Quella insostenibile solitudine dell’arte, viaggio nei musei bolognesi vuoti

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Il Polittico Griffoni

La tristezza degli spazi deserti di Genus Bononiae, Roversi Monaco : «Non dovevano chiuderci». Per il Polittico Griffoni era stata chiesta una dispensa straordinaria, però negata. Ora si spera nella zona gialla

di Fernando Pellerano

L’insostenibile solitudine dell’arte. È al buio anche il Compianto di Niccolò dell’Arca, invisibile nella sua disperazione ai visitatori a causa del Covid. Un grido sordo prigioniero in una delle eccellenze espositive di Genus Bononiae, la Chiesa di Santa Maria della Vita, classificata come complesso museale e quindi off limits. Per tornare a nutrirsi del bello l’unica speranza adesso è di diventare zona gialla il prima possibile. Forse fra una settimana. È più indignato che rassegnato il presidente Fabio Roversi Monaco. «Il ministro Franceschini? Lasciamo stare», sussurra nella sala al pian terreno di Palazzo Fava, fra una statua di Arturo Martini, il polittico orientale di Mondino e i tavolini e le sedie allestite dal contiguo bar del museo. Per ammirare il Polittico Griffoni dal Mibact non è arrivata alcuna dispensa straordinaria, come aveva richiesto Roversi. È un delitto non sfruttare l’eccezionale proroga di un mese, che scade il 15 febbraio, strappata agli enti prestatori: 9 musei sparsi nel mondo che acquisirono i tanti pezzi smembrati e venduti tre secoli fa dal cardinale Aldrovandi.

Il silenzio delle sale vuote

Con Roversi Monaco affrontiamo un viaggio nel silenzio delle «sue» creature: Palazzo Fava, San Colombano, San Giorgio in Poggiale, Palazzo Pepoli e il Museo della Storia di Bologna, Santa Maria della Vita. «Non sta né in cielo né in terra chiudere i musei, qui è tutto in sicurezza, ingresso su prenotazione senza affollamenti», non dentro, non fuori. «È dolorosissimo che nessuno possa attraversare queste quattro sale. Franceschini, invitato, non ci risulta sia venuto». Eppure è di Ferrara, come Francesco del Cossa e Ercole de’ Roberti, gli artisti del Polittico. «È invece venuto Sgarbi, che prima di ‘concederci un dipinto custodito in Pinacoteca scrisse “come è noto questa operazione è impossibile”. Per lui, non per noi che dopo tre secoli ci siamo riusciti». Fallì anche il direttore della National Gallery di Londra prima della guerra «nonostante il “sì” di Mussolini: Francia e Usa si misero di traverso». Impegno, investimento, un risultato straordinario. «Solo per il trasporto abbiamo speso 140 mila euro, finora 18 mila visitatori, abbastanza bene considerato il periodo», dice mentre entriamo nella sala con la storia dei Polittici in città. A seguire la fabbrica di San Petronio, lo studio sulle ricostruzioni della «cornice» nella quale erano incastonati i dipinti, infine le 16 opere provenienti da Londra, Parigi, New York, Washington, Rotterdam, Milano, Venezia, Ferrara, Varese e il Vaticano. Il portone chiuso è un delitto. «Dopo il 15 torneranno tutte a casa definitivamente».

Le visite digitali

Sul sito di Genus si può fare una visita digitale acquistando un biglietto da 5 euro, ma si lotta per qualcosa di vero, in modo da ammirare anche gli affreschi dei Carracci, «cornice regalo» a qualsiasi esposizione. Il bello nel bello. Si dice che tornati gialli o bianchi si riaprirà e ci sarà un rimbalzo. «Ci posso anche credere, ma fino a un certo punto. Ci sono tante variabili che sono in possesso di persone che non sono affidabili», picchia duro Roversi. Il tempo stringe, febbraio è alle porte. E dopo? Il presidente è già al lavoro per una personale di un giovane artista italiano, misterioso. Arte contemporanea. Guai fermarsi.

San Colombano, restauratori al lavoro

Il curatore olandese Liuwe Tamminga ci spalanca San Colombano, dove la manutenzione e il restauro degli strumenti ha accelerato. Ci sono delle novità. «I prossimi visitatori vedranno l’acquisizione fatta in lockdown, un clavicembalo dipinto del ‘500 che era a Sorrento. Pezzo unico, straordinario». È sul palco con quello fiammingo del ‘700, ricostruito in copia da un maestro, con tanto di trasportatore di tastiera, nel laboratorio del museo. Al primo piano l’Oratorio dove si suona dal vivo. «Vorremmo ripartire con un omaggio al compositore bolognese Giacomo Perti». Roversi Monaco indica un Cristo del ‘200 comparso su una parete durante il recupero della cripta coperta di detriti. Tutto è tornato invisibile. In San Giorgio in Poggiale l’ex direttore dell’Archiginnasio, Pierangelo Bellettini, ha riorganizzato i depositi bibliotecari. «Abbiamo recuperato spazio e ritrovato undici incisioni di Morandi». Senza visitatori si progetta in vista della riapertura. «Terremo la mostra “Zoo di Carta” ancora un po’, ma il 2021 sarà dedicato a Dante». Un altro spazio orfano. Ideale per girarci un film, come in «Una notte al museo» o «Dopo mezzanotte». Chiusa Santa Maria della Vita, concludiamo a Palazzo Pepoli. Qui il vuoto è rumoroso quanto luminoso, con il suo soffitto di vetro. La storia di Bologna però si rinnova. Prossimi temi, «il jazz sotto le Due Torri e l’importante presenza in città della comunità ebraica. Rilanceremo anche il progetto Bologna Futura interrotto per la scomparsa di Giuliano Gresleri che era il curatore», sospira il presidente. Ma l’istituzione, dopo i tanti tagli avvenuti, resisterà alla pandemia? «Speriamo che le banche distribuiscano i dividendi che ci spettano, dobbiamo ancora definire le erogazioni del ’21, dialogheremo con gli sponsor, resisteremo, certo». Dopo il Polittico abbiamo bisogno di un ulteriore Rinascimento, le porte della bellezza vanno riaperte: nel silenzio questo si sente.

 

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