Da piccola sognava di diventare ingegnere, perché le piaceva “costruire cose”.
di Antonella Mariani
Ma il destino ha deciso diversamente. Una parotite quando aveva 9 anni le ha sottratto l’udito ma le ha regalato una missione: aiutare le bambine e ragazze sorde come lei ad avere un futuro. Nata in un piccolo villaggio nella regione del Kano, vicino alle rive del lago Vittoria, nel Kenya occidentale, Georgine Auma Obura oggi ha 34 anni, un sorriso abbagliante e piccole trecce che le incorniciano il volto.
Sa che è una privilegiata, perché il suo sogno di studiare si è comunque realizzato ed ora è insegnante per alunni con bisogni speciali, ma sa anche che in Kenya, come altrove in Africa e nel mondo, l’handicap è uno stigma. La sordità isola e rende soprattutto le ragazze vulnerabili a violenze e prevaricazioni. La lingua dei segni non è diffusa, non è presente nelle scuole pubbliche e non è nemmeno garantita nelle scuole speciali per ragazzi sordi.
«Handicap e povertà spesso vanno insieme, perché le famiglie non hanno il denaro per curare malattie che, se trascurate, possono portare alla disabilità. Le ragazze sorde sono più fragili delle altre, spesso sono vittime di violenze sessuali, rimangono incinte o sono costrette a matrimoni precoci. Se non hanno un supporto a scuola, abbandonano per le continue frustrazioni. Al mio primo incarico in una scuola per non udenti, in una classe di 25 alunni solo 5 erano ragazze. C’era qualcosa che non andava», racconta Georgine Auma Obura.
Così ha capito che quella era la sua missione: far sì che le alunne sorde restassero in classe, completassero la loro educazione per conquistare un posto nella società. Segretaria amministrativa dell’Associazione nazionale dei sordi del Kenya, nel 2015, a 28 anni, si rese conto che il ruolo attivo nell’insegnamento le mancava. Fu così che diede vita alla Fondazione per l’educazione delle ragazze sorde, che si occupa di contrastare l’abbandono scolastico con corsi di supporto, mentoring, borse di studio, potenziamento delle capacità e diffusione della Lingua dei segni.
La Fondazione lavora con decine di scuole in Kenya; finora Georgine ha accompagnato come mentore oltre mille alunne. «Niente mi rende più felice che vedere le bambine e le ragazze sorde progredire nell’istruzione e nella vita – confessa ad Avvenire –. Una cosa di cui sono orgogliosa è ciò che le allieve realizzano dopo aver concluso gli studi: essere d’impatto nelle proprie comunità, sul posto di lavoro, diventare a loro volta mentore di altre ragazze. I nostri obiettivi vanno oltre l’istruzione: ci sforziamo di rendere le ragazze sorde sicure, motivate, indipendenti. Una donna istruita è una donna libera e può essere la voce di altre intorno a lei. Le ragazze che abbiamo sostenuto sono diventante sostegno per altre, aumentando la consapevolezza della comunità sui diritti, i bisogni e le aspirazioni delle persone con disabilità».
Nel 2015 le è stato assegnato il Mandela Washington Fellowship, un premio per l’impegno sociale destinato a giovani leader africani, e in quella occasione ha incontrato negli Usa l’allora presidente Barack Obama. Georgine è anche tra le protagoniste di un libro che raccoglie i ritratti di una 50ina di giovani leader che stanno facendo la differenza in Africa (“#Youthcan”, di Lizz Ntonjira, a capo di un network di donne per il cambiamento nel continente e direttrice della comunicazione di Amref Health Africa). Georgine sovrintende la produzione di materiali digitali per l’apprendimento con la Lingua dei segni, non solo in Kenya, ma anche in Tanzania, Ruanda e Malawi, in linea con i nuovi programmi ministeriali per una scuola inclusiva. A lei e al futuro delle sue allieve dedichiamo il prossimo 25 maggio, Giornata mondiale dell’Africa.