Redazione comune.torino

Lo ha realizzato nel 2016 l’associazione britannica Hidden Disabilities, una di quelle che si occupano di disabilità invisibili, cioè disabilità che non si vedono a “occhio nudo”. Il cordino, che è usato in molti paesi, tra cui l’Italia, serve a fare in modo che quella persona ottenga la precedenza o l’assistenza a cui ha diritto. O semplicemente a segnalare al resto della fila che potrebbe essere un po’ più lenta.

La campagna informativa sulle disabilità invisibili fatta da AICCA, l’Associazione Italiana Cardiopatici Congeniti Bambini e Adulti

Pamela De Rosa, rappresentante di APMARR, l’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, è portatrice di una disabilità invisibile su cui gestisce una pagina Instagram e una Facebook, e dice di usare molto spesso il cordino coi girasoli. A lei è stata riconosciuta una disabilità dell’80 per cento, anche se non ha una patologia ben definita, piuttosto un insieme di condizioni reumatiche, polmonari, neurologiche, connettivali, metaboliche e cardiologiche per cui non può restare troppo tempo in piedi o camminare troppo a lungo, tra le altre cose. I farmaci che prende la portano inoltre a dover andare velocemente in bagno.

«A meno che non passi un po’ di tempo con me, anche solo un pomeriggio andando per negozi, non ti accorgi di tutte queste cose», ha spiegato. De Rosa è una donna che viaggia, ama fare snorkeling e andare ai concerti, ma che quando fa tutto questo deve pensare a una serie di accortezze. Ha raccontato per esempio che quando va ai concerti porta con sé una piccola sedia pieghevole che sta tutta ripiegata in borsa, perché non può restare in piedi per troppo tempo.

Marco, un uomo affetto da sclerosi multipla, ha raccontato invece dei molti problemi provocati dalla sua patologia: «L’affaticamento precoce è uno di questi: non posso camminare per lunghi tratti o stare troppo tempo in piedi, altrimenti soffro di spasmi e crampi muscolari. Ho anche continui formicolii, momenti di instabilità in cui perdo l’equilibrio, vertigini e diplopie [visione doppia, ndr], oltre a fischi nelle orecchie». Marco ha raccontato anche dell’eccezionale frequenza con cui ha bisogno di andare in bagno: «Quando vado da qualche parte devo mappare le zone per assicurarmi della presenza dei bagni, e se non lo faccio posso avere dei veri e propri blocchi psicologici».

Marco ha una patologia che non si vede, perché cammina, lavora, parla, si sposta autonomamente; ma ha dovuto comprare comunque un’auto col cambio automatico perché non aveva forza nelle gambe, e cambiare la propria mansione al lavoro: «Prima facevo l’istruttore di guida sui mezzi di terra in aeroporto, ma l’accertamento della mia patologia ha portato al ritiro della patente».

Nell’immaginario comune la disabilità viene associata a sedie a rotelle, bagni dedicati con water rialzati e maniglioni bianchi, bastoni per camminare o altri oggetti. Ma non è sempre così, e pur non facendo uso di tutti questi oggetti le persone portatrici di disabilità invisibili devono affrontare continue barriere. Strumenti come il cordino coi girasoli servono proprio a segnalarlo.

De Rosa ha raccontato che nei paesi e nei contesti in cui il personale è stato adeguatamente formato sulle disabilità invisibili ha avuto esperienze molto positive. In Italia le è successo al Museo egizio di Torino, dove vedendo il cordino coi girasoli il personale le ha fatto lo sconto a cui aveva diritto, ha consegnato il biglietto gratuito al suo accompagnatore, chiesto se aveva bisogno di una sedia a rotelle e dato indicazioni su dove trovare ad ogni piano i bagni e le sedie per sedersi quando ne aveva bisogno.

Oltre a segnalare in modo discreto il proprio bisogno di assistenza, il cordino coi girasoli può servire a indicare che c’è un motivo se si sta usufruendo di corsie o parcheggi riservati. Raluca-Bianca Nedesca, psicologa di AICCA, l’Associazione Italiana Cardiopatici Congeniti Bambini e Adulti, ha spiegato che alle persone con disabilità invisibili capita di ricevere insulti o subire attacchi verbali, perché siccome camminano autonomamente dopo aver parcheggiato la propria auto in un posto per disabili o stanno in piedi in una fila riservata, magari in un luogo affollato, vengono ritenute bugiarde: «Episodi di questo tipo sono all’ordine del giorno», ha spiegato Marco.

Altre volte le persone con disabilità invisibili provocano reazioni spazientite da parte di chi le ritiene lente, o pigre, perché ci mettono più tempo degli altri a fare le cose.

Sulla diffusione delle disabilità invisibili – o “non visibili” o “nascoste”, i termini variano – sono state fatte alcune stime: una delle più recenti è contenuta in un rapporto di quest’anno del governo britannico, che dice che l’80 per cento delle disabilità nel mondo non sono visibili: cioè moltissime. È comunque un concetto piuttosto elastico, anche perché possono essere considerate invisibili disabilità provocate da patologie agli stadi iniziali, che poi diventano visibili col tempo.

Disabilità invisibili sono anche le cardiopatie congenite, cioè malformazioni al cuore presenti dalla nascita, quelle di cui si occupa AICCA, che ha recentemente condotto una campagna informativa sul tema: «Ci sono moltissimi livelli di complessità delle cardiopatie congenite, a seconda della gravità e della presenza di altre di altre patologie. Le forme più complesse possono essere molto impattanti, e alcune persone sono costrette a lasciare il lavoro e ridurre al minimo gli sforzi fisici: può essere molto faticoso anche uscire di casa oppure camminare», ha spiegato Nedesca.

Disabilità invisibili possono essere infine condizioni di salute mentale, tra cui alcuni disturbi della personalità, come il disturbo borderline o quello bipolare, l’autismo, la schizofrenia, o condizioni di depressione o ansia che possono provocare attacchi di panico.

Oltre a Hidden Disability ci sono anche altre associazioni e progetti che in modi e con linguaggi diversi fanno informazione sulle disabilità invisibili: per esempio Invisible disabilities, associazione statunitense, o l’Invisible disability project, un movimento culturale che si propone di combattere lo stigma associato alla disabilità e più in generale di promuovere l’inclusività.

Fonte: ilpost

L'informazione completa