In Uganda opera un’organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura delle patologie oculari e delle disabilità ortopediche.
L’associazione ha messo a punto una serie di interventi specifici per il miglioramento delle strutture sanitarie e favorire l’inclusione delle persone più vulnerabili
Il numero di persone che in Uganda presenta patologie visive è molto alto, si parla di 1.2 milioni, delle quali 250.000 sono cieche.
Tra le problematiche più diffuse ci sono la cataratta (57,1%), gli errori refrattivi, il tracoma e il glaucoma. Nel 75% dei casi le cause della cecità sono prevenibili o curabili, ma sono diversi gli ostacoli che ne impediscono la guarigione. Hanno un peso la carenza di ospedali e centri sanitari e il sovraffollamento delle strutture oculistiche esistenti, anche in seguito all’aumento negli ultimi anni di profughi sud sudanesi nel Nord dell’Uganda; a questo si aggiunge la mancanza di personale sanitario formato e quindi non in grado di diagnosticare per tempo patologie visive. Spesso i servizi oculistici non sono accessibili e le persone con disabilità ne risultano penalizzate. Tutto ciò è andato a peggiorare nell’ultimo periodo a causa dell’emergenza Covid-19.
Per far fronte a questa situazione seria e drammatica, in Uganda CBM è presente con diversi progetti. Un impegno costante, proficuo e innovativo che negli anni non si è fermato alla prevenzione e cura della cecità evitabile, ma è arrivato alla disabilità fisica e, infine, all’innovazione. CBM Italia Onlus è un’organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura della cecità e della disabilità evitabile e nell’inclusione delle persone con disabilità in Africa, Asia, America Latina e in Italia. CBM Italia fa parte di CBM (Christian Blind Mission), organizzazione internazionale attiva dal 1908 per includere e contribuire a una migliore qualità della vita delle persone con disabilità che vivono nei Paesi in via di sviluppo.
Il più antico ospedale dell’Uganda
Il Mengo Hospital, fondato nel 1897 a Kampala, è una vera istituzione in Uganda e nell’Africa orientale. Il reparto oculistico, istituito nel 1990, fornisce servizi di assistenza oculistica completi e a basso costo, sia ambulatoriali che ospedalieri. Negli ultimi 25 anni, grazie alla collaborazione con CBM, il reparto oculistico è cresciuto offrendo prevenzione, cura, diagnosi di patologie oculari complesse e interventi chirurgici specialistici, di cataratta per adulti e bambini, strabismo e glaucoma. Il Mengo Eye Department svolge anche sensibilizzazione nella comunità, screening e correzione degli errori refrattivi anche nelle scuole e servizi di ipovisione. In media il reparto accoglie 50.000 pazienti da tutta l’Uganda e da Paesi vicini come il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo, ed effettua 3.600 operazioni chirurgiche ogni anno.
Tra gli obiettivi futuri vi è l’ampliamento del dipartimento oculistico con la costruzione di 4 nuove sale operatorie, una banca corneale, una sala per le visite, un’unità di ipovisione, dove svolgere anche sessioni di stimolazione e riabilitazione visiva, camere di degenza pazienti e tanti altri spazi indispensabili per fornire visite e cure di qualità. Grazie al nuovo progetto si prevede che 563.000 persone in 5 anni avranno accesso alla nuova struttura e quindi a cure oculistiche.
La storia di Vivian
Vivian ha 5 anni e vive in un villaggio rurale fuori Kampala, la capitale dell’Uganda. È una bambina vivace, corre, salta, gioca: è estremamente curiosa. Eppure per lei non è sempre stato così semplice. Vivian era totalmente cieca dall’occhio destro e i medici dell’ospedale a cui si erano rivolti i suoi genitori non potevano operarla perché per operare i bambini di cataratta si ricorre all’anestesia totale, e non tutti i centri sono in grado di eseguire questo intervento in Uganda. “Anche se non vede è molto brava a scuola, è tra i primi sei della classe. – ha spiegato il padre della bambina – La cosa che più mi preoccupa è che è completamente cieca dall’occhio destro e che potrebbe perdere la vista anche da quello sinistro. Quando mi hanno detto che era necessaria un’operazione chirurgica per me è stato uno shock: non sapevo davvero come fare”.
