C’è un piccolo grande miracolo in libreria: è SuperSorda! (Battello a Vapore, collana I vortici), il graphic novel di Cece Bell, 47 anni, americana di Richmond, Virginia, che racconta la vita dell’autrice da bimba, quando, all’età di 4 anni, una meningite intacca il suo udito una volta per sempre.
di Alessandro Trevisani
Le parole altrui, alla piccola Cece, arrivano dentro nuvolette che nel fumetto sono vuote, senza testo – e toccante e stupenda è la scena in cui scopre la sordità, perché chiama sua mamma e non sente la risposta. Così la bimba deve indossare l’orecchio fonico, una grossa scatola che Cece tiene sul petto, e con due auricolari le permette di sentire meglio gli altri e soprattutto la maestra, che ad ogni inizio anno, sotto gli occhi dei compagni incuriositi, lei stessa deve dotare di un microfono da appendere anche quello al collo.
Tutte queste esperienze mettono dapprima a disagio Cece – che ha diverse amichette che approfittano della sua condizione per manipolarla e tenerla tutta per loro, oppure – tipicamente – incontra gente che crede di dover alzare la voce ogni volta che le parla. Ma collegata al microfono la bimba può sentire le maestre dovunque vadano – anche al bagno! Il che le permette di conquistare i suoi amichetti, compreso quel Mike Miller, il nuovo vicino di casa, che pare un divo tanto è bello. Grazie al suo “superpotere” Cece si immagina simile a Batman. Tanto che il libro in lingua originale si intitola El Deafo, un ispanismo che suona come “Il Sordo” e che giustamente la traduttrice Elena Orlandi rende con SuperSorda!: all’autrice, sposata da tempo e mamma di due bimbi, il fumetto è valso l’inserimento tra i best seller del New York Times e parecchi premi.
Noi l’abbiamo intervistata, per capire meglio i pensieri di questa illustratrice al suo debutto nei comics. E con lei abbiamo capito che effettivamente il miglior sordo è colui che non vuol sentire/capire gli altri.
Cece, come mai ha fatto la scelta del coniglietto per rappresentarsi?
È una metafora per dire che mi sentivo l’unico coniglio le cui grandi orecchie non funzionano: insomma nel fumetto ce le ho belle grandi, ma sono tutta apparenza! Anche lo stacco tra le minicuffiette e gli orecchioni dentro cui le infilo aiuta a rendere l’idea di quanto mi sentissi particolare da bimba…
Com’è stata l’accoglienza del libro negli Stati Uniti?
È stato un gran successo, specie per i miei standard! Dal 2000 faccio libri per i bimbi e non ho mai visto nulla del genere. Bimbi sordi e udenti mi raccontano di averlo letto più volte, ed è piaciuto anche agli adulti. Il libro ha vinto un Newbery Honor (il premio della American Library Association per il miglior libro americano per ragazzi, ndr) e un Eisner (gli Eisner del San Diego Comicon sono praticamente gli Oscar del fumetto a livello mondiale, ndr), tutte cose che non mi sarei mai sognata prima. È stata una cavalcata trionfale! E sono felice che così tanta gente mi abbia detto di avere apprezzato il libro.
Nel libro disegni il tuo primo “flirt”, Mike Miller, e la tua prima vera amica, Martha Claytor: che ne pensano dei coniglietti che hai creato per raffigurarli?
Con Martha siamo vicine dall’infanzia, lei era al corrente di tutto. Ma non conosceva la sua importanza nel libro (e nella mia vita!) finché non l’ha letto. Ho visto Mike due estati fa, per la prima volta dopo 30 anni. Era un ragazzo carino e indovinate un po’? È diventato un bell’uomo! Credo che ad entrambi sia piaciuto come sono descritti nel libro e li ringrazio tantissimo per essere stati al gioco.
Tua mamma è molto presente nel libro, dove compaiono anche tuo papà e i tuoi fratelli nella sequenza in cui ti raccontano cosa succede nei cartoni, durante la pubblicità: loro cosa dicono del fumetto?
