L’impatto della pandemia da Coronavirus nelle nostre vite è stato forte per tutti ma, come qualcuno ha detto, non siamo tutti sulla stessa barca. Siamo, piuttosto, tutti nella stessa tampesta: e c’è chi è attrezzato co barche migliori o peggiori.

Cosa significa vivere da persone disabili in un Paese poverissimo, ai tempi della pandemia? Lo racconta Elena L. Pasquini nel reportage  realizzato per Degrees of Latitude , pubblicato nella versione inglese da Inter Press Service , tracciando una fotografia degli abitanti con disabilità del Congo.

Quel che ne esce è un ritratto pesantissimo: nella Repubblica democratica del Congo, le misure di contenimento del COVID-19 stanno avendo un impatto drammatico sulla popolazione più vulnerabile“Dall’inizio della pandemia oltre dodici persone disabili sono morte in Nord Kivu. Non di Covid, ma di fame“, spiega Herman Cirimwami, coordinatore del Paph, Programma d’assistenza e protezione delle persone con disabilità di Goma, capitale della provincia del Nord Kivu, nell’Est del paese, dove oltre centoventi gruppi armati si combattono in una guerra feroce, quella in cui a febbraio hanno perso la vita Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo.

E’ di questa gente che Elena L. Pasquini si occupa nel suo reportage, raccontando la sfida delle persone disabili a cui la pandemia ha ridotto drasticamente le possibilità di reddito, già limitatissime a causa dello stigma sociale che vede nel disabile una persona “inutile”, se non, come nel caso dell’albinismo, il “diavolo”. Tra loro, però, c’è anche chi un lavoro è riuscito a costruirselo: sono i piccoli imprenditori che gestiscono il commercio del cibo alla frontiera con il Ruanda, che si raccontano in un video qui sotto.

TUUNGANE – Uniamoci.mov from Degrees Of Latitude on Vimeo.

E’ una terra già martoriata, quella che viene raccontata: a Goma si stima ci siano oltre il 15 percento di persone disabili a causa della guerra Cirimwami. Guerra che non solo causa invalidità, ma che rende i disabili ancora più vulnerabili, “le prime vittime”: in molti restano soli quando scoppiano i conflitti nelle zone rurali, con difficoltà riescono a fuggire dai villaggi e quando raggiungono luoghi più sicuri spesso non hanno mezzi sufficienti per sopravvivere.

Alcuni di loro, per non scivolare nella totale indigenza, sono riusciti a diventare commercianti che trasportano prodotti agricoli attraverso la frontiera con il Ruanda. Portano mais, farina, banane, platano, cavoli, patate, fagioli usando tricicli o risciò adatti a chi non può camminare, mezzi che sfidano i terreni sconnessi, carichi fin quasi all’instabilità. A volte si muovono con la forza delle braccia, ma più spesso hanno bisogno di altri uomini, pagati per spingere.

Qui piccoli commercianti giocano un ruolo chiave nell’economia cittadina. Ma il Covid sta riducendo anche loro alla più completa indigenza: “Abbiamo molte difficoltà, alcuni dei nostri membri sono stati cacciati dalle loro case perché non avevano soldi per pagare l’affitto”, racconta Jacques Bisimwa Mitima, presidente dell’associazione Tuungane. La crisi nasce dalla chiusura della frontiera prima, e dai i costi per i test Covid e per i lasciapassare introdotti dopo lo scoppio della pandemia.

Persone disabili particolarmente esposte al rischio di contrarre il virus, che vivono isolate e senza accesso a presidi sanitari o strumenti di protezione. A parlare di loro e delle loro sfide, anche Thérèse Mabulay, presidente del Comitato paralimpico del Nord Kivu.

Una storia di sofferenza, ma anche di coraggio e impegno. Una storia, come sottolinea Elena Pasquini su Focus on Africa, solo all’apparenza lontana da noi. “E’ la storia della fatica, ma anche della determinazione, di chi vive la disabilità in un paese poverissimo, dilaniato da una guerra feroce e infinita, e che oggi deve affrontare il Covid-19 e le sue conseguenze economiche. Raccontarla, come raccontare di ciò che accade in molte altre terre fragili, non è soltanto questione di giustizia. È che ci riguarda, c’entra con noi oggi, con il modo in cui usciremo dalla pandemia. C’entrava prima che il Covid-19 esplodesse e c’entra con il futuro, non solo del Congo, ma anche il nostro“.

Produzione a Goma, Akilimali Saleh Chomachoma

Qui il reportage integrale: I disabili di Goma@ ed il talento di restare uniti. Contro Covid, guerra e stigma 

Redazione

 

L'informazione completa