«In India è una tragedia, morti da moltiplicare per 10»

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Moreno Toldo, il medico vicentino che gestisce il Kiran Village a Varanasi, rientrato in Italia, racconta la drammatica situazione a causa della pandemia.

Il Centro dove cura bimbi con disabilità è chiuso dal 6 aprile.

di Marta Randon

«Per avere i dati reali dei morti da Covid in India bisogna moltiplicare i numeri ufficiali per cinque, fonti indiane dicono per dieci». Moreno Toldo è in quarantena nella sua casa di Sarcedo. È rientrato dall’India da circa una settimana, dove da una quindicina d’anni è direttore del Kiran Village, un Centro di riabilitazione ed educazione per ragazzi e giovani fino ai 25 anni con disabilità (affetti da paralisi e lesioni cerebrali, autistici, sordomuti) a Varanasi, nell’Uttar Pradesh, a nord-est dell’India. È in contatto giornaliero con lo staff di 150 persone tra fisioterapisti e infermieri: «Il nostro Centro è chiuso dal 6 aprile a seguito di un caso di Covid – racconta Toldo -, anche la scuola è ferma (come tutti gli altri istituti in India ndr) e non ricoveriamo più ragazzi per la riabilitazione intensiva. Ci prendiamo comunque cura della decina di bambini orfani che vivono all’interno del villaggio e seguiamo le famiglie digitalmente. Ogni nucleo deve avere almeno uno smartphone per poter vedere i video con gli esercizi riabilitativi da ripetere in casa. Li seguiamo con costanza».

L’Italia ha chiuso le frontiere con l’India. Le immagini che arrivano sono drammatiche. La seconda ondata di Covid ha paralizzato il Paese. Com’è la situazione dal suo osservatorio?

«Nelle città la situazione è gravissima. Ormai quasi ogni famiglia ha avuto un lutto . Una persona che lavora con me negli ultimi mesi ha perso cinque parenti tra i 45 e i 60 anni. Ci sono pile di cadaveri in attesa di essere cremati. Chi è ricco addirittura porta il corpo a Varanasi, la città sacra per eccellenza, perché comporta beneficio all’anima del defunto. Quello che succede negli ospedali privati non viene tracciato, i dati dei contagi e i decessi non vengono comunicati. La situazione è pesantemente sottostimata».

Quanto pesano le responsabilità del Governo?

«Il Governo ha accettato che si svolgesse la Kumbh Mela un anno prima per scuse astrologiche. Si tratta della più grande festa religiosa indiana in programma ogni 12 anni, che coinvolge 25 milioni di devoti. Ci sono state poi le elezioni politiche nello Stato di Calcutta, più le amministrative di alcune città, tra cui Varanasi. A fine marzo si è svolto un altro Festival religioso. Il governo non ha tenuto conto del rischio e contemporaneamente si è manifestata la variante indiana, mutazione del virus che sembra sia stata isolata per la prima volta a Mumbai a dicembre. La popolazione vedendo le scelte del governo ha abbassato la guardia. Gli ultimi dati indiani (di una decina di giorni fa ndr) indicano almeno il 15-20% di malati Covid con la variante indiana».

La mascherina è obbligatoria all’esterno?

«Certo, ma le persone sembrano non percepire il pericolo. Qualche sera prima di prendere il volo per l’Italia sono andato a Varanasi – a circa 20 km dal Kiran Village – per un tampone d’urgenza perché il risultato di quello che avevo fatto nell’ospedale pubblico non è mai arrivato. Lungo la strada c’erano festeggiamenti di matrimoni, poche persone con mascherina, non c’era consapevolezza del grave rischio. Sembrava che la vita fosse quella di sempre».

Negli ospedali com’è la situazione?

«Mancano posti letto e ossigeno. Il Governo ha chiesto agli ospedali privati di accogliere pazienti Covid. In generale il sistema sanitario non funziona. Chi è povero si rivolge ai nosocomi pubblici, non gratuiti: medicine ed esami si pagano. C’è una legge che dovrebbe tutelare i più poveri ma non è così purtroppo. Una buona fetta non ha la certificazione perché, per ottenerla, deve sottostare in qualche modo al regime corrotto. Non parlo per tutta l’In- dia, ma a Varanasi funziona così».

Moreno Toldo in India dipende dall’ospedale della Diocesi di Varanasi e presta servizio anche nelle parrocchie della zona. «Il governo è molto rigido con le Ong straniere e i medici volontari – racconta -. Devo rinnovare il permesso ogni 6 mesi. I controlli sono rigorosissimi».

 

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