Il punto con l’Ente nazionale per la provincia che ha riaperto da poco lo sportello e sta riattivando i corsi LiS
di Francesca Valente
In oltre sessant’anni di ricorrenze la giornata mondiale del sordo, che si celebra ogni 28 settembre, non si è mai festeggiata a Rimini, un po’ per scelta dell’Ente di festeggiare in pompa magna a livello nazionale in altre città quali Roma, Padova o la vicina Bologna, un po’ perché la sezione provinciale dell’Ens (ente nazionale sordi) è nata 25 anni fa e per oltre sette è stata commissariata, costringendo soci e consiglio direttivo a concentrarsi prima sulle necessità che sulle festività. Anche perché in provincia ad oggi sono attorno ai 130 i soci iscritti, di cui una decina minori, su circa 200 persone che si stima abbiano questa disfunzione. Una buona proporzione in rapporto ad altre associazioni del territorio, che rispetto a una platea potenziale di utenti riescono a coprirne oltre il 60 per cento. «La giornata di oggi serve soprattutto a mostrare al mondo e all’Italia la lingua internazionale dei segni, che ancora non è abbastanza conosciuta e riconosciuta», racconta il presidente dell’Ens sezionale Filippo Tognacci da dietro la sua scrivania protetta da un ampio pannello di plexiglass e con il volto coperto da una visiera trasparente, nella sede ospitata all’interno della Casa del volontariato di Covignano a Rimini che funge soprattutto da sportello, informativo ma anche di reclamo. «Sono una quarantina i soci che passano qui da noi perché hanno bisogno delle cose più disparate, come la prenotazione di una visita medica, che riescono a svolgere spesso e volentieri grazie alla nostra interprete Maria Laura». Una presenza fondamentale in associazione come dovrebbe essere garantita anche all’interno delle istituzioni e nei principali uffici di ricevimento al pubblico, cosa che ancora l’Ente locale non è riuscito a ottenere. «Viviamo situazioni di enorme stress in quasi tutti i contesti quotidiani perché la gente non sa come rapportarsi con noi, non riesce a capire le nostre richieste o va subito in ansia», racconta Michele Scirocco, uno dei consiglieri più longevi.
La sordità però non è di un solo tipo e anche il modo di reagire della singola persona alla propria disfunzione cambia le strategie messe in atto. Ci sono sordi segnanti e non segnanti, sordi oralisti e non. Questo rende ancora più specifico il servizio di mediazione chiesto agli enti, anche in via telematica, visto che non tutti sanno leggere la LiS come non tutti riescono a leggere i sottotitoli dei video. Perché «usare la lingua dei segni non significa non parlare», o non soltanto. Una delle soluzioni ipotizzate dall’Ens di Rimini è di avere «un interprete per istituzione, che sia il Comune o l’ospedale, e che possa intervenire in caso di necessità». Oltre alle situazioni ordinarie si pensi anche a quelle straordinarie, come le emergenze: «Se ci capita qualcosa e siamo soli non possiamo nemmeno telefonare. Gli enti dovrebbero pensare a una soluzione dedicata o a fare formazione al personale che risponde al telefono, in modo che se dovesse arrivare una telefonata “silenziosa” si capisca che è il caso di intervenire».
Tra le situazioni ordinarie oltre alla tutela lavorativa e sociale c’è anche quella scolastica: «Negli ultimi anni sono nati molti bambini sordi, soltanto che prima che vengano indirizzati a noi fanno un lunghissimo giro tra specialisti che non fa che ritardare l’educazione alla LiS e al mondo della sordità», sottolinea la presidente storica Guglielmina Vaccarini, «spesso e volentieri finiamo per diventare l’ultima ratio, ma in un momento storico così complicato con la pandemia da gestire, dobbiamo pensare soprattutto all’integrazione dei nostri bambini e ragazzi, che a scuola vivono enormi difficoltà per colpa delle mascherine che coprono la bocca e che vengono loro malgrado isolati per via dell’assenza di dispositivi adatti». Ci sarebbero mascherine trasparenti e visiere omologate, che però sono costose e che l’Ens ha iniziato ad acqistare per aiutare intanto i figli dei soci. «Il tema della scuola è urgente e per fortuna che la cooperativa “Doppio Ascolto” dal 2013 permette di interfacciarci in modo più fluido con le scuole e le istituzioni e di arrivare a soluzioni efficaci in tempi più rapidi». Al momento sono sette i bambini sordi seguiti dentro e fuori le classi del Riminese.
L’altro problema urgente è quello di mettere in rete il servizio socio-sanitario, quello politico-amministrativo e l’Ente locale per far sì che le enormi risorse custodite dai soci e dai volontari possano essere sprigionate a favore della collettività. In questi giorni ad esempio stanno partendo i corsi di primo, secondo e terzo livello per educare le persone all’uso e al contesto della LiS, un modo non tanto per creare nuovi interpreti, ma per arricchire la società di nuova consapevolezza su un mondo che tante volte ha solo bisogno di essere ascoltato nel modo più giusto. «Durante la quarantena abbiamo chiesto a tutte le amministrazioni locali della provincia di poter tradurre i loro messaggi video in lingua dei segni», conclude il vicepresidente Davide Franchi, «ci hanno risposto soltanto due Comuni con i quali abbiamo collaborato soltanto una volta e basta». Una mancanza che si potrà colmare con il tempo, con la giusta dose di sensibilità e di disponibilità.