Supereroi sordi e sottotitoli per udenti: la rivoluzione in sala di “Sign Gene”

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Ricco di effetti speciali e dal un ritmo da video game, il film narra la storia di Tom Clerc, che acquista i super poteri grazie alla lingua dei segni. Tanti i riferimenti a manga e fumetti giapponesi, ma le parole sono ridotte all’osso: si punta tutto sull’immaginazione e sulle immagini. A firmarlo è il regista Emilio Insolera, sordo come la moglie Carola, modella e attrice interprete della pellicola

Un fotogramma tratto dalla pellicola Sign Gene, regia di Emilio Insolera

Il 13 aprile al Laemmle Theatre di Beverly Hills si romperanno tutti gli schemi: verrà infatti presentato negli Stati Uniti il film “Sign Gene”, il primo indie action movie dove gli interpreti sono tutti sordi da generazioni e usano tre linguaggi dei segni, quello italiano, giapponese e americano. Lontanissimo da quel film che si chiamava “Figli di un dio minore” con William Hurt e Marlee Matlin che raccontava una storia d’amore, “Sign Gene” è un rocambolesco film d’azione, girato in tre paesi, Italia, Giappone e Stati Uniti. Costato miracolosamente solo 25mila dollari, è un mix di stili: James Bond che incontra la fantasia cruenta di Quentin Tarantino e le arti marziali giapponesi.

Ricco di effetti speciali e con un ritmo velocissimo da video game, il film narra la storia di Tom Clerc, super eroe grazie ad una potente mutazione genetica, che lavora per la Q.I.A. – QuinPar Intelligence Agency – una società segreta affiliata al Pentagono composta da agenti mutanti selezionati.

Tom acquista i suoi superpoteri solo tramite l’uso della Lingua dei Segni. Lui esprime il segno di una pistola e magicamente la sua mano si trasforma in essa, in una metamorfosi perfetta. La storia si complica quando Hugh Denison, il capo della Q.I.A., invia Tom e il suo collega Ken Wong in missione speciale a Osaka per indagare su diversi crimini compiuti da mutanti sordi giapponesi.

Il film ricorda un po’ anche i nostri super eroi nostrani del film “Lo chiamavano Jeeg Robot” per i riferimenti ai manga e ai fumetti giapponesi, ma le parole sono ridotte all’osso, mentre si punta tutto sull’immaginazione e sulle immagini.

Classe 1979, il regista e produttore Emilio Insolera, è nato a Buenos Aires, da due genitori non udenti e ha sposato la bellissima modella e attrice norvegese Carola, sorda anche lei. Insolera non ama l’ipocrisia e invita tutti a dire “sordi” e non parlare di “non udenti”, che evoca inutile compassione. E’ stato borsista Fullbright-Wirth, si è laureato in cinematografia presso la Gallaudet University e ha ottenuto un Master in Comunicazione di Massa presso l’Università La Sapienza di Roma. Insolera è anche uno degli autori del primo Dizionario della Lingua dei Segni Italiana multimediale e attualmente vive a New York, dove ha lavorato per MTV, Time Out NY ed Elle. Il film “Sign Gene” è nato come un corto, ma avendo visto che l’interesse era grandissimo, Insolera ha pensato di produrre un lungometraggio, presentato con un enorme successo a Milano, l’8 settembre 2017.

Il regista, parlando del film, racconta che l’idea del soggetto è nata dopo un viaggio in Giappone, il paese dei manga e delle anime. Ha voluto utilizzare la fantascienza perché, grazie agli effetti speciali, è un genere che usa l’immaginazione e che può rendere visibile quello che è invisibile agli occhi. Lo stesso artista considera le persone sorde come dei supereroi, protettori della lingua visuale. Il messaggio del film è che la lingua non è solo sonora: concentrandosi sulle espressioni del viso e sui segni tutto diventa più intenso.

Insolera si augura che i canali pubblici italiani investano sulla lingua dei segni per la produzione cinematografica o artistica perché è una strada ancora tutta da esplorare. E anche le scuole dovrebbero insegnare la Lis, a partire dai primi anni di vita dei bambini, così come avviene per l’italiano parlato.

Un film sperimentale, psichedelico, affascinante e sicuramente da non perdere

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