Pubblicato per la prima volta nel 1989 e tradotto in Italia l’anno successivo, “Vedere voci” del neurologo britannico Oliver Sacks, scomparso nel 2015 dopo essere diventato famoso in tutto il mondo per la potenza dei suoi resoconti clinici, offre una straordinaria finestra sul mondo, generalmente ignorato, dei sordi e delle diverse lingue dei segni.

«È sorprendente quanto poco sappiamo della sordità, che Samuel Johnson definì una delle più disperate calamità umane», scrive l’autore.

«Negli ultimi mesi ho provato a parlare della sordità a un grandissimo numero di persone e quasi sempre mi sono sentito rispondere frasi come: La sordità? Non ci ho mai riflettuto molto a dire il vero».

E invece questo libro scritto a partire dalla metà degli anni Ottanta racconta di una scoperta sorprendente: quella della storia dei sordi e delle straordinarie sfide linguistiche che essi devono affrontare.

Nella nuova edizione, appena ripubblicata da Adelphi, anche una prefazione nella quale Sacks si concentra sulla realtà italiana e racconta della sua visita, nel novembre del 1990, all’Istituto dei sordi di Roma.

(Recensione tratta dal numero di giugno di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

 

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