Canada, la cultura della morte: sondaggio shock sull’eutanasia per i poveri e i disabili

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di Vincenzo Ferrara

Il Canada è ancora al centro dell’attenzione per la sua legge sul suicidio assistito, la più permissiva del mondo, la cosiddetta MAID (Medical Aid in Dying). Grazie a questa legge, in vigore dal 2016, praticano l’eutanasia più di 10mila persone ogni anno. Non è la prima volta che scoppiano polemiche intorno a questa legge: vi sono già stati casi-limite in cui non era chiaro se il soggetto avesse scelto il suicidio con piena consapevolezza oppure spinto da fattori esterni come la burocrazia, i medici o i familiari.

I risultati shock del sondaggio

A maggio sono usciti i risultati di un sondaggio che ha scioccato l’opinione pubblica internazionale: più di un quarto dei canadesi interrogati in merito pensa che la povertà o il non avere una casa possa essere un motivo legittimo per richiedere l’eutanasia. Un numero ancora maggiore pensa che un altro motivo di suicido legale da inserire nella legge siano gli handicap fisici, le malattie mentali o l’impossibilità di ricevere cure mediche. Infine, quasi tre quarti degli intervistati ritiene che le politiche nazionali sull’eutanasia siano corrette.

Il sondaggio condotto dall’agenzia canadese Research Co si inserisce nel dibattito già in atto fra i politici canadesi sull’opportunità di espandere la base legale del MAID. Se inizialmente le condizioni per attuarlo erano la malattia terminale o una disabilità grave le quali comportino pesanti sofferenze e una morte sicura, una successiva modifica ha ampliato la sfera applicativa anche ai malati non terminali. Oggi si discute se allargare la legge ai malati mentali e ai bambini. E dopo il sondaggio si sa che più di un quarto dei canadesi sarebbe favorevole a spingersi ancora più in là, includendo nella MAID coloro che non possono pagarsi le cure e persino i senzatetto, che in Canada sono circa 30mila.

Il paper della discordia

Recentemente due studiose di filosofia e bioetica dell’Università di Toronto hanno pubblicato un paper, un articolo di carattere scientifico in cui di fatto propongono di inserire nuove categorie di cittadini fra gli aventi diritto al suicidio assistito. Le due accademiche, Kayla Wiebe e Amy Mullin, ammettono che la decisione di porre fine alla vita è qualcosa di “profondamente tragico”, ma affermano al tempo stesso che negare l’aiuto a morire provoca ancora più dolore, quando le circostanze sono tali per cui non si veda nel breve termine alcun miglioramento della condizione del soggetto richiedente. Quindi si potrebbe rivolgere ai medici per ottenere l’eutanasia anche chi ha come motivo lo stato di povertà o altre “condizioni inique” di vita.

La loro logica è la seguente: è inaccettabile costringere le persone che si trovano già in una condizione sociale iniqua ad aspettare finché tali contingenze sociali migliorino o ad aspettare l’eventualità della beneficenza, cosa che avviene talvolta, anche se non in modo prevedibile, quando casi particolarmente dolorosi vengono resi pubblici. Con una tale premessa, le accademiche dicono che seguendo la logica della riduzione della sofferenza si arriva a una soluzione necessariamente imperfetta, cioè lasciare che il soggetto possa scegliere di morire, il che costituisce comunque il “male minore” fra le opzioni possibili.

Le opinioni dei contrari

Le voci contrarie ad un allargamento della legge MAID si fanno sentire. L’accademico canadese Yuan Yi Zhu, che lavora all’Università di Oxford, descrive il percorso di questa legge come una “macchia morale” che ha sporcato il Paese e per la quale pagheranno le future generazioni. Alex Schadenberg, direttore della Euthanasia Prevention Coalition, ha detto che il Canada si era messo su una “china pericolosa” nel momento stesso in cui approvò il MAID nel 2016. Con la sua associazione aveva avvertito che i successivi governi avrebbero smantellato le tutele e le barriere poste intorno a questa legge: ed è esattamente ciò che sta accadendo, dice Schadenberg. David Alton, parlamentare britannico della Camera dei Lord, definisce “vergognoso” il risultato del sondaggio. Il suo tweet recita così: Le persone senza una casa hanno bisogno di un tetto sulla testa, non di un’iniezione letale. Si metta fine alla mancanza di case, non alla vita dei senzatetto.

La cultura della morte

È intervenuto sull’argomento anche l’intellettuale canadese David Brooks, editorialista del New York Times e membro dell’American Academy of Arts and Sciences. La sua critica verso la cultura della morte che si sta instaurando in Canada si concentra sull’aspetto burocratico e utilitarista dell’applicazione del MAID. Al posto dell’assunto basilare della sacralità della vita subentra un’analisi materialistica dei costi/benefici.

Come ha detto il presidente dell’Ordine dei Medici del Quebec, il suicidio assistito non è una questione politica, morale o religiosa, ma strettamente medica. Di fronte all’affermazione “io scelgo di morire”, il Canada sembra difettare di un corpo di valori condiviso che possa opporre un rifiuto giustificato. Invece è l’autonomia individuale il valore più alto, quello che giustifica l’affermazione “Il corpo è mio e ci faccio quello che voglio io”, per esempio anche morire. Peccato che tale principio sia stato ampiamente violato nel biennio scorso, quando il governo impose delle pesanti misure sanitarie restrittive o vaccinali. Ai cittadini scesi in piazza per protestare rispose con la forza, mandando la polizia in tenuta antisommossa e applicando metodi orwelliani come il blocco dei conti correnti dei manifestanti.

Il video ‘All is Beauty’

Nel caso dell’eutanasia, l’autodeterminazione della persona viene vista come il valore più prezioso, che rende la morte non una fine tragica o degradante, ma come una gloriosa espressione di sé. Un fulgido esempio di questa paradossale cultura della morte può essere considerato il video pubblicato a fine 2022 dalla catena di negozi di abbigliamento La Maison Simons, che racconta il suicidio assistito di una donna di 37 anni affetta da una malattia genetica altamente debilitante, ma non mortale.

Tale video, intitolato “All Is Beauty” e diffuso il giorno dopo il decesso della donna, mostra quest’ultima in scene piacevoli in stile Instagram, per esempio sulla spiaggia o a una festa, e ritrae la sua morte come “l’uscita di scena più bella”. Il Canada è quindi destinato ad essere ancora al centro dell’attenzione per la sua legge sul suicidio assistito, la più permissiva del mondo, la cosiddetta MAID (Medical Aid in Dying), grazie alla quale più di 10mila persone ogni anno praticano l’eutanasia.

 

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