ROMA – “Sorda”. In inglese, lingua originale del film, “Deaf”. Sin dal titolo, il lungometraggio d’esordio della spagnola Eva Libertad, presentato nella sezione Panorama dell’ultima Berlinale, si è preso carico della disabilità, non solo facendola vedere, ma anche sentire.
Angela, una donna sorda, aspetta un bambino dal suo compagno udente, Hector. L’arrivo del bambino provoca una crisi nella loro relazione, costringendo Angela ad affrontare le sfide di crescere sua figlia in un mondo che non è fatto per lei. Il film conta sull’interpretazione di Miriam Garlo, sorella della regista e attrice non udente che al suo personaggio, Angela, porta in dote l’esperienza personale: quella della maternità, qui raccontata attraverso lo spettro di chi deve fare i conti con un mondo che non è sintonizzato sulle onde di chi non sente. “Sorda” affronta anche l’ansia di due genitori (il compagno della protagonista è udente) che non sanno ancora se la bambina in arrivo ci sentirà o meno.
Nato dal cortometraggio omonimo, “Sorda” ha l’obiettivo di abbracciare con maggiore intensità la condizione di Angela e di studiare la complessità del rapporto tra udenti e non udenti, sospeso tra adesione emotiva, involontario pietismo e sottovalutazione del disagio.