Mia mamma è fortissima ed è la persona più divertente che conosca. La amo. La amereste anche voi! Anche lei e i miei fratelli hanno saputo stare al gioco, apparendo nel libro. Mia mamma era preoccupata prima della lettura, perché non voleva ritornare con la mente ai giorni terribili in cui mi sono ammalata. Mio papà ama il libro e mi ha fatto i complimenti. E i complimenti di un papà sono qualcosa di raro!
Nella tua attività di illustratrice giri parecchio per scuole e incontri i piccoli: che generazione è quella che va dai 4 ai 10 anni?
Sono fantastici. Sono molto più tolleranti delle vecchie generazioni, perché incontrano con facilità parecchi tipi di persone diverse tra loro. Penso che dovrebbero stare attenti alla quantità di tecnologia, computer e smartphone che è messa loro a disposizione, perché se non lo fanno, tutti questi device prenderanno in ostaggio la loro vita. E poi vorrei vedere più bambini andare a giocare fuori. Sembro vecchia, vero?
Non sembra. Ma qual è l’impatto di SuperSorda! sui piccoli lettori?
Lo adorano. In un modo a cui non ero affatto preparata. Spesso li sento dire “L’ho letto milioni di volte!”, mentre un genitore mi ha detto che i suoi figli se lo portano a letto come un orsacchiotto. Bello, no?
Quale parte del libro le ha dato più piacere disegnare?
Quella dove mi prendo una cotta per Mike Miller. Mi sono fatta un sacco di risate mentre mi disegnavo i cuoricini negli occhi!
Come ha scoperto il suo talento per il disegno?
Perché era qualcosa che amavo fare. Ho lavorato sodo per imparare, perché volevo impressionare i miei compagni, del resto sapevo bene che non avrei potuto farlo praticando sport! Da grande ci ho pensato su parecchio prima di farne la mia professione. Ma mio marito – che ho conosciuto al college – mi ha incoraggiata, e sono felice di averlo ascoltato.
Nel libro Cece è infastidita quando i bambini le dicono “Sei speciale!”, come per consolarla, mentre apprezza molto la naturalezza di Mike e Martha. Oggi che cosa le dà fastidio, quando gli altri le si approcciano?
Mio dio, la cosa peggiore in assoluto è questa: incontro qualcuno per la prima volta, parliamo del più e del meno e capisco tutto senza problemi, perché sono brava a leggere le labbra. Poi il tizio fa caso alle mie cuffiette e capisce che sono sorda, così comincia a scandire e a parlare ad altissima voce, e mi attacca un pippone sulla sordità. E io mi sento frustrata, perché a me andava benissimo com’eravamo partiti, senza l’aiutino…
Che ne pensa di Trump e dei suoi primi 100 giorni?
Penso che debba andarsene. È imbarazzante per gli Stati Uniti e spero si sia capito che la mia nazione non è per niente identica al suo modo di essere.
Com’è cambiata la società americana intorno alle persone sorde, in questi 40 anni da quando Cece ha perso l’udito?
Non posso parlare per tutti i non udenti, ma di sicuro Internet e smartphone hanno livellato le distanze, regalandoci tantissime opportunità. È anche migliorata la tecnologia degli ausili per l’udito. E poi c’è più inclusione, anche se tra cinema, tv e vita reale si continuano a prendere in giro i sordi. L’ha fatto anche Trump, con l’attrice Marlee Matlin (lei, premio Oscar 1987 come migliore attrice per Figli di un dio minore, ha rivelato che nel 2011 il Presidente l’avrebbe a lungo imitata e le avrebbe dato della “ritardata”, cosa che lo staff di Trump ha subito smentito, ndr). Insomma, ci sono dei margini di miglioramento!
Secondo lei che cosa significa davvero “non ascoltare”, oggi, in questo mondo?
Non saprei. Ciò che mi colpisce di più è il fatto che non tutti i politici – e lo stesso la gente nella vita quotidiana – si rendono conto che alcuni di noi sono fortunati e altri no, e che il compito di chi è fortunato è aiutare chi non è fortunato. Anche perché non si può mai sapere: chi è fortunato oggi potrebbe avere bisogno di una mano domani.