Un amico bolognese, mi ha prestato il diario della sua giovane figlia Carlotta, sordomuta dalla nascita, scomparsa recentemente per un male incurabile. Riporto fedelmente due paginette della giovane che fanno riflettere e capire quanto la vita sia bella, anche se nasci con un grosso disagio.
“Scrivere, per me è facile. Addirittura necessario. Dunque ho riempito centinaia di fogli e ho lasciato per casa, a scuola, sul lavoro. Centinaia di biglietti. Ho cominciato così, da sempre. E non mi sento a disagio per questo mio stato. Mi sono difesa leggendo. Nei miei libri, nei romanzi o nei saggi che ho letto, ho capito che comunicare con l’umanità è estremamente difficile, faticoso. Con le persone colpite dal mio stesso disagio, comunico con l’alfabeto a gesti, con gli occhi a volte.
Ma anche con loro, spesso, preferisco dialogare con parole scritte. Ho un istante in più per pensare, rispetto a quelli che danno fiato alle loro bocche, senza meditare, senza paura di offendere il prossimo. Scrivere, dà la certezza di non gridare, di non imporre sugli altri la tua opinione. Ho letto che la gente è violenta, capace solo di comandare, bizzosa, e non vuole ascoltare gli altri. Ma a quelli io scrivo biglietti. Offro una mano in cerca di una stretta, o meglio ancora di una carezza. Ho letto che la musica dà sensazioni divine. Ti fa volare cuore e anima.
Ho letto anche la vita di certi musicisti, che proprio nelle sofferenze hanno trovato le grandi ispirazioni. Ho provato anche a strimpellare sulla tastiera del pianoforte di una mia amica. Non riesco a distinguere le note. Eppure sento che da un istante all’altro potrei inventare una musica, una melodia. Da ascoltare da sola. Non ho bisogno di pubblico. La mia condizione, mi ha abituato a non oltrepassare la cancellata. Qui ho i miei fiori, i miei sentieri, le mie pietre, dove sedermi, riposare e anche sognare. Ho letto che in alta montagna, nella notte cala un silenzio impressionante.
Là tutti son sono come me. Diventa soltanto importante guardare le stelle, il sorriso degli amici, stringere le mani di chi ami. Allora se c’è un’anima che somiglia alla mia, può raggiungermi proprio una notte in alta montagna. Ci guarderemo, i polpastrelli diventeranno parole cantate, musiche inarrivabili. Ho letto anche che di notte, in alta montagna, i lupi più lontani, per uno strano effetto sonoro, ti sembrano vicini. Ululano fino a spaventarti. Ecco, chi somiglia alla mia anima, starà vicino a me senza sentire i lupi, nel silenzio perfetto. So che quella notte arriverà. Che non sarò più sola. E che, quella notte, io scriverò un biglietto. Scriverò grazie, grazie di esistere, amore mio”.