Essere ciechi, ancora oggi, in molti Paesi poveri significa essere esclusi, derisi, emarginati. È stato così anche per Vivian e la sua famiglia, che spesso è stata schernita e offesa. Poi un giorno, grazie a una clinica mobile, il caso di Vivian viene segnalato agli operatori di CBM. All’ospedale oculistico Mengo possono essere operati di cataratta anche i bambini. La piccola viene operata con successo e dopo una notte in ospedale, con l’occhio bendato, arriva finalmente il momento di vedere la luce.
L’ampliamento dell’Ospedale St. Joseph
È nel Nord Uganda che CBM sta costruendo un nuovo plesso chirurgico presso l’ospedale St Joseph, nella sub-regione di Ancholi, una delle più povere del Paese. Un progetto avviato in accordo con il Ministero della Salute ugandese, che renderà il St Joseph un centro oftalmico specialistico in grado di erogare cure diagnostiche, trattamenti specialistici e chirurgie oftalmiche. Il plesso chirurgico prevede diversi ambienti tra cui la sala operatoria principale, una sala per la preparazione di medici e infermieri, una sala d’attesa, una per le visite e quella per la degenza. La costruzione del plesso chirurgico è stata avviata a dicembre 2020 con il supporto del partner Arcò – Architettura e Cooperazione, un team di architetti specializzati in edifici e accessibili. I lavori di costruzione del plesso chirurgico e anche di rinnovo della sala degenza sono eseguiti in linea con la normativa ambientale del Paese, rispettando i criteri di sostenibilità ambientale.
Saranno garantiti il benessere acustico e visivo dei pazienti e contenuti i consumi energetici: verranno installati pannelli solari per alimentare il fabbisogno energetico della sala operatoria e sarà realizzato un sistema stand alone di produzione di energia elettrica. La sala operatoria sarà costruita secondo standard di accessibilità nazionali e internazionali e secondo i criteri di “accomodamento ragionevole e Universal Design” per la piena accessibilità delle strutture alle persone con disabilità e categorie più vulnerabili.
Valore aggiunto è inoltre la co-progettazione con la comunità locale; i lavori sono affidati a una ditta costruttrice del luogo, dove vengono acquistati i materiali e anche la manodopera è locale. La nuova costruzione fa parte di un progetto più ampio, avviato nel 2019 con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), per migliorare l’accesso e la qualità dei servizi oculistici nei distretti di Kitgum, Lamwo e Arua. Oltre alla costruzione del plesso chirurgico, sono molte le attività previste tra cui: l’equipaggiamento e rafforzamento dei centri sanitari sul territorio, per decentralizzare i servizi a livello comunitario; la formazione di medici e personale sanitario; l’attivazione di cliniche mobili nelle comunità e nei campi sfollati e la formazione alle autorità sui temi della disabilità, affinché diventi tema centrale nelle comunità. Grazie al progetto CBM porterà cure oculistiche a 76.500 persone tra cui in particolare persone con disabilità, donne e bambini.
Il CoRSU, un polo ospedaliero d’eccellenza
Il CoRSU (Comprehensive Rehabilitation Services of Uganda for People with Disabilities) è un ospedale di riabilitazione medica e chirurgia specialistica. È un polo di eccellenza in Africa Orientale per la cura e la riabilitazione delle disabilità ortopediche e plastiche, soprattutto dei bambini.
Punti di forza del CoRSU sono la chirurgia e le attività di riabilitazione; qui si curano i bambini con disabilità fisica, e nella fase post-operatoria, si favorisce la loro inclusione nella società. Le attività principali sono le chirurgie ortopediche (per deformazioni degli arti, piede torto, fratture), le operazioni di plastica ricostruttiva (soprattutto deformazioni del palato e ustioni) e i servizi di riabilitazione (fisioterapia, ergoterapia e logopedia). Queste vengono integrate da formazione del personale e un progetto di Riabilitazione su Base Comunitaria, che sostiene la partecipazione e l’inclusione delle persone con disabilità nelle loro comunità di appartenenza attraverso la collaborazione con i servizi sanitari, educativi, formativi e sociali esistenti.
