Come vorrei che voi che leggete foste qui, con me, a vedere i faccini dei bambini della nuova classe per sordi profondi a Juba, la prima classe per loro in Sud Sudan! Malgrado la discrepanza di età e di preparazione stanno lavorando molto bene con la maestra, che ha frequentato tutti i nostri corsi di formazione, ed il terapista della lingua dei segni.
Rita Sidoli, già docente universitaria
Ricordo alcuni di questi bambini, quando lo scorso novembre 2015 venni per un seminario sullo sviluppo cognitivo, rivolto alle loro mamme.
Avevo voluto introdurre questo tema collocando le tre funzioni fondamentali della cognizione – percezione, attenzione e memoria – nel contesto delle attività quotidiane. Avevo sottolineato, con esempi concreti, che i bambini imparano sempre, non solo a scuola. La vita quotidiana poteva essere luogo di apprendimento purché le informazioni fossero offerte mediante la vista, il gesto, il movimento, l’esperienza concreta, la cura di un adulto che guidasse la loro attenzione sugli aspetti percettivi, favorisse la conoscenza degli oggetti e del loro uso, la capacità di concentrazione e di memoria. Le azioni che si fanno in casa, nell’orto, per la strada, le relazioni in famiglia possono diventare momenti di coinvolgimento del bambino sordo, di comunicazione – pur limitata – fra lui e la sua mamma, il papà, fratelli e sorelle, i parenti, i vicini. Avevo ascoltato i genitori che in molti avevano sottolineato la solitudine, l’emarginazione a cui spesso il bambino sordo rispondeva con opposizione, aggressività, crisi di rabbia.
Ne avevo visti alcuni: gli uni rifiutavano il contatto, non sembravano attirati dai semplici giochi motori proposti, gli altri irritabili, iperattivi, incapaci di accettare i limiti… Ora stanno seduti in classe, eseguono in autonomia le attività del pre-scuola, conoscono alcune lettere dell’alfabeto segnato e sanno segnare gli oggetti appartenenti alla loro esperienza quotidiana, contano fino a cinque. Il prossimo obiettivo sarà l’introduzione dei verbi più comuni per favorire la formazione della frase.
In classe, fra gli altri, c’è una bambina: al villaggio nessuna donna voleva prendersi cura di lei quando la mamma era impegnata; ora segue il lavoro con gli altri bambini, partecipa. In genere viene a scuola con un boda-boda (moto che trasporta un passeggero). Un giorno, era festa nazionale e la scuola era chiusa, si è attaccata alle colonne del portico e non voleva tornare a casa!
Per il resto, qui si cuoce (37° – 38° con grande umidità).
Altra notizia bellissima: si sta costituendo una associazione delle famiglie dei bambini disabili che vogliono ottenere il riconoscimento dei diritti dei loro figli. Era il mio sogno da anni; ne avevo parlato agli insegnanti, ben sapendo che – come è avvenuto in Italia – le associazioni dei genitori hanno una forte capacità di pressione e di costanza nell’azione. È bello notare che nel gruppo direttivo ci sono anche alcune donne.
Oggi li ho incontrati, sotto una tettoia di lamiera, una cinquantina di genitori: chiedono altre classi, vorrebbero la scuola elementare. Qualche genitore si addormentava, ho fatto un po’ di giochi – movimento, ritmo, canto e mimo – si sono rivitalizzati. Come li capisco, anche a me veniva sonno!
Durante l’incontro, il secondo con loro, noto un grande entusiasmo, molti gli obiettivi:
- Coinvolgere e mobilitare altri genitori,
- Riflettere sul ruolo della socializzazione per i bambini con disabilità (diritto alla scuola, alla riabilitazione, all’inclusione sociale),
- Coinvolgimento dei media sul tema della disabilità,
- Prendere contatti con il Governo e con gli Uffici responsabili,
- Analizzare il tema dei diritti dei bambini in relazione alla realtà sud sudanese,
- Sostenere le famiglie mediante pratiche di mutuo aiuto e di auto-consapevolezza.
Sarà necessario perseguire un obiettivo alla volta dividendo i compiti fra piccoli gruppi, con frequenti momenti di confronto interno, reagire con forza ai momenti di scoraggiamento e mettere in atto strategie di sostegno reciproco e di valorizzazione dei successi, anche minimi, evitando atteggiamenti di protagonismo o di vittimismo… Non sarà facile!
Rita Sidoli, già docente universitaria