Trentino, nella scuola in cui tutti parlano con la lingua dei segni

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C’è una scuola in Italia dove tutti i bambini hanno imparato la lingua dei segni. Non è una classe di soli alunni non udenti ma un’aula dove c’è una sola bambina che non sente e tutti hanno deciso di “parlare” con lei attraverso il suo modo di comunicare.

Siamo a Tonadico, uno dei cinque municipi che compongono il comune di Primiero San Martino di Castrozza, nella provincia autonoma di Trento, in Trentino-Alto Adige. Il piccolo paese (800 abitanti circa) è considerato il più antico centro abitato della valle del Primiero. Una realtà minuscola dove è nata un’esperienza davvero rara che dovrebbe essere d’esempio per altre scuole che hanno tra i banchi bambini non udenti.

 

La storia della piccola Iulia

All’infanzia “Fuganti” quando è arrivata Iulia hanno subito pensato che non potevano stare con le mani in mano ad aspettare dal cielo consigli su come e cosa fare. Tutti, insegnanti e collaboratori, si sono messi in gioco per raggiungere un solo obiettivo: rendere davvero inclusiva l’esperienza didattica della bambina. Il sogno delle maestre è stato da subito uno: non ci sarebbe dovuto essere un solo momento in cui la piccola sarebbe stata esclusa dalla lezione e dal gioco con i compagni a causa della sordità.

Si parla e si scherza col Lis

Un passaggio importante, un’affermazione che coinvolgeva inevitabilmente tutti gli altri protagonisti della scuola: i bambini. E così è stato. Tutti hanno imparato ad usare il “vocabolario” Lis.
Anzi hanno persino creato qualcosa in più: per Iulia i bambini si sono “ribattezzati” attribuendo al loro nome un segno, un simbolo. Qualcuno ha scelto una moto, qualcun altro un gioco e Iulia ha individuato nel mignolo il suo segno-nome. Nessuno ha pensato di avere la bacchetta magica ma con l’aiuto dei genitori della bambina e degli esperti dell’ente nazionale sordi i maestri sono tornati “a scuola” per imparare qualcosa di estremamente nuovo ma molto utile per fare della loro aula un luogo inclusivo.

Oggi a Tonadico è “normale” vedere Giulia che “dialoga” con i compagni attraverso la lingua dei segni ma a questo risultato si è arrivati attraverso un cammino fatto con pazienza e con professionalità. A ricordare ogni passaggio di quest’impresa è Daniela Dalcastagné, la coordinatrice della scuola dell’infanzia che ha seguito in prima persona il progetto.

“Non avevamo mai avuto esperienze di questo genere. Abbiamo attivato una collaborazione con l’ENS, l’ente nazionali sordi e abbiamo avuto in classe un facilitatore che è stato essenziale nella fase iniziale. Il nostro intento è stato quello di coinvolgere tutti i bambini della scuola. L’attenzione – continua l’insegnante – è stata quella di intrecciare la lingua dei segni dando spazio alla gestualità. Abbiamo modificato gli spazi, le metodologie educative. Il canale visivo è molto importante per Iulia e noi avevano il dovere di dare spazio alle immagini per rendere tutto più facile alla bambina”.

L’intervista alla coordinatrice scolastica

Un lavoro che ha incontrato la disponibilità degli insegnanti che si sono dimostrati all’altezza del loro ruolo.
“Abbiamo da subito organizzato una formazione specifica per la lingua dei segni”, illustra Daniela Dalcastagné. “Per arrivare a parlare il Lis ci vogliono anni, noi siamo riusciti ad apprendere ciò che è necessario per dialogare con la bambina. E quando dico noi penso ai cuochi, agli operatori d’appoggio che si sono messi in gioco insieme ai docenti. Il facilitatore non è mai stato colui che traduce ma che crea un ponte con i bambini. Ha avuto il ruolo di accompagnare gli altri bambini ad entrare in comunicazione con Iulia. Ora autonomamente gli alunni parlano con lei senza l’intermediazione ma a questo traguardo siamo arrivati pian piano”.

Come avete spiegato tutto ciò ai bambini?
Spesso abbiamo detto loro: Iulia non può sentire ma allora come facciamo? Abbiamo insegnato loro a richiamare la sua attenzione toccandola. Ora sanno le basi della lingua. Non è complicato intrecciare delle relazioni con una bambina sorda. Il nostro intento è stato quello di non interrompere mai la comunicazione con lei.

 

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E non vi siete fermati qui. Il prossimo anno Iulia andrà alla scuola primaria e avete pensato a prepararle il campo…
Ci sembrava importante in vista del passaggio alle elementari creare un incontro tra i bambini delle sei scuole del comprensorio da dove usciranno i suoi futuri compagni. Abbiamo organizzato un percorso trasversale con dei momenti dove i bambini si ritrovano, partendo da un riconoscimento attraverso un segna-nome.

 

Qual è stata la cosa più preziosa che ha permesso la buona riuscita di questo progetto?
L’impegno e l’entusiasmo del personale docente e la voglia di mettersi in discussione. Un cammino fatto giorno dopo giorno, anche di fronte alle difficoltà. Spesso abbiamo usato anche lo strumento del video per rivederci e riprogettare se era necessario. Era la nostra prima esperienza. Il supporto dell’ente nazionale sordi è stato importante così come il contatto con la scuola “Silvestri” di Roma: una realtà dove ci sono alunni sordi e non in ogni classe. La formazione è la base e il punto di partenza fondamentale. E’ un momento in cui le insegnanti possono ripensare alla loro pratica e giocarsi l’esperienza di tutti i giorni. Una scuola di qualità non si improvvisa. A Tonadico i momenti formativi sono stati essenziali.

http://ischool.startupitalia.eu/

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