Chiedono soldi per beneficenza: ma a volte creano confusione

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Ragazzi agli stand nel nome di varie associazioni. Ecco cosa può accadere quando le informazioni non sono precise.

Da Pro Juventute a WWF, in tanti fanno capo ai ragazzi della Corris AG, generalmente corretti e chiari. Ci sono però delle eccezioni.

Redazione di Patrick Mancini

BELLINZONA – Ti fermano per strada. Gentilmente. Di solito sono giovani e si trovano accanto a uno stand. Ti chiedono se vuoi fare una donazione permanente, di regola mensile o trimestrale, per una buona causa. Un episodio verificatosi a Bellinzona, tuttavia, merita qualche chiarimento.

Addebito diretto – C’è uno stand di Pro Juventute. A un passante i ragazzi spiegano che stanno raccogliendo fondi per un progetto di prevenzione contro il suicidio giovanile. A un’altra signora, però, viene detto che i fondi servono per progetti più generali di Pro Juventute. Si crea un attimo di confusione. Anche perché bisogna fornire i propri dati personali, la donazione (minimo un anno) funzionerà col sistema di addebito diretto.

Senza dubbi – Ilario Lodi, responsabile di Pro Juventute per la Svizzera italiana, fa chiarezza: «Non c’è dubbio che i soldi donati finiscano a nostri progetti educativi. E chi ha sottoscritto l’accordo può stare tranquillissimo. Forse a qualcuno è stato spiegato male il concetto. La raccolta fondi è destinata ai progetti di Pro Juventute in generale, non solo per il tema del suicidio giovanile».

Malintesi – Ma chi sono questi ragazzi? Sono collaboratori della Corris AG, un’agenzia attiva dal 1995. «Pro Juventute delega da anni questo mandato a un’agenzia molto professionale – spiega Lodi ­–. La sfida è quella di spiegare bene cosa è in gioco e accogliere le preoccupazioni dei consumatori in un tempo assai breve. A volte possono nascere malintesi».

Funziona così – I ragazzi di questa agenzia, la Corris, cambiano di frequente il focus delle loro raccolte fondi. Magari per alcune settimane sono concentrati su Pro Juventute. Successivamente raccolgono fondi per altri. «Corris AG gode della fiducia di oltre 30 organizzazioni no-profit – sottolinea Bernhard Bircher-Suits, portavoce dell’agenzia –. Come Pro Juventute, Pro Infirmis, la Federazione Svizzera dei Sordi, Amnesty International, Helvetas, WWF, eccetera. Impieghiamo ogni anno circa 1.400 collaboratori temporanei in tutta la Svizzera. In Ticino al momento, una dozzina».

Garanzia di qualità – Bircher-Suits non lo nasconde. A volte qualche lamentela c’è. «Anche se poche. Le persone che si sentono infastidite a volte reagiscono emotivamente. Una reazione rapida e competente dei nostri collaboratori porta spesso ad un chiarimento. Con l’aiuto di numerose misure di garanzia della qualità, ottimizziamo costantemente i nostri processi di lavoro e i dialoghi dei nostri collaboratori».

Pochi spazi – Nella Svizzera italiana, però, c’è un problema ulteriore. Gli spazi pubblici in cui piazzare gli stand non sono infiniti. Soprattutto in tempi di pandemia. «Corris cambia ogni giorno i luoghi di lavoro per evitare di approcciare le stesse persone più volte. Questo in tutta la Svizzera. A sud delle Alpi le campagne per le varie organizzazioni durano di regola dalle 4 alle 6 settimane. Per ragioni di trasparenza, tutti i nostri collaboratori sono tenuti a indossare un badge Corris e gli abiti da lavoro con il logo dell’organizzazione».

La pandemia non frena gli stand – «Nonostante il Covid – aggiunge Baldwin Bakker, amministratore delegato di Corris – le campagne stanno andando bene. Gli stand sono sicuri e rispettano ogni precauzione. Il nostro ruolo è importante per le associazioni umanitarie che in questo modo possono concentrarsi sui loro compiti. Va anche specificato che il 100% delle donazioni va alle associazioni. Noi riceviamo una tariffa forfettaria dai rispettivi settori marketing. Tutto è rigorosamente controllato».

C’è chi comunque disdice – «Di solito noi non riceviamo reclamazioni – fa notare Lodi –. Succede, tuttavia, che una persona arrivi a casa e si renda conto di non volere veramente mantenere l’impegno, magari perché ha altre spese. E allora disdice l’accordo senza alcun problema».

Il consiglio dell’esperta – Ivana Caldelari Magaton, dell’ACSI (Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana), è categorica. «Occorre informarsi sempre bene di cosa si tratta, capire a chi vanno i soldi raccolti e come saranno spesi. È anche importante prestare attenzione nel fornire i propri dati personali per strada. Servono garanzie di riservatezza o di come saranno utilizzati. Inoltre chi raccoglie fondi in nome di un’associazione deve essere in grado di dare informazioni esaustive su questo ente e deve essere in possesso anche della documentazione che attesta il mandato ricevuto. Se invece tutto resta fumoso e poco convincente, il consiglio è di lasciare perdere e preferire altri canali per le proprie donazioni».

 

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