L’80% dei pazienti del CoRSU sono bambini, che provengono dall’Uganda e dai Paesi vicini. Tra tutti i pazienti ammessi al CoRSU, 1 paziente su 5 è infettivo o è ad alto rischio di infezione. Queste condizioni richiedono per i pazienti di restare in isolamento in un ambiente protetto: per questo CBM nel 2016 – con il sostegno della Fondation Assistance Internationale (FAI) – ha avviato la costruzione ed equipaggiamento di un nuovo Reparto di terapia intensiva per la cura della Sepsi, il Septic Ward. Inaugurato nel 2017, ospita 24 posti letto ed è attualmente attivo e funzionante. Il CoRSU si occupa inoltre di nutrizione: spesso infatti i pazienti, soprattutto i più piccoli, arrivano al CoRSU in uno stato di grave malnutrizione e per questo non possono essere sottoposti a operazione chirurgica. Le nutrizioniste e le infermiere del CoRSU si assicurano quindi che tutti i pazienti raggiungano uno stato nutrizionale ideale, fornendo cibo terapeutico e formando i parenti dei più piccoli su come preparare i cibi più adatti per i loro figli, arricchendo prodotti facilmente reperibili con supplementi vitaminici e ipernutrienti.
Grazie al sostegno di Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo, è attualmente in corso un progetto che potenzierà le capacità di tecnologia additiva dell’ospedale e la qualità dei servizi di riabilitazione inclusiva erogati. Tra questi “Print the Innovation”: ausili e prodotti 3D per migliorare la vita delle persone con disabilità in Uganda. Un intervento che utilizza processi di produzione innovativi quali la manifattura additiva (stampante 3D) per migliorare la qualità dei servizi di riabilitazione inclusiva erogati dall’ospedale e, al contempo, rispondere ai bisogni dell’emergenza COVID-19. Il CoRSU dispone infatti di un innovativo laboratorio ortopedico che, grazie alle stampanti 3D per la produzione in serie di visiere protettive, protesi e plantari (tutori e supporti ortopedici), garantisce una maggior autonomia e sostenibilità economica nel reperire materiale e attrezzature mediche innovative e di qualità.
La storia di Rebecca
Rebecca ha cinque anni e vive con la sua mamma in un piccolissimo villaggio nel cuore dell’Uganda. È nata con entrambi i piedini torti: per lei camminare, correre e giocare erano una fatica immensa. La scuola è a diversi chilometri da casa e per lei la strada era troppo faticosa, non poteva quindi frequentarla e passava le sue giornate con la mamma, seduta sulla soglia di casa. Grazie a CBM la vita di Rebecca è cambiata. È stata portata all’Ospedale Ortopedico CoRSU, dove ha ricevuto tutte le cure necessarie. È rimasta in ospedale diverse settimane: dopo una serie di gessi, che andavano a sostituirsi periodicamente, e un’operazione chirurgica, ha iniziato a muovere i primi passi. Accompagnata da un tutore è diventata sempre più sicura dei suoi movimenti fino a che è tornata a casa. Rebecca oggi continua la riabilitazione e porta ancora le scarpe ortopediche ma la sua vita è totalmente cambiata: va a scuola, gioca con i suoi amici, aiuta la sua mamma nelle piccole faccende di casa.
La campagna
Nel mondo sono più di 1 miliardo le persone con disabilità. Di queste l’80% vive nei Paesi in via di sviluppo. È proprio in questi Paesi che la povertà e la disabilità sono spesso collegate, creando un circolo a cui è difficile sfuggire. Chi è povero ha più probabilità di avere una disabilità perché non ha accesso a una alimentazione sana, ad acqua pulita, a cure mediche, educazione e lavoro. La disabilità, dal canto suo, può contribuire e aumentare la povertà a livello individuale, familiare e comunitario a causa di discriminazioni e barriere. Chi ha una disabilità ha meno probabilità di accedere a istruzione, formazione e lavoro: opportunità che potrebbero porre fine alla povertà.
I progetti in Uganda rientrano nella nuova campagna “BREAK THE CYCLE”, nata con l’obiettivo di contribuire a spezzare il ciclo che lega povertà e disabilità nei Paesi in via di sviluppo. 26 i progetti sostenuti in 12 Paesi di Africa, Asia e America Latina. Progetti di salute, educazione e inclusione sociale, capaci di mettere al centro le persone con disabilità e i loro diritti grazie all’approccio CBID (Community Based Inclusive Development): uno sviluppo inclusivo su base comunitaria che permette di lavorare insieme alle comunità.