segni italiana non inficia la predisposizione e la capacità di apprendimento da parte dei bimbi della lingua verbale”.

“Sono ancora pochi gli istituti in Italia che possono vantare la presenza di figure qualificate ad agevolare l’istruzione dei bambini sordi, tra questi vi è quello di Cossato in provincia di Biella, la scuola di Via Nomentana di Roma e gli Istituti superiori “Magarotto” di Padova, Torino e Roma. la scschgopedisti ed interpreti, conclude “.

Poi interviene la responsabile provinciale dell’Ens di Ravenna che lamenta la poca frequentazione da parte dei giovani.

“Le nuove generazioni, dice, sono distanti da questa realtà che non desta più nessun interesse.

I ragazzi di oggi non sanno cosa facciamo ne quali siano le attività che svolgiamo”.

È la volta del Presidente Regionale, che dice: “l’Ente Nazionale Sordi, nasce nel 1932, con sede a Roma, mentre la nascita della sezione di Ravenna risale al 1955.

In Italia ci sono 100 sezioni provinciali e 20 regionali”.

“Io, prosegue Varricchio, mi occupo del profilo politico concernente l’Ente.

L’integrazione delle persone con sordità nel sociale si realizza, prosegue, creando servizi accessibili a misura di persona sorda, servizi per le famiglie anche di orientamento quando nasce un figlio sordo, sui luoghi di lavoro, rendendo accessibili il più possibile l’accesso alla comunicazione e all’informazione, sensibilizzando l’opinione pubblica e le Istituzioni.

Purtroppo tale importante funzione non è riconosciuta dalle istituzioni locali. Cogliamo l’occasione di chiedere alle istituzioni di supportare le nostre attività, siccome svolgiamo azioni a compensazione delle mancanze”.

Ed aggiunge :”attenzioni alle etichette: i sordi non sono né sordomuti, né non udenti..

Semplicemente sordi, o ancora meglio “persone sorde”.

“ La convenzione ONU sui diritti delle persone sorde, recepita dall’Italia con L. 3 marzo 2009, n.18, evidenzia chiaramente, dice ancora, i termini corretti da utilizzare oggi, e che mettono in primo piano appunto la persona.

Non udente, audioleso e varianti di questi termini, dice Varricchio, preferiamo non usarli perché mettono invece l’accento esclusivamente sul deficit, su una mancanza.

Le Associazioni delle persone con disabilità, e nello specifico delle persone sorde, a livello internazionale hanno adottato questa terminologia, che rispecchia anche un nuovo orientamento dell’Organizzazione Mondiale della Salute e degli organismi internazionali”.

“il nostro Ente svolge anche attività di patronato, ci tengo a sottolineare una questione molto importante per noi sordi.

 

https://www.ravennawebtv.it/

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