Il MArTA, Museo Archeologico Nazionale di Taranto è il racconto delle radici dell’Italia Meridionale attraverso le testimonianze materiali delle genti che l’hanno abitata. Ed è anche un avamposto di produzione culturale in un mare (anzi, due) di desolazione e frustrazione post industriale.
Da oggi, in questi luoghi così evocativi è stato siglato un protocollo d’intesa tra museo e servizio sanitario per sviluppare progetti sul rapporto tra arte e salute e per incentivare e incoraggiare la fruizione culturale e artistica di pazienti, anziani, e persone con disabilità psichiche, fisiche e neurologiche.
«È un progetto ambizioso – racconta Eva Degl’Innocenti, direttrice del MArTA – per la prima volta in Italia si fa qualcosa di strategico che coinvolge un Museo e una ASL, a partire dall’accessibilità e dall’inclusione culturale di soggetti svantaggiati. Come Museo, già lavoriamo molto con associazioni e altre realtà del territorio, ma questo protocollo integra le nostre competenze di educazione e formazione museale con quelle di cura tipiche di un’azienda sanitaria pubblica. Una rivoluzione».
Ispirato a progetti analoghi già svolti in USA e Canada, l’accordo mira a far sì che l’arte accompagni più agevolmente i percorsi di cura di persone in particolare condizione di fragilità con benefici evidenti per la comunità intera. L’espansione dell’accesso ad attività culturali e artistiche per malati, ospiti di strutture, anziani, disabili – che rappresentano una fascia di cittadini con livelli di partecipazione e pratica minore – produce significati, comprensioni e ricordi, attraverso processi comunicativi diversi, se non nuovi, rispetto alle strategie terapeutiche ordinarie. Diversi studi hanno dimostrato che le visite ai musei migliorano e allungano la vita delle persone, accompagnando positivamente i percorsi di cura.
In una società caratterizzata da una popolazione di anno in anno più anziana, con sempre più persone affette da malattie croniche e col dilagare del disagio psichico – dalle dipendenze patologiche alla molteplicità dei disturbi dello spettro autistico – la ricerca di tecniche inedite che affianchino cure e terapie tradizionali per migliorare una volta per tutte la qualità della vita, si fa frenetica. Ed ecco che s’inizia così finalmente a comprendere il potere curativo della contemplazione del passato, la quale proietta in una speranza di futuro che è linfa assoluta di vitalità
«Sarebbe bello se il museo diventasse una sorta di reparto di eccellenza dell’ospedale» si augura il direttore della locale ASL. E non sono parole al vento (anche perché qua, il vento che soffia è spesso saturo di veleni): il protocollo che ha appena firmato si pone l’ambizioso obiettivo di garantire e sostenere – con costi ridotti e in parte già coperti dalla Regione Puglia – politiche di invecchiamento attivo, ossia recupero sociale e sanitario di quei casi clinici a un passo dall’anticamera del buco cognitivo. E sono tanti. In una città come questa. Una perla martoriata dall’industrializzazione senz’anima. Con l’arte di questo museo straordinario a giocare la sua parte: migliorare e cambiare le esperienze di vita delle persone sofferenti nel recupero o mantenimento delle capacità cognitive e delle funzioni neuro-motorie.
I protocolli sono già pronti: ora si tratta di individuare percorsi tematici dedicati, tenendo conto delle specifiche esigenze e delle caratteristiche degli utenti, come ad esempio con la presenza di un interprete della lingua dei segni per i non udenti, oppure dei materiali in braille per gli ipovedenti, e via dicendo.
L’obiettivo è di offrire esperienze di visita al Museo in condizioni di comprensibilità e autonomia, senza dimenticare il comfort e la sicurezza affinché gli utenti possano sviluppare e realizzare il proprio potenziale creativo, artistico e intellettuale, per il proprio vantaggio, ma anche per l’arricchimento del viver comune. La creazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare consentirà inoltre di analizzare gli effetti dell’esperienza e di valutare in tempo reale il grado di benessere psico-fisico raggiunto dai fruitori. Insomma, Taranto, con la sua tempra d’acciaio, non molla.
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